LCL in risalita, versante S del Montasio bianco dai 2100 in su circa
mont_oggi.jpg
Osmer per domani da ZT in abbassamento di 300 m risp ad oggi e neve over 2000 m sulle Alpi Giulie....... ho come idea che domani...
.....
OS_oggi.jpg
siamo quassù, soli, immersi in un “nulla” che per noi invece è “tutto” (R.Maruzzo .... la frase in realtà è di Rita!)
E poi ovvio: tutte le creste portano al Weisshorn
Ti sei dimenticato UN circa; ) (Osmer docet)
A parte le battute, con l'ulteriore avvicinamento della goccia fredda e il suo completo isolamento (da domani a tutti gli effetti si può definire goccia fredda, fino ad oggi era ancora entro la saccatura) e il conseguente ulteriore calo termico domani in conca nevicherà, e nel caso in cui la precipitazione fosse duratura e persistente l'accumulo al suolo ci sta tutto! (1800/1900 è la mia Q.N da accumulo al suolo), altrimenti sarà comunque neve senza accumulo in conca.
Ultima modifica di snoww; 11/09/2014 alle 17:26
Negli anni 90 si é avuta una graduale e costante riduzione della massa ghiacciata "1.0", unitamente ad una sua progressiva copertura detritica che, nel 1999, poteva oramai definirsi completa (ecco perché non sono visibili ammassi nivo-glaciali dal frame video di Luca, ecco perché quell'anno, nel transitare in Conca, ho apprezzato solamente una omogenea distesa di pietre).
Tale massa ghiacciata "1.0" é a tutt'oggi presente, rilevata al georadar con spessori massimi sino a 14-15 m (in passato ho già linkato in questo thread una pubblicazione al riguardo), si sviluppa su un discreto areale e giace sottostante ad una coperta di detriti di spessore variabile (diciamo 1 m come valore medio).
Oggi stiamo discutendo l'accumulo nivo-glaciale versione "2.0", cioé quel che sta accumulando SOPRA la suddetta coperta di detriti.
Direi che tanto basta per avere un'idea sulla complessità costitutiva di questo apparato...
Chiudo dicendo che una goccia fredda ha sempre dato forti problemi in sede di previsione, anche sul breve periodo: oggi in Conca si potrebbe avere una bella giornata di sole, altro che le proiezioni di ieri.... \as\
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E poi ovvio: tutte le creste portano al Weisshorn
Ma e' stato studiato accuratamente il livello 1.0, ce ci fosse anche un leggero movimento potremmo gia parlare di ghiacciaio sotto il glacionevato.
Ti dico questo perche' notoriamente il Giappone e' sempre stato all' avanguardia nello studio dei nevai (gia' negli anni 30 glaciologi europei facevano conferenze con quelli nipponici che erano gia' molto preparati) e solo un paio d' anni fa si sono scoperti 3 ghiacciai (di spessori fino a 30m) che giacevano sotto una coltre di detriti e sopra di essi nevai perenni , che in questi ultimi anni sono fusi per la prima volta (pensa che 20 metri di neve a maggio sono scomparsi entro ottobre).
Poi grazie al satellite e' stato rilevato un movimento della massa glaciale sottostante e dichiarato e riconosciuto ufficialmente il primo ghiacciaio in Giappone. Poi ne sono venuti fuori altri due.Piccoli movimenti fra i 6 e i 39cm in 40 giorni, ma c' erano.
Pensi che sia possibile in questo caso o possiamo escluderlo ?
Se non sbaglio anche i rock glaciers possono essere in movimento. Nel caso giapponese non sarebbe meglio parlare quindi di rock glacier?
Errata: Tale massa ghiacciata "1.0" é a tutt'oggi presente, rilevata al georadar con spessori massimi sino a 14-15 m (in passato ho già linkato in questo thread una pubblicazione al riguardo), si sviluppa su un discreto areale e giace sottostante ad una coperta di detriti di spessore variabile (diciamo 1 m come valore medio).
Corrige: Tale massa ghiacciata "1.0" é a tutt'oggi presente, rilevata al georadar con spessori massimi sino a 4-5 m (in passato ho già linkato in questo thread una pubblicazione al riguardo), si sviluppa su un discreto areale e giace sottostante ad una coperta di detriti di spessore variabile (diciamo 1 m come valore medio).
La memoria comincia a farmi brutti scherzi
Cmq sia potete tranquillamente leggervi gli atti di Sottozero (interessantissimo Convegno dell'UMFG svoltosi lo scorso anno, al quale purtroppo non ho potuto presenziare), a pg 36-37 trovate l'abstract del lavoro svolto da Roberto Colucci e colleghi.
http://www.umfvg.org/drupal/sites/de...medium10Mb.pdf
La sezione ricavata col georadar nel glacionevato di Prevala (Luglio 2011), oggetto della presente discussione, é la seguente:
geor.jpg
In merito alla definizione di Rock Glacier consiglio questa interessante paginetta dell'Aineva:
NV 55 - Instabilità dei versanti in ambiente periglaciale
Sezione tipica di un RG:
RG.jpg
COS’È UN ROCK GLACIER
Sicuramente chi frequenta gli ambienti di alta montagna avrà avuto occasione di notare in uno dei numerosi valloni alpini dei caratteristici accumuli a grossi blocchi che con la loro forma lobata ricordano delle colate di lava o delle vere e proprie lingue di ghiaccio ricoperte di pietre. Queste particolari forme vengono generalmente indicate nella letteratura internazionale come rock glacier, anche se in Italia è stato utilizzato alcune volte il termine di pietraie semoventi (Smiraglia, 1992). Sono state proposte numerose definizioni di rock glacier, riferendosi differentemente alle caratteristiche morfologiche, strutturali, morfoclimatiche o della dinamica di movimento. Dal punto di vista puramente morfologico, i rock glacier possono essere definiti accumuli detritici a forma di lingua, di lobo, di goccia, nettamente rilevati sul terreno circostante e sviluppati in lunghezza da alcune decine di metri fino ad alcune centinaia di metri. Proprio grazie alle loro peculiari caratteristiche queste particolari forme dell’ambiente alpino sono in genere facilmente riconoscibili. La forma lobata viene spesso ben evidenziata anche dalla presenza di creste trasversali alternate ad avvallamenti, solcature ed ondulazioni molto simili alle cerchie concentriche (foto 3) che si trovano in prossimità dei depositi di ablazione delle fronti dei ghiacciai. La parte frontale si presenta in genere ripida, con pendenze che possono in alcuni casi superare i 40°; i materiali dell’accumulo sono costituiti da blocchi angolosi, per lo più privi di matrice in superficie, ma più ricchi di elementi fini in profondità. Gli studi compiuti negli ultimi anni hanno messo in evidenza la presenza, al di sotto della copertura detritica più grossolana, di corpi di ghiaccio a forma lenticolare e di livelli di detrito più fine congelati (figura 3). Nonostante il progredire delle ricerche, soprattutto nel campo geofisico, la natura e la provenienza del ghiaccio interno restano ancora in parte aspetti problematici. Gli Autori hanno formulato diverse ipotesi sull’origine del ghiaccio interno, ma le due ipotesi più diffuse sono quelle dell’origine glaciale (ice-cored rock glacier) e quella dell’origine periglaciale (ice-cemented rock glacier). Nel primo caso, pur non escludendo la presenza di ghiaccio interstiziale limitatamente a qualche metro di spessore, si ritiene che il nucleo principale sia costituito da ghiaccio di origine glaciale. Il rock glacier deriva quindi dall’evoluzione di un antico ghiacciaio ricoperto da detriti. Nella seconda ipotesi si tratterebbe invece di ghiaccio che si forma per rigelo delle acque d’infiltrazione che cementa i sedimenti, oppure di ghiaccio derivante dalla compattazione di neve per valanga e detrito. È comunque ormai opinione comune di molti autori che entrambi le ipotesi possano coesistere in quanto in condizioni climatiche che consentono l’esistenza del permafrost, anche il ghiaccio fossile da ghiacciaio può persistere a lungo.
Proprio la presenza di questo nucleo di ghiaccio interno e la frequenza delle oscillazioni termiche sopra e sotto il punto di congelamento dell’acqua sono la causa del lento e continuo movimento del rock glacier. La forma lobata indica che la velocità di movimento (di solito minore di 1 m all’anno) è maggiore nella parte centrale del corpo e diminuisce in modo graduale spostandosi verso i fianchi. Anche in questo caso sono stati proposti numerosi meccanismi per spiegare il movimento: il principale motore di questi fenomeni è da attribuire comunque alla deformazione plastica della massa di detriti e di sabbia gelata o del nucleo di ghiaccio all’interno del deposito.
Molti dei rock glacier presenti nelle Alpi non sono dotati attualmente di movimento, si tratta infatti di resti “fossili” di antichi corpi “inattivi”.
I rock glacier possono rappresentare un importante indicatore paleoclimatico: queste forme si sviluppano comunemente in ambienti con caratteristiche climatiche molto specifiche. La presenza di ambienti periglaciali alpini alle nostre latitudini è da riferirsi alle ultime fasi di avanzata dei ghiacciai pleistocenici. Molte delle aree in cui è possibile osservare attualmente le caratteristiche forme degli ambienti periglaciali erano interessate in passato dalla presenza di ghiacciai. I rock glacier sono forme tipiche di un ambiente molto particolare caratterizzato da un’intensa azione dei cicli di gelo e disgelo dovuta a un particolare regime climatico per cui i valori di temperatura media annua oscillano tra i -1 e i -3 gradi centigradi ed i valori di precipitazione media annua sono inferiori ai 1000 mm. Le zone che soddisfano tali condizioni climatiche vengono indicate con il termine di “ambiente periglaciale” che nelle Alpi persistono a fasce altimetriche con un limite inferiore pari a 2.200 m s.l.m.
In tal caso il glacionevato del Prevala sarebbe (in merito al volume di ghiaccio fossile ricoperto da detrito) un "caso limite", se si volesse scomodare la definizione di RG
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