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  1. #1
    Comitato Tecnico Scientifico L'avatar di mat69
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    Predefinito Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Se è solo che vagamente chiaro il fatto che le velocità zonali ( e le dinamiche della corrente a getto) possano essere correlate al gradiente termico polo - equatore, mi preme far notare una situazione che definire anomala è un eufemismo.
    Questi gli scarti termici dell'aria nell'artico (guardate in particolare l'artico canadese) rispetto la media trentennale della prima decade di ottobre 2012:

    24c34o9y9du4zbv7o7aq.gif

    queste le anomalìe delle SST:

    lith82uksuofq3q1smrm.gif

    e credo che questo sia solo il seguito di una serie di anni cui tali anomalìe grossomodo si ripetono negli stessi periodi.

    Adesso invece facciamo una nuova considerazione inerente la stratosfera ove la minor /maggior intensità del ciclo solare ha operato diversi assetti e diverse anomalìe di geopotenziali e conseguentemente diversi gradienti barici polo-equatore.
    Ricordiamoci sempre che alla base di intensi venti zonali vi è un vortice polare stratosferico forte e viceversa.

    Ho preso come esempio una quota stratosferica media di 70 hpa ovvero che potesse in qualche modo essere influenzata dai combinati fattori troposferici (legati quindi alla situazione dell'artico) e dai fattori più prettamente stratosferici (legati all'attività solare).

    Ho preso in considerazione il periodo relativo ai mesi settembre /dicembre (quindi inizio / fine autunno e inizio inverno) che più sono sensibili agli assetti della fase di transizione legati alla ripartenza del vortice polare stratosferico e la situazione troposferica (legate alle anomalìe termiche lasciate dalla stagione estiva).
    Queste le anomalìe relative al recente periodo di bassa attività solare (2008/2011):


    tropico / equtoriale:

    j5pdsteoq3yzpoqhzf33.png

    ove bene si evidenzia una stratosfera più fredda della norma dovuta al minor spessore delle masse d'aria che, in presenza di una debole fase solare, perdono maggior calore.

    artica:

    ug2zkwg5xfvi3ur8a6n0.png

    qui invece prevalgono i disturbi legati alla troposfera e alle anomalìe artiche.

    RISULTATO: a livello strato un polo più caldo e un equatore più freddo della norma e quindi una maggior difficoltà alla ripartenza del getto polare.


    Ora proviamo a vedere gli anni 90 (che massimamente hanno risentito del massimo di una ciclo solare molto forte).

    tropico/equatoriale:

    7mfj8j6x1ums584v57k8.png

    ove si nota che non vi sono anomalìe di rilievo rispetto la norma.

    artico:

    dvfj6rb9hpxio9uw534.png

    ove è invece ben visibile un netto rinforzo del vortice polare stratosferico già in autunno e inizio inverno dovuti verosimilmente ad una situazione troposferico polare assai diversa e ben poco inibente la partenza del vp.
    Si aggiungano i minimi toccati in quegli anni dei valori dell'ozono la cui presenza è alla base invece del riscaldamento strato - polare.

    RISULTATO: un vortice polare molto attivo e un getto polare da subito assai energico


    Matteo



  2. #2
    Vento fresco L'avatar di Cloover
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Ottimo intervento Matteo

    La bassa attività solare sta favorendo tutta una serie di effetti a cascata, come il cambio di segno della PDO ed il progressivo calo della NAO:






    Tutto relativo alla minor tensione zonale come hai ben spiegato Poi il tutto è "limato" dalle teleconnessioni in alta frequenza, ma il periodo che stiamo vivendo è fortemente caratterizzato da questa forzante e non escluderei una correlazione anche con il progressivo scioglimento del pack artico

    Cloover
    Filippo Casciani membro del CSCT TEAM

  3. #3
    Comitato Tecnico Scientifico L'avatar di mat69
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Citazione Originariamente Scritto da Cloover Visualizza Messaggio
    Ottimo intervento Matteo

    La bassa attività solare sta favorendo tutta una serie di effetti a cascata, come il cambio di segno della PDO ed il progressivo calo della NAO:

    Immagine


    Immagine



    Tutto relativo alla minor tensione zonale come hai ben spiegato Poi il tutto è "limato" dalle teleconnessioni in alta frequenza, ma il periodo che stiamo vivendo è fortemente caratterizzato da questa forzante e non escluderei una correlazione anche con il progressivo scioglimento del pack artico

    Cloover
    Direi che nella fase di transizione autunno inverno diviene proprio questo l'elemento essenziale a mio avviso

    Ora un'altra analisi che, dico la verità, mi ha meravigliato non poco.

    Pur dovendo rammentare che si tratta di anomalìe su basi trentennali e non di valori di gpt è indubbio che la comparazione anche nel cuore dell'inverno degli ultimi 10 anni rispetto alla decade degli anni 90 non può che suscitare alcune considerazioni.
    Avrei pensato che tali anomalìe attribuibili per gran parte alle dinamiche di rilascio del calore nella calotta artica nella fase autunnale fossero assai meno importanti nella restante parte dell'inverno.
    Prendiamo sempre la media-bassa strato a 70 hpa:

    anni 2000, comparazione tropici/artico:
    tropici 2000.png
    anni 2000 artico.png

    anni 90:

    tropici 90.png
    anni 90.png

    Naturalmente si tratta di anomalìe medie dei periodi presi in considerazione.

    Matteo



  4. #4
    Uragano L'avatar di Dream Designer
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    mmmh ... anche a me sembra paradossale questa distribuzione delle anomalie

    l'unica che mi viene in mente è che negli anni '90 ci fu il Pinatubo


    NAPOLI, Febbraio 2018: IO C'ERO !!!
    Inizio rilevazioni Gennaio 2002, estremi: -3.6 (2014) +38.3 (2007)


  5. #5
    Comitato Tecnico Scientifico L'avatar di mat69
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Citazione Originariamente Scritto da Dream Design Visualizza Messaggio
    mmmh ... anche a me sembra paradossale questa distribuzione delle anomalie

    l'unica che mi viene in mente è che negli anni '90 ci fu il Pinatubo

    Guarda che è il contrario
    Negli anni 90 ci furono anom. negative di gpt (quindi un vp più forte)
    Matteo



  6. #6
    Uragano L'avatar di Dream Designer
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Citazione Originariamente Scritto da mat69 Visualizza Messaggio
    Guarda che è il contrario
    Negli anni 90 ci furono anom. negative di gpt (quindi un vp più forte)
    pardon ! avevo letto male io le date ... bhe allora mi torna \as\


    NAPOLI, Febbraio 2018: IO C'ERO !!!
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  7. #7
    Uragano L'avatar di Marcoan
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    CHAPEAU vecchia banana !!......grande analisi...comunque ricordo anch'io il discorso di Giuliacci in proposito.

  8. #8
    Comitato Tecnico Scientifico L'avatar di mat69
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Citazione Originariamente Scritto da Marcoan Visualizza Messaggio
    CHAPEAU vecchia banana !!......grande analisi...comunque ricordo anch'io il discorso di Giuliacci in proposito.

    Certamente
    infatti sono partito da lì e ho valutato una quota strato medio bassa per valutare le interferenze con la tropo
    Matteo



  9. #9
    Vento fresco L'avatar di Cloover
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Cmq Matteo c'era l'ottima spiegazione di Giuliacci in tal senso , (Non so se la ricordi,purtroppo non riesco a trovare il collegamento) , dove spiegava il forcing della bassa attività solare sulla stratosfera Equatoriale e Polare con indebolimento dell'indice zonale(semipermanenti aleutinica/islandese) e riorganizzazione delle anomalie oceaniche (PDO in primis).....
    Direi che i tuoi Plot valorizzano proprio questo concetto
    Filippo Casciani membro del CSCT TEAM

  10. #10
    Vento fresco
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    Predefinito Re: Il vortice polare e le sue "vicissitudini"

    Citazione Originariamente Scritto da Cloover Visualizza Messaggio
    Cmq Matteo c'era l'ottima spiegazione di Giuliacci in tal senso , (Non so se la ricordi,purtroppo non riesco a trovare il collegamento) , dove spiegava il forcing della bassa attività solare sulla stratosfera Equatoriale e Polare con indebolimento dell'indice zonale(semipermanenti aleutinica/islandese) e riorganizzazione delle anomalie oceaniche (PDO in primis).....
    Direi che i tuoi Plot valorizzano proprio questo concetto
    Questo è l'abstract:
    Sulla scena del clima a livello globale sono in atto attualmente tre anomalie:
    a. l’anomalia negativa della QBO, la quale persisterà nei bassi strati stratosferici probabilmente
    almeno per altri 4-5 mesi, ovvero fino all’inverno prossimo e che pertanto potrà favorire
    incursioni di aria fredda polare verso più basse latitudini (vedi articolo del 17.9.2010);
    b. la Niña, l’anomalo raffreddamento delle acque del Pacifico equatoriale, la quale
    raggiungerà valori moderati-forti proprio nel prossimo inverno, ma che non dovrebbe avere
    ripercussioni nelle vicende invernali del nostro emisfero (vedi articolo del 19.9.2010);
    c. la persistente debolezza dell’attività solare, in termini di sunspot number e di attività
    geomagnetica e che è in atto ormai da 5-6 anni, con valori minimi raggiunti proprio tra il
    2009 e il 2010.
    In questo articolo esamineremo appunto l’influenza dell’attività solare sul clima invernale a
    scala europea
    Fino a qualche anno fa la quasi totalità della comunità scientifica internazionale, sulla base della
    ricostruzione del clima da parte dei modelli fisico-matematici, aveva maturato la convinzione che le
    variazioni più o meno periodiche nella intensità della radiazione solare, prese a sé stanti, non
    riescano a giustificare il forte attuale Global Warming (≈ +07/+0.8 °C dal 1850 ad oggi) perché al
    più potrebbero provocare fluttuazioni di non più di 0.1-0.2 °C nel clima della terra nell’arco di
    qualche decennio.
    Ma oggigiorno molti studiosi fanno notare che l’influenza del sole sul clima della terra si esplica,
    non tanto attraverso le fluttuazioni, modeste, della quantità di energia solare in arrivo sul pianeta,
    quanto piuttosto attraverso un meccanismo più complesso legato all’attività solare.
    L’attività del sole infatti viene misurata dagli astronomi non solo in base alla quantità di energia
    irradiata nello spazio dalla nostra stella ma anche dal numero di macchie solari presenti su disco
    solare, numero espresso mediante l’indice SSN (SunSpot Number) e che assume un valore massimo
    ogni 11-12 anni . L’attività delle macchie solari a sua volta modula sia la quantità di radiazione UV
    che giunge nella stratosfera (con ripercussioni sulle concentrazioni di ozono stratosferico) sia il
    vento solare il quale, a sua volta, ha profonde ripercussioni sull’attività geomagnetica, espressa di
    solito con lo Ap index
    Le nostre argomentazioni hanno preso spunto da un interessante articolo comparso nell’aprile 2010
    sulla BBC a cura di Mike Lockwood dell’università di Reading il quale, esaminando l’influenza
    delle macchie solari sul clima invernale dell’Inghilterra dal 1600 ad oggi, ha trovato uno stretto
    legame statistico tra gli eventi di scarsa attività solare e gli inverni molto freddi sulla Britannia.
    La spiegazione del fenomeno, secondo lo scienziato, andrebbe ricercata nella maggiore frequenza di
    anticicloni di blocco invernali sul Nord Atlantico (NAO molto negativa) ogni qual volta l’attività
    solare, in termini si numero di macchie solari, è molto bassa o evanescente, così come avvenuto,
    appunto nell’inverno appena passato.
    Lo studio di Lockwood mi ha offerto lo stimolo per approfondire l’argomento e verificare se e in
    quale modo l’attività solare, può avere riflessi sull’inverno europeo.
    Tralasciamo qui di tirare in ballo la interessante recente teorie di Svensmark1, nonché quella ancora
    più recente di Scafetta, le quali sembrano ben interpetrare l’influenza a scala globale dell’attività
    solare sul clima di lungo periodo (10-50 anni) ma non possono spiegare perché taluni effetti si
    avvertono nel breve periodo ( 1-10 anni) soltanto su talune specifiche arre del globo.
    Nella fig. 1 è riportato l’andamento dell’indice Ap dal 1950 ad oggi.
    Si noti lo straordinario sincronismo con il trend della NAO invernale rilevata negli ultimi 60 anni
    (fig.2).
    1.png
    2.png
    In particolare sia l’indice Ap che l’indice NAO mostrano un declino tra il 1950 e il 1965. Segue poi
    un trend in salita fino agli anni 1990-1995 e poi di nuovo un calo fino ai giorni nostri, calo che si è
    bruscamente accentuato dal 2004 ad oggi.
    Nelle fig. 3 e 4 è riportato l’andamento più dettagliato dal 1991 ad oggi, rispettivamente dell’indice
    Ap e NAO.
    3.png
    4.png
    Si noti la straordinaria sovrapponibilità dei due grafici anche in alcuni dettagli anche a livello
    annuale, come il minimo relativo nel 1998, i massimi relativi nel 2000 e nel 2004 e infine il brusco
    calo di entrambi gli indici dal 2004 ai giorni nostri.

    Per ritrovare, per l’indice Ap, valori così bassi occorre spingersi fino agli inizi del secolo passato
    (figura 5)
    5.png
    mentre per la NAO in inverno valori mensili così bassi (negativi) come quelli rilevati a gennaio del
    2010, bisogna spingersi indietro fino al 1963.
    Nella fig. 3, sovrapposto all’indice Ap, è riportato anche l’indice SSN (SunSpot Number) il quale
    però è palesemente correlato alla NAO in maniera molto meno stringente dell’indice Ap.
    Tale circostanza potrebbe stare a significare che la NAO, più che dal numero di macchie solari
    (SSN) è influenzata dalle variazioni dell’attività geomagnetica provocate sul nostro pianeta dalla
    variabilità della intensità del vento solare,
    Ma quale è il meccanismo che può spiegare questa stretta relazione tra l’indice Ap e la NAO?
    Ebbene, quando il sole, nel suo ciclo undecennale raggiunge la minima intensità in termini di
    radiazione, allora in inverno è minima anche la radiazione solare in arrivo tra 0-30° latitudine.
    Pertanto la stratosfera equatoriale e subtropicale tende a raffreddarsi. Il raffreddamento è in genere
    avvertito solo nella stratosfera equatoriale perchè la modesta densità dell’aria a tali quote bariche,
    fa sì che qui variazioni anche piccole di radiazione solare producano sensibili variazioni di
    temperatura2.
    Il raffreddamento invernale della stratosfera tra 0 e 30° N è stato molto marcato dal 2004 ad oggi
    (fig.6 sotto) quando appunto l’attività solare ha subito un tracollo sia in termini radiativi che in
    termini di vento solare.
    6.png
    Ma il raffreddamento stratosferico tra 0 e 30 gradi di latitudine ha diminuito, l’indice zonale, ovvero
    il dislivello barico equatore-polo, il vero motore delle correnti occidentali le quali pertanto, in
    inverno, soprattutto negli ultimi 5 anni, sono state costrette a rallentare.
    Ma quando l’indice zonale scende sotto un certo valore, allora la velocità media zonale U può
    diminuire fino a tal punto che le onde lunghe di Rossby diventano stazionarie, dando vita ad
    anticicloni di blocco (NAO molto negativa) in prossimità delle isole britanniche (qui è evidente il
    collegamento con la ricerca di Mike Lookwook).
    Per di più indici zonali molto bassi favoriscono l’innesco di onde di Rossby trasversali (rispetto al
    moto) e molto ampie nel verso dei meridiani. Tali onde riescono a raggiungere spesso anche la
    stratosfera artica ove iniettano flussi di calore da più basse latitudini.
    Quindi con attività solare molto debole è più probabile un surriscaldamento della stratosfera polare
    (come confermato ancora della fig. 6 relativa appunto al periodo 2004-2010).
    Il riscaldamento della stratosfera polare, in contrapposizione al riscaldamento della stratosfera
    equatoriale e subtropicale, provoca a sua volta un ulteriore indebolimento dell’indice zonale e
    quindi un ulteriore rallentamento delle correnti occidentali.
    Per di più, l’accentuazione degli scambi meridiani indotta da indici zonali bassi aumenta anche
    l’ozono, trasportato a livello stratosferico verso il polo.
    Questo spiegherebbe perché le concentrazioni di ozono stratosferico nell’area artica in inverno
    siano leggermente aumentate dal 2004 ad oggi (fig.7).
    7.png
    Ma in inverno una maggiore concentrazione di ozono rispetto periodo 1970-1995 non fa altro che
    propiziare un ulteriore aumento della temperatura polare perché vien in tal modo propiziata una
    maggiore cattura di UV.
    Insomma sole molto debole = più frequenti episodi di riscaldamento invernale della stratosfera
    artica = più eventi di indebolimento del vortice polare = aumento degli episodi di stratwarming =
    più frequenti irruzioni di aria polare verso le medie nasse latitudini europee.
    Il sole in questo momento è ancora debole, come dimostrato da valori Ap ancora sotto la soglia di
    10 (vedi fig. sotto) e quindi è poco credibile che l’attività solare possa tornare su livelli significativi
    prima di 4-5mesi. Pertanto è credibile che la persistente inattività solare influenzi anche il prossimo
    inverno.
    8.png
    Teoria di Svensmark
    Quando l’attività solare aumenta, aumenta anche il vento solare, il flusso di particelle cariche che
    propaga nello spazio insieme al suo forte campo magnetico (la Fisica indegna che ogni particella
    carica in movimento genera un campo magnetico mobile). Ma tale campo magnetico posto tra il
    sole e la terra deflette i raggi cosmici, velocissime particelle cariche provenienti dal sole e dallo
    spazio intergalattico, i quali, stante la loro elevata energia di urto, hanno la proprietà di ionizzare
    l’atmosfera, specie là dove questa è più densa (e quindi gli urti sono più numerosi) ovvero nella
    parte più prossima al suolo. Ma le molecole d’aria elettrizzate dai raggi cosmici, sono, insieme al
    pulviscolo atmosferico, nuclei privilegiati per coagulare su di sé il vapore acqueo circostante,
    favorendo in tal modo la formazione di nubi nella bassa atmosfera. A sua volta, le nubi basse hanno
    la proprietà di raffreddare la terra. Però negli anni ’80-‘90 l’aumento dell’attività solare ha tenuto
    lontano dalla terra gran parte dei raggi cosmici e quindi vi è stata una minore formazione di nubi in
    prossimità del suolo e questo spiegherebbe, insieme alle cause antropiche, il forte riscaldamento
    della terra degli ultimi decenni.
    2
    A parità di calore Q fornito ad un volume d’aria di 1 m 3 , la variazione ΔT subita dall’aria è data
    da ΔT = (1/ρcp) ΔQ, ove ρ= densità dell’aria e c p = calore specifico a pressione costante. E’
    evidente che ΔT è inversamente proporzionale a ρ

    Non solo l'attività solare indebolisce l'indice zonale come dicevo qui ma anche la qbo- in un modo simile
    Prime riflessioni Inverno 2012-2013 parte 1: Nino Modoki?
    [B][SIZE=2][FONT=arial]Non puoi sapere quanto sei forte r[/FONT][/SIZE][B][SIZE=2][FONT=arial]ealmente, fino a che l'esserlo non diventa la tua unica scelta
    [URL]http://www.youtube.com/watch?v=ToZ0DZxpL44[/URL]
    [/FONT][/SIZE][/B][/B]

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