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Uragano
Riferimento: La Grande alluvione, 40 anni dopo
Gli evasi e gli "angeli del fango" (V capitolo)
Una storia poco conosciuta dai contorni romanzeschi,
un'altra rimasta nella memoria di tutti gli italiani
"Dal carcere di Santa Teresa - racconta Franco Nencini - sentimmo dei colpi d'arma da fuoco. La rivolta, la rivolta! urlava la gente dai tetti. Il terrore che già da alcune ore aleggiava tra le mura della prigione, dove l'acqua aveva raggiunto quasi i quattro metri di altezza, era esploso fra gli oltre 200 detenuti trasportati all'ultimo piano. Sopraffatte le guardie di custodia, una ottantina di carcerati avevano raggiunto i tetti dei due penitenziari e si erano tuffati nelle acque vorticose di fango e di nafta.
I più audaci e sicuri si salvarono. Uno dei più giovani esitò qualche attimo sul tetto. La gente, dalle case, lo incoraggiava. "Arriva un tronco - gli dissero - buttati!". Una donna gli urlò: "Ma dove vai?". E lui ironico, per darsi coraggio: "Vado a Montecatini, a fare la cura delle acque... ". Poi si tuffò verso il tronco d'albero che arrivava nella piena. Lo mancò di mezzo metro. Lo videro annaspare, sparire sotto la viscida nafta. Si chiamava Luciano Sonnellini. La piena a cui chiedeva la libertà portò il cadavere lontano più di un chilometro dal carcere. Lo ritrovarono giorni dopo in una cantina di via dei Pepi...."
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Il ponte Vespucci e il lungarno Acciaioli il 5 novembre
"Degli evasi, ciascuno seguiva il suo destino. Un gruppo dei più pericolosi svaligiava due armerie e un negozio di canotti e riusciva a far perdere le proprie tracce. Un altro gruppo si arrendeva, tornava in carcere e addirittura collaborava generosamente all'opera di salvataggio. Altri ancora, che erano riusciti ad allontanarsi sui tetti, raggiungevano in via Manzoni l'istituto delle suore domenicane. Battevano sui vetri del lucernario, chiedevano acqua e cibo, promettendo che non avrebbero fatto alcun male alle religiose. Le suore riuscirono a resistere, tergiversando a lungo. Intanto l'acqua calava, gli evasi decisero di provare a scendere. Una trentina di loro preferì tentare ancora di entrare nelle case. Nella stessa via Manzoni, il signor Arnaldo Lumachini distingue sui tetti vicini figure isolate e immobili sotto la pioggia che si avvicinano.
"Apro la finestra della terrazza - racconterà a L'Europeo - e malconci, bagnati come pulcini, intirizziti per il freddo, gli evasi entrano in casa. Ce n'è di tutti i tipi e di tutte le età. Alcuni hanno facce poco raccomandabili, altri cupe e infelici. Ma con nostra grande sorpresa tutti sembrano imbarazzati e intimiditi. Un giovanotto alto, bruno, grondante d'acqua e con una grande sciarpa fradicia al collo, si schiarisce la gola. Non abbiamo cattive intenzioni - dice - vogliamo soltanto raggiungere la strada. Sa, lì al carcere hanno dato il si salvi chi può e noi siamo saliti sui tetti... ".
Un altro dice che vogliono solo raggiungere la strada. Ma ci sono tre metri d'acqua. E così comincia una notte assurda, kafkiana. Scambio di cortesie salottiere, di grazie e di prego, di non si disturbi, di fiammiferi che si accendono, di portacenere che passano da una mano all'altra. Gli evasi offrono sigarette, i padroni di casa qualcosa da mangiare. Tutti gli evasi in fondo cercano solo calore umano. Un rapinatore dice alla sorella del Lumachini: « Signora, appena sarò in grado di fare un buon colpo mi ricorderò di lei e dei suoi figli ».
All'alba, dopo aver rimesso in ordine la casa, gli evasi escono a nuoto".
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Un bambino pulisce davanti alla bottega del padre
Sono loro, i giovani di Firenze, la grande sorpresa del dopo-alluvione. Per loro fu coniata un'espressione che resterà per sempre ad indicare l'abnegazione gratuita e disinteressata, il volontariato dei giovani che resterà immutato in ogni calamità dei decenni successivi: arrivano gli "angeli del fango".
Ecco come li descrisse uno dei fiorentini più celebri, Giorgio La Pira: "Hanno combattuto il fango - questi giovani italiani e stranieri - come forse non avevano mai veramente combattuto i pregiudizi e le ingiustizie sociali. Ma questa volta non era, il loro, un ideale astratto o l'amore-fastidio per una società di consumi che li criticava e li coccolava insieme. Era la lotta contro seicentomila tonnellate di fango crudele, immondo, osceno. E sono entrati dentro fino ai capelli, con amore e pazienza, per salvare dei libri. Per ore ed ore. Come non avevano mai lavorato. Come non avevano mai studiato. Come non avevano mai ballato. Come non avevano mai fatto all'amore. Hanno dormito nelle cuccette di freddi vagoni abbandonati su un binario morto di stazione. Hanno mangiato poco e male. C'è chi di loro ha salvato un Velazquez. Ma c'è soprattutto chi di loro ha contribuito a salvare vite umane, negli ospedali, nei tuguri".
Erano gli anni della contestazione studentesca, dei capelli lunghi, del feroce scontro generazionale: per la prima volta gli "adulti" capirono che questi giovani anni '60 non erano soltanto indomiti ribelli. Ma forse anche quel prodigarsi era una forma di contestazione contro l'indifferenza.
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Studenti di tutto il mondo lavorano al recupero dei volumi della Biblioteca Nazionale
Firenze di alluvioni ne ha subite tante: in media una al secolo di quelle grandi, come fu quella del 1966. Cosa accadrebbe se si verificassero le stesse condizioni climatiche e la stessa piena dell'Arno? Probabilmente, e in Toscana tutti ne sono convinti tutti, un'altra alluvione. Certo, nel mondo di internet e dei telefonini appare difficile pensare che la popolazione non venga avvisata del pericolo con buon anticipo e un prefetto non dia l'allarme. Ma nel frattempo il cemento è aumentato a dismisura e le opere fatte (lo Scolmatore di Pisa, lo sbassamento del greto dell'Arno all'altezza del Ponte Vecchio, qualche cassa di espansione) sono insufficienti a contenere simili piene. E il fiume, quando gonfia, non fa altro che andarsi a ricercare i suoi antichi, naturali percorsi.
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Montagne di fango davanti all'ingresso della Biblioteca Nazionale
NOTE E CREDITI.
Per tutti i capitoli del reportage sull'alluvione del '66: cronache e foto in bianco e nero dell'alluvione a Firenze vedi Franco Nencini "Firenze, i giorni del diluvio" di Franco Nencini - Sansoni 1966.
Per l'alluvione a Grosseto vedi: Pilade Rotella "Grosseto, un'alluvione per la povera gente...", Grosseto, Edizioni Errepi, 1967 e la "Cronaca dell'alluvione del novembre 1966" contenuta nel libro "Maremma", a cura di Antonio Meocci, Firenze, Editoriale Olimpia, 1969
Le notizie sull'alluvione nel Trentino sono state raccolte dal sito della provincia di Trento http://www.sistemazionemontana.provincia.tn.it/, quelle di Venezia (compresa le foto dei murazzi) dal sito del Comune di Venezia http://www.comune.venezia.it/
Vedi anche nella sezione Climatologia del Meteogiornale l'articolo di Marco Rossi sull'alluvione del '66 e le temperature del mare.
Mappe meteo: fonte archivi Noaa e Wetterzentrale
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