FIRENZE, 1966. LA STORICA ALLUVIONE DEL 4 NOVEMBRE

Da geologia.com
'Ricordo che quel giorno ero a Ginevra per una conferenza sui rifugiati e volli vedere cosa era successo, volai a Firenze. Arrivai alla Biblioteca Nazionale attorno alle 5 del pomeriggio e guardai intorno all'area alluvionata. Non c'era elettricità ed era stata messa una grossa quantità di candele per avere la luce necessaria a salvare i libri. C'era un freddo terribile, vidi gli studenti nell'acqua fino alla cintura. Avevano formato una fila per passare tra i libri così potevano recuperarli dall'acqua e quindi portarli in una zona più sicura per poterci mettere qualcosa che li proteggesse. In ogni punto della grande sala di lettura c'erano centinaia e centinaia di giovani che si erano riuniti per aiutare. Era come se sapessero che l' alluvione della biblioteca stava mettendo a rischio la loro anima.' Ripercorriamo insieme l'alluvione che colpi Firenze.
'Ricordo che quel giorno ero a Ginevra per una conferenza sui rifugiati e volli vedere cosa era successo, volai a Firenze. Arrivai alla Biblioteca Nazionale attorno alle 5 del pomeriggio e guardai intorno all'area alluvionata. Non c'era elettricità ed era stata messa una grossa quantità di candele per avere la luce necessaria a salvare i libri. C'era un freddo terribile, vidi gli studenti nell'acqua fino alla cintura. Avevano formato una fila per passare tra i libri così potevano recuperarli dall'acqua e quindi portarli in una zona più sicura per poterci mettere qualcosa che li proteggesse. In ogni punto della grande sala di lettura c'erano centinaia e centinaia di giovani che si erano riuniti per aiutare. Era come se sapessero che l' alluvione della biblioteca stava mettendo a rischio la loro anima.'
Queste le parole del Senatore Edward M. Kennedy, poche ore dopo lo straripamento dell'Arno a Firenze. La storica alluvione del 4 novembre 1966 che mise in ginocchio la Toscana raccontata in questo articolo, tramite testimonianze, documenti e ricostruzione delle mappe del tempo di quei drammatici giorni.
Un'alluvione che prese spunto già molti giorni prima di quella fatidica data, quando l'autunno incominciò a fare sul serio in tutta Italia.
Siamo nell'ultima decade di ottobre, e il Bel Paese respira ancora i profumi di tarda estate, grazie a miti correnti di Libeccio che trasportano masse d'aria tiepida dal Nord Africa e dal basso Mediterraneo verso nordest, fino all'Italia settentrionale. Masse d'aria calda di provenienza marocchina e algerina, che sono il preludio ad un pesante peggioramento delle condizioni del tempo, non solo in Toscana, ma su gran parte d'Italia.
25 ottobre 1966: distribuzione barica
25 ottobre 1966: nuvolosità a 3000m (in blu la maggior compattezza)
L'Oceano Atlantico, motore delle grandi depressioni autunnali ed invernali, presenta già caratteristiche piuttosto fredde alle alte latitudini, con l'aria di estrazione sub-polare che riesce a trovare i primi ampi varchi della stagione verso sud, fino all'Europa.
La vasta e dinamica circolazione vorticosa che viene a formarsi dalla Scandinavia all'Inghilterra trova rapidamente una via di fuga verso sud, fino alla penisola iberica e alla Francia settentrionale, dove mercoledì 26 ottobre si scaricano rovesci e forti piogge fortunatamente di breve durata. Nel frattempo sull'Italia si fa strada la prima copertura nuvolosa da ovest, con i versanti tirrenici che vengono già interessati da qualche pioggia. Tempo 24 ore e l'azione del vortice atlantico si allunga repentinamente verso sud, fino a generare un minimo secondario all'altezza delle Alpi, verso il quale si dirigerà, nei giorni successivi, una serie di perturbazioni richiamate dall'Atlantico e ulteriormente alimentate in acque mediterranee.
27 ottobre 1966: distribuzione barica
27 ottobre 1966: nuvolosità a 3000m
27 ottobre 1966: distribuzione termica a 1500m
E' l'inizio del disastro, non tanto per l'intensità delle precipitazioni che avrebbero caratterizzato le giornate immediatamente successive, quanto per l'approfondimento e l'estensione di un'area depressionaria che risulterà poi praticamente immobile per giorni e giorni.
E' autunno, il tempo delle piogge, ed è normale che tra ottobre e novembre possano esistere giornate propizie alle precipitazioni più abbondanti dell'anno. Ma a tutto c'è un limite. Limite che è stato di gran lunga superato nei giorni a venire, a causa dell'insistenza della depressione sulla stessa zona. Ad ovest della penisola iberica l'alta pressione delle Azzorre è tutta protesa verso nord fino all'Islanda. Sul suo bordo orientale scorrono così le correnti fredde nord atlantiche che si dirigono verso il Mediterraneo, trovando il percorso ideale attraverso la Valle del Rodano, per venire subito risucchiate nel centro depressionario che il 1° novembre agisce con il suo perno sul Golfo di Genova. Ad est un anticiclone di blocco che spazia dal mediterraneo orientale fino alla Russia, a sud della Scandinavia, in una posizione tale da imprigionare letteralmente la depressione sull'Europa centrale, costringendola così ad agire in continuazione sulle stesse regioni.

30 ottobre 1966: distribuzione barica
30 ottobre 1966: nuvolosità a 3000m
30 ottobre 1966: distribuzione termica a 1500m
Tra l'1 e il 2 novembre è il Nordovest a ricevere i maggiori quantitativi di precipitazioni, tanto da far crescere la portata del Po ai livelli di guardia. Il primo pesante impulso perturbato si sposta alle soglie di mercoledì 2 novembre sul Triveneto, dove va ad alimentare l'onda di pena del Po che di li a poco sarebbe giunta. Ma il deflusso del fiume non risulta ostruito alla foce e le sue acque hanno la possibilità di disperdersi nell'alto Adriatico, come in una normale piena autunnale.
1° novembre 1966: distribuzione barica
1° novembre 1966: nuvolosità a 3000m
1° novembre 1966: distribuzione termica a 1500m
Siamo al 3 novembre, e poco è cambiato nella circolazione atmosferica sullo scacchiere europeo. L'alta delle Azzorre sempre ferma nella stessa posizione, o poco più spostata verso ovest. L'alta di blocco sull'est europeo ancora ad unire Mediterraneo orientale, Mar Nero e sud della Russia. In mezzo la grande depressione, pronta a sferrare un nuovo pesante attacco all'Italia. Nella notte tra giovedì 3 e venerdì 4 novembre un profondo vortice di 1000hPa si 'stacca' dalla depressione principale sull'Europa centrale e si genera ad ovest dell'Italia, accompagnando un'intensa perturbazione che rende fradicia la notte al Nord e su tutte le regioni del versante tirrenico. Pioggia incessante al Nord, neve abbondante sulle Alpi anche sotto i 1000m, pioggia incessante anche in Toscana, ben esposta a questo tipo di perturbazioni in arrivo dal Tirreno e in risalita da sudovest a nordest, con l'Appennino Tosco-Emiliano che blocca tutto e costringe i fronti a scaricare abbondanti quantitativi d'acqua sui versanti tirrenici della dorsale. La neve che fino alle prime ore di novembre cade sull'Appennino fino a 1000/1200m si trasforma in acqua, tra il 3 ed il 4, fino a 1700/1900m, sciogliendo il fresco ed abbondante strato accumulatosi nei giorni precedenti e andando ad alimentare ulteriormente la portata dei corsi d'acqua. Firenze, proprio sotto il muro del Mugello, si sveglia all'alba del 4 novembre invasa dalle acque dell'Arno, alte fino a 11 metri, che straripano in più punti ancor prima di entrare in città, dove riverseranno anche ben mezzo milione di tonnellate di fango trasportato dai detriti.

4 novembre 1966: distribuzione barica
4 novembre 1966 mattino: nuvolosità a 3000m
4 novembre 1966 pomeriggio: nuvolosità a 3000m
4 novembre 1966: distribuzione termica a 1500m
Inizia il peggio, perché le piogge continuano a cadere battenti per tutto il giorno, scaricando fino a 400mm di acqua e allagando tutto il centro del Capoluogo toscano, con il fronte sospinto da intensi venti da sud al suolo, da sudovest in quota. Ma non va meglio neanche su altre regioni d'Italia: la disposizione del minimo e della circolazione intorno ad esso fa si che tutto il Settentrione si trovi nel mirino di piogge costanti anche a carattere di nubifragio. A Venezia l'acqua alta segna livelli record, con punte di 190cm, a causa del forte Scirocco che soffia dall'altra parte dello Stivale e che impedisce ad un Po, in piena come poche volte nella sua storia, di defluire nell'Adriatico. Sorte analoga per altri corsi d'acqua del Nordest, come il Piave, l'Adige, il Brenta e il Tagliamento, causa di frequenti straripamenti, con le città di Trento e Venezia tra le prime a farne le spese.
Notizie di dispersi, morti e feriti fanno il giro d'Italia, ma nella sola Firenze il numero delle vittime ammonta a 39. Si apre la polemica: i dubbi circa l'opportunità dell'apertura delle dighe e la possibilità di previsione dell'evento fanno riflettere gli addetti ai lavori e non. Due giornalisti del Sunday Times posero l'accento su come il fenomeno potesse avere una prevedibilità di almeno otto ore. Vista l'acqua fuoriuscita dalle dighe era facile immaginare che non riuscisse a passare tutta sotto il Ponte Vecchio, il monitoraggio però fu lasciato in balia di occhi poco prudenti e poco competenti ed ha consentito lo svolgersi della tragedia.
5 novembre 1966: distribuzione barica
5 novembre 1966 : nuvolosità a 3000m
5 novembre 1966: distribuzione termica a 1500m
Il Senatore statunitense Edward Kennedy, a Firenze il giorno dell'alluvione, commenta con queste parole: 'Ricordo che quel giorno ero a Ginevra per una conferenza sui rifugiati e volli vedere cosa era successo, volai a Firenze. Arrivai alla Biblioteca Nazionale attorno alle 5 del pomeriggio e guardai intorno all'area alluvionata. Non c'era elettricità ed era stata messa una grossa quantità di candele per avere la luce necessaria a salvare i libri. C'era un freddo terribile vidi gli studenti nell'acqua fino alla cintura. Avevano formato una fila per passare tra i libri così potevano recuperarli dall'acqua e quindi portarli in una zona più sicura per poterci mettere qualcosa che li proteggesse. In ogni punto della grande sala di lettura c'erano centinaia e centinaia di giovani che si erano riuniti per aiutare. Era come se sapessero che l' alluvione della biblioteca stava mettendo a rischio la loro anima. Ho trovato un'incredibile ispirazione nel vedere questa generazione più giovane tutta unita in questo sforzo vitale. Mi fece venire in mente la giovane popolazione degli Stati Uniti che rispose con la stessa determinazione quando vennero coinvolti nel movimento per i diritti umani. Avevo ancora i brividi quando salii sull'aereo che mi riportava a Ginevra, ma non potevo smettere di pensare alla impressionante solennità di quella scena - tutti quegli studenti dimentichi del freddo pungente e dell'acqua fangosa, tranquillamente concentrati per la salvezza dei libri alla lieve luce delle candele. Non lo dimenticherò mai'.

Firenze, 4 novembre 1966: foto dei Vigili del Fuoco
Altrettanto allarmane la voce di Riccardo Conti, nel 1995 vicepresidente della Provincia di Firenze, intervistato poco tempo fa: 'quando ci fu l'alluvione io avevo 15 anni e seguii mio fratello maggiore che poi diventò uno storico dell'arte. Fu lui che vide per primo il Cristo del Cimabue distrutto in Santa Croce e ne rimase scosso. Io venni mandato a lavorare alla Biblioteca Nazionale e alla Vieusseux per recuperare i libri alluvionati. Ricordo la grande capacità di reazione dei fiorentini. Si erano mossi tutti dai singoli individui alle parrocchie e i circoli. Ci fu subito solidarietà tra i fiorentini. Come si sa la solidarietà chiama solidarietà. E ricordo il terribile puzzo di nafta. Ricordo anche i fischi che i volontari fecero quando arrivò l'allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il direttore della Biblioteca Nazionale, Emanuele Casamassima, gli disse: <Presidente, ci lasci lavorare>'.
Queste alcune delle testimonianze di una storica alluvione che solo in Toscana, in 36 ore, ha scaricato più di 400mm e che ancora oggi, data la sua entità, è rimasta nelle memorie di tutti, non solo fiorentini.
[Testo dal Meteogiornale di 3bmeteo.it]
Fu davvero sconvolgente,una delle alluvioni + tristemente ricordate della storia...


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