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Risultati da 1 a 10 di 32
  1. #1
    andrea.corigliano
    Ospite

    Predefinito Lettera al Prof. Maracchi

    Egr. Professore,
    in questi ultimi anni fino a oggi ho avuto modo più volte, sia sui giornali che alla televisione, di leggere o di ascoltare le sue interviste che parlano spesso e volentieri di cambiamento climatico e sui risvolti che proprio questo cambiamento sta avendo sull’Italia. L’inverno di quest’anno rappresenta solo uno degli ultimi comportamenti capricciosi del tempo che entreranno all’interno di una collezione di “pezzi unici” del clima. Si tratta, in poche parole, di un’anomalia che continua imperterrita a continuare per la propria strada, la cui entità non sarà davvero alla portata di tutti gli anni, anche se la vivace dinamicità climatica in sensibile crescita avrà il merito di abbattere tutte quelle nostre convinzioni che sono maturate fino agli Anni 90. In queste convinzioni c’è anche quella che vorrebbe l’inverno italiano freddo e nevoso, come ai vecchi tempi in cui tali eventi freddi e nevosi si verificavano, ma come possiamo costatare si tratta di un tipo di stagione che, alla luce degli eventi attuali, sembra ormai lontana anni luce. Gli inverni tiepidi, come Lei afferma, sono quindi una realtà, ma non sono la realtà assoluta come Lei vorrebbe far credere. Se è vero che gli inverni di una volta non esistono più, non è vero che gli inverni di una volta non abbiano più la probabilità di farci di nuovo visita. Mi sembra quindi un po’ azzardato dare in pasto al lettore ignorante dichiarazioni del tipo “Inverni tiepidi ed estati piovose: d’ora in poi sarà così”. Il problema più grave, a mio avviso, che contribuisce ad aumentare il grado di caos all’interno di un possibile quadro evolutivo stagionale, è rappresentato certamente dal surplus termico scaturito dall’effetto serra, ma bisognerebbe però fare capire al grande pubblico che tale energia assunta dal sistema atmosferico in dose sempre più massicce non procede in modo unilaterale facendo pendere solo da un lato la bilancia climatica dell’Italia o dell’Europa. Non si procede, infatti, indirizzati solo verso un inverno più tiepido, verso temperature più calde e verso gli antipodi rispetto al clima di una volta ma si va, in una parola sola, verso la cosiddetta “estremizzazione climatica”. E come tale, il concetto di estremizzazione può racchiudere anche, nelle sue caratteristiche peculiari, anche quelle caratteristiche che facevano parte degli inverni di una volta. Ragionando sempre in senso unico, escludendo definitivamente dalla scena le caratteristiche che vogliamo volutamente circoscrivere agli inverni di un tempo, finiamo per rendere intollerante proprio il pubblico stesso a tutti quei connotati che devono per forza far parte della stagione invernale.
    Leggo sul quotidiano di oggi, a tal proposito, con grande stupore e con disapprovazione totale una domanda che Le viene rivolta dal giornalista.

    Recita: “Professor Maracchi, di che cosa dobbiamo aver paura?”. Lei risponde: “Siamo di fronte a una situazione del tutto anomala e le previsioni diventano difficili. Ma partiamo dalla sacca d’aria fredda scandinava: è normale a novembre perché annuncia l’inverno, ma ora non sappiamo cosa provocherà. Tempo correnti gelide capaci di portare neve a fine gennaio o a metà febbraio. Prospettiva terribile per le piante e per la gente”.

    Ho evidenziato in grassetto quello che, a mio modesto parere, la gente non dovrebbe mai sentirsi dire. Avere paura di cosa? Dell’inverno? In piena stagione fredda, poi, perché parlare di prospettive terribili in caso di arrivo di freddo e neve nei mesi di gennaio e febbraio che sono invernali per eccellenza? Francamente, egregio professore, non riesco proprio a capire. Ci stiamo riducendo a condizionare a tal punto da gente da indurla, quasi quasi, a compiacersi dello stato di salute del nostro clima. Già, perché l’italiano medio, che di meteorologia non capisce nulla anche per colpa di qualche figura mediatica a cui piace crogiolarsi un po’ troppo sotto il… sole dei riflettori, finisce sicuramente per continuare a etichettare l’inverno con “la brutta stagione”.

    Mi permetto quindi, di esporre brevemente il mio punto di vista: si continui a parlare di cambiamento, ma senza demonizzare un ciclo naturale a discapito dell’altro. Si faccia presente la realtà del cambiamento, una realtà che passa attraverso l’estremizzazione e quindi, in quanto tale, capace anche di proporci fasi crude che devono essere ben accette. E non terribili. La natura ci invita a diventare malleabili, ad adattarci ad ogni possibile evoluzione. Ma le persone non conoscono ancora questa nuova tecnica di adattamento. E per insegnarla loro non bisogna parlare di paura e di ondate di freddo dalle prospettive terribili. Quella malleabilità che manca agli italiani la si trasmette solo mostrando tutte le sfaccettature dell’estremizzazione che per quest’anno vuole, forse, per la Russia l’inverno più caldo del secolo, esattamente 365 giorni dopo l’inverno più freddo del secolo. Come può vedere, egregio Professore, gli inverni di una volta possono ancora farci visita. Non sono paure ne notizie tragiche e terribili: sono solo la realtà dei fatti.

    Cordiali saluti

  2. #2
    Vento forte L'avatar di mission
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Citazione Originariamente Scritto da andrea.corigliano Visualizza Messaggio
    Egr. Professore,
    in questi ultimi anni fino a oggi ho avuto modo più volte, sia sui giornali che alla televisione, di leggere o di ascoltare le sue interviste che parlano spesso e volentieri di cambiamento climatico e sui risvolti che proprio questo cambiamento sta avendo sull’Italia. L’inverno di quest’anno rappresenta solo uno degli ultimi comportamenti capricciosi del tempo che entreranno all’interno di una collezione di “pezzi unici” del clima. Si tratta, in poche parole, di un’anomalia che continua imperterrita a continuare per la propria strada, la cui entità non sarà davvero alla portata di tutti gli anni, anche se la vivace dinamicità climatica in sensibile crescita avrà il merito di abbattere tutte quelle nostre convinzioni che sono maturate fino agli Anni 90. In queste convinzioni c’è anche quella che vorrebbe l’inverno italiano freddo e nevoso, come ai vecchi tempi in cui tali eventi freddi e nevosi si verificavano, ma come possiamo costatare si tratta di un tipo di stagione che, alla luce degli eventi attuali, sembra ormai lontana anni luce. Gli inverni tiepidi, come Lei afferma, sono quindi una realtà, ma non sono la realtà assoluta come Lei vorrebbe far credere. Se è vero che gli inverni di una volta non esistono più, non è vero che gli inverni di una volta non abbiano più la probabilità di farci di nuovo visita. Mi sembra quindi un po’ azzardato dare in pasto al lettore ignorante dichiarazioni del tipo “Inverni tiepidi ed estati piovose: d’ora in poi sarà così”. Il problema più grave, a mio avviso, che contribuisce ad aumentare il grado di caos all’interno di un possibile quadro evolutivo stagionale, è rappresentato certamente dal surplus termico scaturito dall’effetto serra, ma bisognerebbe però fare capire al grande pubblico che tale energia assunta dal sistema atmosferico in dose sempre più massicce non procede in modo unilaterale facendo pendere solo da un lato la bilancia climatica dell’Italia o dell’Europa. Non si procede, infatti, indirizzati solo verso un inverno più tiepido, verso temperature più calde e verso gli antipodi rispetto al clima di una volta ma si va, in una parola sola, verso la cosiddetta “estremizzazione climatica”. E come tale, il concetto di estremizzazione può racchiudere anche, nelle sue caratteristiche peculiari, anche quelle caratteristiche che facevano parte degli inverni di una volta. Ragionando sempre in senso unico, escludendo definitivamente dalla scena le caratteristiche che vogliamo volutamente circoscrivere agli inverni di un tempo, finiamo per rendere intollerante proprio il pubblico stesso a tutti quei connotati che devono per forza far parte della stagione invernale.
    Leggo sul quotidiano di oggi, a tal proposito, con grande stupore e con disapprovazione totale una domanda che Le viene rivolta dal giornalista.

    Recita: “Professor Maracchi, di che cosa dobbiamo aver paura?”. Lei risponde: “Siamo di fronte a una situazione del tutto anomala e le previsioni diventano difficili. Ma partiamo dalla sacca d’aria fredda scandinava: è normale a novembre perché annuncia l’inverno, ma ora non sappiamo cosa provocherà. Tempo correnti gelide capaci di portare neve a fine gennaio o a metà febbraio. Prospettiva terribile per le piante e per la gente”.

    Ho evidenziato in grassetto quello che, a mio modesto parere, la gente non dovrebbe mai sentirsi dire. Avere paura di cosa? Dell’inverno? In piena stagione fredda, poi, perché parlare di prospettive terribili in caso di arrivo di freddo e neve nei mesi di gennaio e febbraio che sono invernali per eccellenza? Francamente, egregio professore, non riesco proprio a capire. Ci stiamo riducendo a condizionare a tal punto da gente da indurla, quasi quasi, a compiacersi dello stato di salute del nostro clima. Già, perché l’italiano medio, che di meteorologia non capisce nulla anche per colpa di qualche figura mediatica a cui piace crogiolarsi un po’ troppo sotto il… sole dei riflettori, finisce sicuramente per continuare a etichettare l’inverno con “la brutta stagione”.

    Mi permetto quindi, di esporre brevemente il mio punto di vista: si continui a parlare di cambiamento, ma senza demonizzare un ciclo naturale a discapito dell’altro. Si faccia presente la realtà del cambiamento, una realtà che passa attraverso l’estremizzazione e quindi, in quanto tale, capace anche di proporci fasi crude che devono essere ben accette. E non terribili. La natura ci invita a diventare malleabili, ad adattarci ad ogni possibile evoluzione. Ma le persone non conoscono ancora questa nuova tecnica di adattamento. E per insegnarla loro non bisogna parlare di paura e di ondate di freddo dalle prospettive terribili. Quella malleabilità che manca agli italiani la si trasmette solo mostrando tutte le sfaccettature dell’estremizzazione che per quest’anno vuole, forse, per la Russia l’inverno più caldo del secolo, esattamente 365 giorni dopo l’inverno più freddo del secolo. Come può vedere, egregio Professore, gli inverni di una volta possono ancora farci visita. Non sono paure ne notizie tragiche e terribili: sono solo la realtà dei fatti.

    Cordiali saluti


  3. #3
    Uragano L'avatar di Gravin
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Ottimo come sempre, Andrea.


    http://www.predazzo-meteo.it/index.php
    Predazzo Wunderground
    always looking at the sky
    Nivofilo-Precipitofilo-Perturbazionofilo-Depressionofilo-Ostrosciroccofilo-Anticaldofilo-Antianticiclonicofilo

  4. #4
    Everest
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Bravissimo!

  5. #5
    Vento fresco L'avatar di Renato71
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Analisi inconfutabile ed assolutamente condivisibile.
    Ormai dobbiamo abituarci ad analisi sempre adattate, generalizzate ma purtroppo (ahimè) quasi mai obiettive
    Ai vart semp ant l'aria

  6. #6
    Burrasca L'avatar di Valeloco
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    E per conoscenza al direttore del TG che lo ospita ! Se vuoi posso contribuire al francobollo !!
    Visitate il portale meteo della Valle d'Itria
    www.meteovalleditria.it

  7. #7
    Bava di vento
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Ma se non si "spaventa" la gente non si rischia di fare in modo che la stessa sia giustificata inconsapevolmente di ignorare il problema poiche' non e' cosi' pericoloso? A meno che il problema sia irrisolvibile...

  8. #8
    Vento forte L'avatar di Blizzard80
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Grandissimo Andrea Corigliano, concordo pienamente!!!!

    caldofili teste desertiche
    negazionisti rane bollite

    https://www.youtube.com/@FabioBlizzard

  9. #9
    Brezza tesa L'avatar di bache78
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    Grandissimo!!!! Hai toccato i punti fondamentali.
    Amo il freddo e la neve!!!!

  10. #10
    Vento fresco L'avatar di gabriele*80*
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    Predefinito Re: Lettera al Prof. Maracchi

    intanto mandate questa lettera a tutti i giornalisti.






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