OK, ma siamo soltanto al 10% del nuovo secolo, fino a quel momento sul triste "trono" c'era il Molise 2002. Certamente, nel secolo scorso già dopo 8 anni si registrò l'evento sismico più tragico di sempre in Italia in termini di vite umane, ma proprio perché i tempi geologici se ne sbattono del calendario, il concetto del più e del meno, temporalmente localizzato, mal si adatta come approccio di discussione.
In più va detto che Haiti e L'Aquila, ognuno con le relative e dovute distinzioni, sono sismi che hanno coinvolto direttamente capoluoghi densamente abitati e con un tessuto edificato non all'altezza delle sollecitazioni imposte. Ripeto che, se una magnitudo come quella cilena accadesse in Italia rimarrebbero in piedi solo i capanni dei cacciatori.
Il nostro tessuto edificato, soprattutto post-bellico, sia come nuove edificazioni che come ristrutturazioni pesanti dell'esistente, non è adeguato al rischio sismico su cui "poggia" e questo rischio, che andrebbe puntigliosamente individuato con una specie di "catasto" apposito, è immutato nella maggior parte degli edifici italiani, che hanno visto un concetto soltanto dopo il 1974, ma con più attenzione addirittura dopo il 1982, fino allo stravolgimento normativo del 2005, entrato a regime nel giugno 2009. E' quindi da troppo poco tempo che ci si adegua al rischio sismico, diffcicile farne una percentuale, ma facile comprendere come i morti pianti in Abruzzo non possano essere, ahinoi, gli ultimi.
Segnalibri