Ho trovato questa bella biografia. Leggete o non leggete il pippone, tanto fa lo stesso.
NELSON GOODMAN
Epistemologo e filosofo dell’arte, Nelson Goodman nasce a Sommerville, (Massachusetts), nel 1906, e studia ad Harvard, la prestigiosa università di quello stato, ottenendovi il dottorato (Ph. D.) in filosofia. Dopo aver insegnato al Tuft College (1945-46), all’Università di Pennsylvania (1946-64), alla Brandeis University (1964-67), torna ad Harvard nel 1968 rimanendovi come professore fino al 1977, e come professore emerito fino alla morte, nel 1998.
Negli anni della sua formazione insegnavano ad Harvard C.I. Lewis, erede del pragmatismo e del neoidealismo americano, e A. N. Whitehead, portatore delle problematiche e delle conquiste dell’atomismo logico russelliano e dei conseguenti sviluppi neopositivistici. Dalla confluenza di questi insegnamenti e dalla continua interazione con Quine, collega di studi e d’insegnamento nella stessa università, sarebbe emersa quasi una una scuola filosofica, che ha molto contribuito a superare le rigidità sia dell’empirismo logico che della filosofia analitica del senso comune, e da cui provengono filosofi come Israel Scheffler, Roderick Firth, John Rawls, Stanley Cavell e Hilary Putnam. La sintesi di istanze empiristiche, logiche, pragmatistiche e neoidealistiche ha portato così la “filosofia del Massachusetts”, e la filosofia di Goodman in particolare, a un’epistemologia pur sempre rigorosamente fondata sull’analisi del linguaggio comune e di quelli scientifici, ma olistica, costruzionistica e pluralistica, in una sorta di prospettiva kantiana relativizzata e di grande attualità.
Questa peculiare posizione teorica, assieme agli interessi artistici, per cui è stato anche mercante d’arte ed appassionato collezionista, lo ha portato all’idea di una sostanziale contiguità tra arte, scienza e filosofia, e si riflette in una prosa concettualmente esatta ma vivace, ricca di metafore, allitterazioni e giochi lessicali.
Le prime ricerche di Goodman hanno per oggetto la costruzione di una teoria della qualità sensibili (A Study of Qualities) e il tentativo di sostituire la teoria delle classi, con la sua implicita metafisica platonica, con un calcolo degli individui ricollegabile alla mereologia di Lesniewski (Calculus of Indivuduals and its Uses, con H.S. Leonard). Goodman sviluppa così un suo particolare nominalismo, che non implica il rifiuto delle entità astratte: vi sono ammessi solo gli individui e quei raggruppamenti tali che non ve ne possono essere due diversi consistenti esattamente degli stessi individui, ma qualunque cosa può fungere da individuo, vale a dire da primitivo in un sistema (Steps Toward a constructive Nominalism, con Quine, e A World of Individuals).
Queste ricerche confluiscono in The Structure of Appearance, il libro con cui Goodman raccoglie l’eredità di Der logische Aufbau der Welt di Carnap. Quell’opera, forse la più emblematica di tutto l’empirismo logico, era intesa a mostrare come ogni conoscenza fosse costruibile su una base di esperienze elementari (fungenti da atomi logici) per mezzo di definizioni e dell’apparato della logica matematica. Quel tentativo, scontratosi con problemi e difficoltà radicali, viene ripreso da Goodman con alcune importanti differenze: anzitutto, egli non sceglie come base sensazioni, ma qualità astratte (i qualia di Lewis); in secondo luogo, non accetta più quello che Wilfrid Sellars chiamerà il “mito del dato”: non crede cioè che si possa dare un fondamento epistemico assoluto, ma condivide la consapevolezza maturata nel frattempo dagli empiristi logici, e in particolare da Carnap stesso, che la scelta della base del sistema sia questione di tipo convenzionale e pragmatico. Altrettanto importante è una terza differenza: già Carnap aveva sostenuto che nella ricostruzione filosofica il linguaggio comune viene chiarito, regimentato ed anche corretto, sicché una definizione non deve preservare l’identità intensionale (di significato) tra definiendum e definiens, ma semplicemente un’identità estensionale (di riferimento). Goodman radicalizza tale idea, accontentandosi dell’ancor più debole isomorfismo estensionale: come definiens basterà in pratica qualunque cosa possa entrare in una rete di relazioni analoga a quella in cui entra il definiendum. Ad esempio, si possono introdurre i punti come primitivi, oppure definirli come coppie di linee intersecantesi o come serie di volumi convergenti, o in altri modi ancora. A seconda della base e delle definizioni prescelte, si potranno dunque costruire sistemi alternativi, ciascuno dei quali conserva solo una corrispondenza strutturale col discorso presistematico sull’argomento: trova così piena attuazione l’idea di Carnap e Schlick che l’unica conoscenza formulabile e comunicabile rigurda la forma e non i contenuti.
Emerge in tal modo la caratteristica convinzione di Goodman, sviluppata in The Way the World Is, in Ways of Worldmaking, e in tutte le opere successive, che non possiamo dire cos’è o com’è fatto il mondo in sé: sia perché non costruiamo mai le nostre descrizioni partendo da dati grezzi, ma rielaborando descrizioni precedenti, sia perché ogni attribuzione alla realtà di qualche caratteristica vale solo relativamente allo schema di descrizione prescelto.
Si potrebbe supporre che ogni schema alternativo non faccia che rappresentare gli stessi fatti o lo stesso mondo attraverso una diversa convenzione descrittiva: ma come Quine, Goodman rigetta la distinzione tra fatti e convenzioni, e come Lewis dissolve la distinzione tra ciò che si dice e come lo si dice: eliminare da una descrizione tutti gli aspetti soggettivi e convenzionali sarebbe come sfogliare una cipolla cercandone il cuore. Contro il realismo egli sostiene pertanto che non possiamo far altro che offrire “versioni” del mondo di un tipo o di un altro, non suscettibili di essere integrate in un’unica descrizione “assoluta”; ma contro l’idealismo riafferma che ciascuna versione può essere la vera descrizione di un mondo: il mondo che noi stessi costruiamo elaborando quella versione.
E’ solo in senso metaforico che esistono molti mondi, da noi costruiti (I. Scheffler, The Wonderful Worlds of Goodman)? Nonostante alcune affermazioni contrarie, Goodman sarebbe in fondo disposto ad ammetterlo, pur che ciò non induca all’illusoria ricerca di un mondo separato da ogni versione (Mind and Other Matters, pp. 32-42). Al suo relativismo egli pone comunque rigorosi vincoli, e non accetta la tesi di Feyerabend che “tutto può andare”: eliminata la nozione corrispondentistica di verità, resta comunque la distinzione tra versioni corrette e scorrette, che per Goodman è possibile in base ai criteri tipici del coerentismo e del pragmatismo: coerenza interna, adattabilità, funzionalità, efficacia ai fini pratici, accordo con le altre credenze e le pratiche invalse.
Tra le opere più famose è Fact, Fiction and Forecast, ormai divenuto un classico dell’epistemologia contemporanea. Qui, discutendo la natura degli asserti controfattuali e delle leggi scientifiche, Goodman propone il “nuovo enigma dell’induzione”: tutti gli smeraldi esaminati finora sono verdi, ma sono anche verlu (che per definizione significa: esaminati finora e verdi, o non esaminati prima d’ora e blu). Se generalizziamo “proiettando” il verde, diremo che tutti gli smeraldi sono verdi (e quindi anche quelli esaminati in futuro saranno tali); se invece proiettiamo il verlu, diremo che tutti gli smeraldi sono verlu, prevedendo così che gli smeraldi esaminati in futuro saranno blu. Per Goodman non ci sono motivi logici che impediscano di proiettare il verlu (non serve, ad esempio, notare che si tratta di una proprietà cronologicamente complessa, poiché potremmo considerare come primitivi il verlu e il suo reciproco blerde, ridefinendo il verde come la proprietà di essere esaminato prima d’ora e verlu, o non esaminato prima d’ora e blerde; e in tal caso, sarebbe il verde la proprietà definita e cronologicamente complessa).
I proverbiali fiumi d’inchiostro sono stati versati sulla questione, ma sembra chiaro almeno che il paradosso nasce dalla lettura estensionale della definizione di verlu e dal nominalismo, per il quale i termini generali (cromatici, in questo caso) non denominano proprietà intrinseche, ma solo dei raggruppamenti di entità particolari, tutti ugualmente arbitrari. Il paradosso è analogo per un verso a quello dei corvi di Hempel, e per un altro a quelli del seguire una regola, nelle Philosophical Investigations di Wittgenstein, e dei gatti e delle ciliegie, in Reason, Truth and History di Putnam. La soluzione offerta da Goodman è che si deve preferire il verde al verlu in quanto più “trincerato”, ossia meglio radicato nella nostra pratica e correlato con gli altri predicati che usiamo. Un’analoga soluzione pragmatica, del resto, egli propone anche per il “vecchio” enigma dell’induzione, quello di Hume.
Come si è visto, per Goodman non è solo nell’arte che si crea, si costruiscono e si ricostruiscono mondi, come comunemente si crede, ma anche nella conoscenza. Ugualmente, non è solo nella conoscenza che si descrive e ci si riferisce, ma anche nell’arte. L’arte non è solo emozione, ma anche cognizione, e non ha solo fini edonistici, ma anche pratici, come la scienza. Egli intende dunque riunificare estetica ed epistemologia, muovendo verso un’unica teoria generale dei sistemi simbolici (Languages of Art). In ogni attività simbolica ci si riferisce, ma lo si può fare o denotando o, com’è tipico dell’arte, esemplificando. L’esemplificazione, poi, può essere diretta, oppure metaforica, ed in questo caso dà luogo all’espressione. Un’altra importante forma di riferimento indiretto, che comporta una riformulazione delle convenzioni simboliche, è la variazione (Reconceptions in Philosophy …). Anche il problema della demarcazione tra opere d’arte e non ha per Goodman una soluzione pragmatica: la distinzione non dipende dall’opera in sé, ma dal suo funzionamento, che può essere ora d’un tipo, ora d’un altro. Vi sono comunque dei sintomi significativi della funzione estetica: densità semantica e sintattica, carattere esemplificativo, saturazione, riferimento multiplo e complesso.
Se volete ve lo sintetizzo in soldoni.![]()
No, preferiamo leggere tutto fino all'ultima riga, rifletterci e poi rispondere. Stanno tutti elaborando per questo non ha ancora risposto nessuno... ... ...
Ora vediamo di prendere tutti quanti un qualcosa di solido
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always looking at the sky...
Interista
TRAP: "No say the cat is in the sac!"
Wizard: "sei disposto a trasferti in Provincia di Valle Seriana?" (5 maggio 2012)
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Ciao Ale!
20/12/2009... La giornata Perfetta! Min. -10.2° - Max. -5.1°
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Ho fatto abbastanza filosofia al liceo classico per capire che sono discorsi vecchi fatti già da altri grandi pensatori e abbastanza inutili praticamente. Un buon modo per passare il tempo tenendo la mente allenata
http://golfodigaeta.altervista.org/
Webcam Formia su http://www.meteoliri.it/#!prettyPhoto/10/
Stazione meteo http://www.wunderground.com/weathers...p?ID=ILAZIOFO2
Miao
Fate prima a leggervi due libri suoi, che non sono neppure tanto tomi e sono scritti in modo semplice e accattivante:
The Way the World Is (In italiano "Modi di fare il mondo")
Languages of Art ("I linguaggi dell'arte")
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letto.. non lo conoscevo ,ma mi sembra interessante ...soprattutto "l'enigma del'induzione",si trovano suoi testi in italiano???
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