Citazione Originariamente Scritto da nevearoma Visualizza Messaggio
Questo thread cade perfettamente a fagiolo per me che proprio in questi giorni mi accingo a scegliere cosa farò della mia vita. Sto per iscrivermi all'università, e non ho ancora scelto proprio perchè ho due possibilità e devo fare i pro e i contro della situazione. C'è ancora tempo, quindi tanto vale rifletterci sopra prima piuttosto che fare una scelta avventata ed eventualmente cambiare dopo.
Io andrei molto volentieri all'estero. Ci avrei fatto tutta l'università, ma varie circostanze (ed un pò di paura) non me l'hanno permesso. Comunque l'uni in Italia non è così male, il problema è SEMPRE il dopo. Il mondo del lavoro, intendo. E non ho intenzione di puntare i DITI contro chicchessia, come dice Fenrir, ma semplicemente fare il punto di una situazione oggettivamente problematica circa la situazione occupazionale dei laureati italiani.

Dalle statistiche si evince che una laurea in Italia ormai conta piuttosto poco. Non so come sia in altri paesi e fino a un certo punto non mi interessa, ma qui in Italia è così.
Tanto per cominciare, la laurea triennale è una farsa ed è ormai risaputo che fermarsi con quella credendolo un titolo valido è come fermarsi con un diploma di liceo classico: per quanto brillantemente possa essere preso, non dà molte più chance che fare il cassiere. Un'indagine condotta nel 2007 sulla condizione dei laureati nel 2004, in corsi lunghi e in corsi triennali, afferma che, per esempio:
-Dei laureati (con laurea specialistica o quinquennale) in fisica il 48,7% è occupato a 3 anni dalla laurea. Di questi, al 73% viene richiesta la laurea per lavorare. Il che vuol dire che, su 1076 nuovi fisici nel 2004 in Italia, circa 380 di loro ad un'età compresa tra 25 e 30 anni fanno un lavoro coerente con la laurea scelta, mentre gli altri 700 è come se non l'avessero presa. Ovviamente, lo stipendio medio è ben inferiore ai 1000 euro, e si aggira sugli 830 euro al mese...tanto valeva mettersi a lavorare in una ditta di pulizie e cercare di risparmiare qualcosa.
-Stanno messi molto male anche i laureati in giurisprudenza, nonostante l'opinione comune. Il 52% è occupato a tre anni dalla laurea (ma solo il 38% svolge un'attività continuativa iniziata dopo la suddetta laurea) e di questi mediamente al 71% è richiesta la laurea per il lavoro che svolgono. Cioè 9200 laureati su 24944 laureati totali possono dire che la loro laurea è stata utile. Stipendio mensile bassissimo, è noto che durante il praticantato ai laureati in giurisprudenza viene dato un rimborso spese misero, e talvolta nemmeno quello. Una mia cugina laureata con 110 e lode, dopo aver passato l'esame di avvocato con il massimo dei voti, ora a 36 anni lavora in una ditta di condizionatori. Teoricamente dovrebbe gestire il settore giuridico dell'azienda ma in pratica va nelle case a vendere ed impiantare i condizionatori, come ha fatto con noi.
-A biologia il tasso di disoccupazione è di circa il 24%, a lettere si avvicina al 20%, ma va aggiunto che ai laureati in lettere e filosofia viene richiesta la laurea soltanto nel 62% dei casi. Potrei continuare a descrivervi ogni cosa, ma non basterebbe.

Gli unici che hanno ancora un minimo di garanzie sono, in ordine: quelli di Economia (ma anche qui ci sono parecchi laureati a spasso), di Ingegneria e soprattutto quelli delle lauree triennali di Medicina, ovverosia Infermieristica, Fisioterapia, Logopedia e quant'altro. Qui il 97% è occupato con buoni stipendi, e alla quasi totalità è richiesta la laurea. Ma sono pochissimi quelli che li intraprendono.
E proprio Logopedia è quella a cui forse mi iscriverò io, nonostante le mie vere passioni siano altre. Ma perchè io devo vedermi costretto a rinunciare ad un corso che, in assoluto, mi appassionerebbe, perchè a meno di superspinte da qualche professore che mi indirizzi verso la carriera universitaria mi darebbe pochisssssime chance a livello lavorativo, per iscrivermi ad un altro sì stimolante, sì interessante, ma che non corrisponde ai miei REALI interessi e soprattutto mi farebbe rinunciare a diversi desideri (tipo quello di andare a vivere all'estero)? E qui non sto facendo confronti con nessuno stato europeo, ho semplicemente scritto dei dati che possono essere supportati da esperienze alle quali assistiamo tutti ogni giorno, quindi non vorrei che Fenrir arrivasse dicendo che sono un lamentone.
E non crediate che sia una situazione iniziata ieri. Mia madre quarant'anni fa si laureò con voti assurdi a Lettere e si fece 11 anni di precariato per poter trovare un lavoro degno di tale nome.

Con che animo dovrei affrontare l'università adesso?

PS. le statistiche comunque sono molto confuse, non fanno le giuste distinzioni. Potete comunque prenderle come un qualcosa di indicativo.
Personalmente, consiglierei di aprire un'agenzia di pompe funebri. Gli italiani hanno smesso di nascere e presto capiranno che devono smettere di studiare (perché sono soldi buttati via) ma non potranno smettere di farsi curare (quindi ok le professioni sanitarie) e non potranno smettere di morire. Il settore sanitario è soggetto a chiusura sulla base di credenziali educative, per fare certi lavori ci vogliono certi titoli di studio. Ma per il settore della gestione industrializzata della morte, cioè dalla raccolta e preparazione dei cadaveri al loro smaltimento non mi risulta che siano richiesti particolari titoli.
Poi, all'italiana, bisogna "ungere" medici e infermieri in rianimazione, medicina generale, obitorio ecc ecc (se non pago mazzetta io perché chiamino me, paga mazzetta qualcun altro e chiameranno lui). Che ci vogliamo fare, da noi funziona così.