Niente da fare, non ci arrivi proprio.
La brexit ha messo in evidenza il paradosso: si continuerà a parlare inglese? Facile, intanto ora c'è un problema.
Ci fosse stato l'esperanto non ce n'era alcuno.
Inoltre, per l'ennesima volta, non c'è sopraffazione ed è più facile, ampiamente dimostrato.
Infine, la mia era una riflessione su una cosa che ogni bambino sano di mente credo faccia:
perchè io devo studiare due lingue ed un inglese o un americano no?
Vabbe, non c'è alternativa...no.
Io l'ho scoperto pochi anni fa, una esiste. Irrealizzabile? Non me ne frega niente.
Io so che una alternativa che non fa distinzioni esiste, e che comunque a certi livelli il problema si è posto.
Poi tu, ovviamente, pensa quello che ti pare e piace...![]()
Non ha messo in evidenza nulla e non c'è alcun problema. Distinguiamo le roboanti dichiarazioni politiche dalla realtà pratica.
Sì? Esattamente da chi e come? E cosa significa che non c'è sopraffazione?Inoltre, per l'ennesima volta, non c'è sopraffazione ed è più facile, ampiamente dimostrato.
Ma il punto mica è questo. Il punto è: c'è un'alternativa migliore, più efficiente e più pratica?Infine, la mia era una riflessione su una cosa che ogni bambino sano di mente credo faccia:
perchè io devo studiare due lingue ed un inglese o un americano no?
La realtà dei fatti, ancora una volta, dimostra che non c'è, e se c'è non passa per l'esperanto che ha miseramente e clamorosamente fallito.
Ambè, se non te ne frega niente è un altro discorso. Mi sembrava la presentassi come qualcosa di realizzabile. In caso contrario siamo d'accordo.Vabbe, non c'è alternativa...no.
Io l'ho scoperto pochi anni fa, una esiste. Irrealizzabile? Non me ne frega niente.
A livelli rilevanti no. A livello di pour parler ci si può porre qualsiasi problema, ma non è che cambi il corso della storia.Io so che una alternativa che non fa distinzioni esiste, e che comunque a certi livelli il problema si è posto.
"In Africa non cresce il cibo. Non crescono i primi. Loro non hanno i contorni. Una fetta di carne magari la trovi, ma hanno un problema con i contorni. Per non parlare della frutta."
Non si parla di esperanto ma è evidente che le cose siano un filino più complesse di come la racconti, soprattutto riguardo la sopraffazione.
Leggi ciò che scrive questo qua che non so chi sia ma si presenta bene
Brexit, "dopo l'uscita di Londra l'Unione europea valorizzi il multilinguismo. L'inglese avvantaggia le fasce privilegiate" - Il Fatto Quotidiano
Marco Civico, ricercatore e dottorando all’università di Ginevra, esperto di questioni legate alle lingue e al multilinguismo in ottica socio-economica
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Tra le altre cose, vale la pena domandarsi quale sarà l’impatto linguistico della Brexit. A questo punto ci si può domandare quali saranno le conseguenze sul ruolo dell’inglese nel contesto dell’Ue e in generale sul multilinguismo che da sempre caratterizza l’Ue.Cominciamo col considerare il primo aspetto. Originariamente composta da sei membri in cui si parlavano “appena” quattro lingue (francese, italiano, olandese e tedesco), l’Unione europea riconosce ad oggi come lingue ufficiali tutte e 24 le lingue parlate nei suoi 28 membri (compreso il Regno Unito). Qual è la posizione dell’inglese in questo contesto? Diversamente da quello che si potrebbe credere, l’inglese è parlato come lingua materna da circa il 13% della popolazione dell’Ue (essenzialmente britannici e irlandesi, pur essendo lingua ufficiale anche a Malta), dopo il tedesco (18%) e al secondo posto a pari merito con l’italiano (dati dello studio Special Eurobarometer 386 – Europeans and their languages).
Ovviamente, con l’uscita del paese anglofono più popoloso, lo scenario cambierebbe in maniera sostanziale, in quanto l’inglese sarebbe la prima lingua di appena l’1% della popolazione dell’Ue. La situazione cambia radicalmente se invece si osserva il numero di locutori dell’inglese come lingua straniera, pari al 38%, seguito da tedesco, francese (entrambi al 14%) e italiano (3%). In altre parole, il 51% dei cittadini dell’Ue sarebbe in grado di comprendere ed esprimersi in inglese. Tuttavia, il condizionale è d’obbligo, in quanto appena il 21% dei parlanti inglese dichiara di avere un livello “molto buono”, dato probabilmente molto ottimista. Il medesimo studio riporta che questo 21% è composto per lo più da individui giovani, con un livello di educazione superiore alla media, utilizzatori frequenti della rete e che vivono in grandi centri urbani.
A lungo si è parlato della possibilità di abbandonare il multilinguismo e il suo imponente apparato di traduzione e interpretazione in favore di un unilinguismo anglofono (e anglofilo). Molti hanno criticato quest’idea sulla base del fatto che una fetta della popolazione sarebbe ingiustamente avvantaggiata, a cui sarebbe permesso risparmiare sugli investimenti nella formazione linguistica. Non parliamo poi dell’asimmetria nella facilità di utilizzo, della perdita di autorità di altre lingue, e altri aspetti meno quantificabili in termini monetari. Oltretutto, le ripercussioni legali sarebbero significative, in quanto l’applicazione del principio fondamentale per cui ignorantia legis non excusat (reso spesso in italiano con l’espressione “la legge non ammette ignoranza”) vacillerebbe davanti a testi di legge redatti in lingue che non tutti conoscono. E che dire del fatto che il motto dell’Ue è “Unita nella diversità”, con chiaro riferimento al rispetto per le differenze culturali e linguistiche?
Si potrebbe controbattere che, con l’uscita del Regno Unito dall’Ue, la posizione dell’inglese diventerebbe decisamente più neutrale, attenuando quindi le asimmetrie che si verrebbero a creare. Tuttavia, come abbiamo visto, molti in Europa non possiedono un livello di inglese tale da permettere una partecipazione attiva o quantomeno passiva alla vita comunitaria. Inoltre, si andrebbe a svantaggiare una parte della popolazione tendenzialmente meno abbiente, allargando ulteriormente la forbice sociale. Basti pensare che, in Italia, la probabilità che un individuo parli inglese è il doppio nella fascia di stipendio del 10% più alto rispetto a quelli del 10% più basso (dati riportati da Horizon, la rivista di ricerca e innovazione dell’UE, nell’articolo Multilingualism is vital for an inclusive EU – researchers). Di conseguenza, la protezione del multilinguismo sembra rappresentare una priorità per un’Unione democratica e inclusiva di tutti i suoi cittadini.
Dunque in che direzione dovrebbe avanzare un’Unione Europea tanto multilingue? Ritengo che oggi più che mai il multilinguismo vada valorizzato, in linea con uno spirito europeo che solleva le sue frontiere interne ed esterne per permettere la scambio tra popoli, scambio che passa certamente anche per la lingua. Oltretutto, un’Ue che intende farsi garante di pari diritti (e doveri) tra i suoi cittadini non può abbracciare l’idea di un monolinguismo che ingiustamente avvantaggia, come visto, alcune fasce privilegiate della popolazione. Infine, a prescindere dalle conseguenze politiche ed economiche della Brexit, si aprono scenari di dibattito affascinanti anche per tutti coloro che si interessano di questioni linguistiche. Non bisogna dimenticare, inoltre, che le questioni linguistiche non sono mai strettamente linguistiche. Si tratta anche, e non solo, di questioni sociali (inclusione o esclusione? libertà di movimento?), lavorative (traduzione o insegnamento delle lingue?) e, ovviamente, culturali.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Sì dai, chiamiamolo "forte" e assegniamo anche il premio eufemismo.
Ammesso che si possa usare "natuale" per questioni di comunicazione, se effettivamente nessuno ha imposto a terzi di imparare una lingua, ma questa si è globalmente affermata per le più varie ragioni (sorvoliamo per un attimo sul citato colonialismo dei secoli andati) sì, possiamo dire che sia "naturale".
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E che problema sarebbe? Senza contare che volenti o nolenti l'inglese te lo tieni finchè non decide di uscire anche l'Irlanda...
Anche se fosse stato il francese o il tedesco.
Poi magari alla fine accetterai il fatto che dell'esperanto alla gente comune e non, frega 'na beneamata sega.![]()
Non c'è sopraffazione ed è più facile? E allora come mai non si è affermata naturalmente? Per un complotto demoplutogiudaicomassonicorettiliano?
Giuro che conosco un sacco di bambini non sani di mente...
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E quest'affermazione da chi viene? E qual è una lingua che non avvantaggia le fasce privilegiate? Quella del Burkina Faso forse?
Ah beh... Allora è davvero il caso di inventarsi una lingua nuova per tutti. Se si riuscisse a insegnare prima del parto sarebbe perfetto...
E in ogni caso supera ampiamente la percentuale di qualsiasi madrelingua. Artificiali comprese...
Ok. Quindi giustamente rendiamo la vita più difficile a chi ha un livello di istruzione superiore alla media. Hai visto mai che la fuga dei cervelli possa diventare un fenomeno europeo...
Ovvero chi ha parlato di questo argomento si è rivolto alla lingua comunque più diffusa. Gente strana.
In buona sostanza in nome di una presunta equità di non si sa bene cosa si dovrebbero rendere le cose più complicate per tutti. Azzo... Sta a vedere che aveva ragione quello che si tagliava le palle per far dispetto alla moglie...
Mi piacerebbe sapere come lingue differenti possano favorire l'abbattimento delle frontiere tra popoli o l'integrazione tra i medesimi. Certo... I gesti sono universali...
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In tutta franchezza non ci riesco, se tu ci riesci sottraici questi
Brexit e l'urgenza di una lingua federale europea - Formiche.net
L’imposizione monopolistica del solo inglese a fronte di 24 lingue ufficiali dell’Unione, oltre ad una palese sottomissione linguistica ai madre lingua inglese – gli unici liberi di non apprendere lingue straniere -, provoca effetti economici e occupazionali devastanti. Altera il mercato impedendo la libera concorrenza in contrasto con il “principio di un mercato economico aperto con libera competizione” (art. 4 Costituzione europea). Si tratta di veri e propri aiuti di stato perenni che l’Europa fornisce ai cittadini britannici discriminando gli altri.
Mentre l’economista ginevrino Grin ha calcolato in 18 miliardi di euro l’anno il risparmio della Gran Bretagna, solo nell’indotto dell’insegnamento delle lingue, la media dei costi diretti e indiretti dell’apprendimento dell’inglese è stata calcolata dall’economista Lucaks in circa 900 euro/persona l’anno che, moltiplicati per tutti i popoli non anglofoni, raggiungono il totale di oltre 400 miliardi di Euro l’anno, esattamente 400.578.597.900 euro. Questo lo spaventoso costo annuale dell’English Tax nell’Unione europea.
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