
Originariamente Scritto da
Senmut
Lo vedi che dimentichi per strada i "pezzi"? Da ciò che scrivi deduco che tu desideri uno smantellamento totale dello stato sociale! Non è così? Ti spiego perché, invece, è proprio ciò che intendi (pur senza rendertene conto, magari). La faccenda, per certi aspetti, è simile alla "questione RAI". Tutti pensano che sia legalmente pubblica e che i cittadini siano stati fregati all'indomani del famoso referendum da te stesso citato: in realtà occorre sempre indagare per capire e, soprattutto, occorre fare un'analisi ad ampio raggio per inquadrare tutti gli aspetti di un ragionamento.
Poniamo il caso che un'azienda (che chiameremo A srl) entri in crisi e che sia, alla fine, costretta a fallire senza aver corrisposto le ultime retribuzioni ai dipendente e, soprattutto, senza aver fatto fronte al pagamento del TFR. Immaginiamo (e l'ipotesi non rappresenta affatto un caso infrequente), inoltre, che l'azienda in questione sia sommersa dai debiti perché, a sua volta, vittima di mancati incassi ed affondata da insoluti su fatture già emesse e non onorate dai clienti (magari, a loro volta, soggetti giuridici falliti o prossimi al fallimento). Che succede? Il "Fallimento A srl", in persona del Curatore fallimentare, assume la rappresentanza della società fallita, pubblicizzando l'instaurazione della procedura concorsuale e dando il via, così, agli "incombenti" per la formazione dello stato passivo sulla scorta delle prime domande di insinuazione (tempestive e, poi, tardive od ultra tardive) depositate dai creditori. Tra questi creditori ci sono, certamente, i fornitori della A srl ancora in bonis (strutturati in forma artigiana e non), banche, compagnie d'assicurazione, rappresentanti, agenti di commercio e, dulcis in fundo, i dipendenti. Ognuno con il proprio credito da far valere ed assistito, o meno, da privilegio. Se sei uno studente di economia dovresti sapere a cosa mi riferisco e dovresti sapere, soprattutto, che i crediti assistiti da privilegio (ad esempio iscrizioni ipotecarie o trascrizioni di pignoramenti opponibili alla massa fallimentare) vengono soddisfatti, indipendentemente dalla loro entità, per primi ed in via, per l'appunto, privilegiata in rapporto a quelli non assistiti da privilegio (chirografari) o assistiti da privilegio di rango inferiore.
Tuttavia lo Stato cattivone, fortunatamente, pone i crediti dei dipendenti prima di tutti (se non si considerano le spese di giustizia e quelle in prededuzione) grazie a quanto stabilito all'interno dell'art. 2751 bis n. 1 codice civile da leggere, ovviamente, in combinato disposto con molti altri articoli. Ma ciò non basta. Infatti, come detto, dal Fallimento A srl non si ricava un centesimo di euro (o quasi) in quanto, esaminata la situazione contabile della società, il Curatore presto si accorge che l'attivo da spartire copre solo le spese in prededuzione e, a malapena, i crediti dei dipendenti (grossomodo per un 5% dell'intera massa). E a quel punto che si fa?
In un sistema interamente gestito dal privato, non vi sarebbe speranza per quei lavoratori. In un sistema sorretto da uno Stato Sociale, invece, è previsto l'intervento del fondo di Garanzia INPS (a volte ritornano, guarda un po' ...

) in grado di soddisfare il credito (almeno in parte) derivante dagli stipendi non percepiti negli ultimi 90 giorni del rapporto di lavoro (fatte salve alcune eccezioni) ed il
100% del TFR dovuto. Tutto ciò grazie ad oneri (tra l'altro proprio in ambito di previdenza complementare) posti a carico di chi fa impresa e che il datore di lavoro, con estrema gioia, eviterebbe di sborsare qualora il giocattolo passasse, interamente, nelle mani del "settore privato" e da questo fosse interamente regolamentato.
Se non ci fosse lo Stato (e lo stato sociale rappresenta una sfaccettatura della più ampia definizione di Stato) non vi sarebbe, per i lavoratori, quella garanzia che, oggi, sta dando respiro a molti padri e madri di famiglia che hanno perso il posto di lavoro. In un ragionamento del genere, infatti, puoi inserire tutte le forme di ammortizzatori sociali oggi esistenti e che, in qualche modo, vengono finanziati.
Se i contributi fossero versati, interamente, a favore di un fondo pensione privato, questo non avrebbe alcun obbligo di garanzia nei confronti degli investimenti fatti dal lavoratore. Contrattualmente potrebbe essere istituita la figura di un fideiussore, o di un garante ma, a conti fatti, nessuno garantirebbe in caso di conclamata insolvenza dell'intero sistema (e quindi, oltre agli stipendi ed al TFR, al povero lavoratore di cui all'esempio mancherebbe pure la pensione).
Se un obbligo di garanzia fosse istituito, infatti, non si potrebbe - per logica - prescindere da un intervento pubblico in quanto un privato, piaccia o non piaccia, ha anche "il diritto" di fallire e di non far fronte, se impossibilitato (e se un privato non ha più soldi non può, certamente, mettersi a stampare moneta), alle proprie obbligazioni (con tutte le conseguenze del caso). D'altro canto, con l'intervento dello Stato si tornerebbe a parlare di "inopportuna ingerenza e coercizione" di quel pubblico che, insensatamente, mette al buon privato i bastoni tra le ruote ... .
Dunque, @
Stau, che si fa in situazioni simili? Si fa rientrare dalla finestra ciò che prima, senza considerare tutte le variabili in gioco, si era fatto uscire dalla porta? E chi finanzierebbe?
E si badi che un esempio simile, per quanto semplificato, può essere esteso ad una casistica estremamente ampia.
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