Participio passato di dirimere

**Valeloco** · 17/04/2007, 09:54

Originariamente Scritto da Gianluca Musto

Per quel che so diritto è il suo part.passato.

Toh, Accademia della Crusca... se non lo sanno loro

!

http://www.accademiadellacrusca.it/f...4013&ctg_id=93

Ti riporto il pezzo.

Dirimere: passato remoto io dirimei/dirimetti, tu dirimesti, egli dirimé/dirimette, noi dirimemmo, voi dirimeste, essi dirimerono/dirimettero; participio passato non in uso.

**Thor** · 17/04/2007, 09:55

Diritto è part passato di dirigere, non dirimere.

**FunMBnel** · 17/04/2007, 09:57

Originariamente Scritto da Thor

Diritto è part passato di dirigere, non dirimere.

Di dirigere non è diretto?

Comunque per cotanta questione direi che il caso di scomodare il grande capo Estiquatsi ....

**Valeloco** · 17/04/2007, 09:59

Originariamente Scritto da Massimo Bassini

Di dirigere non è diretto?

Comunque per cotanta questione direi che il caso di scomodare il grande capo Estiquatsi ....

Confermo, è diretto . Non fateci caso, i verbi mi appassionano!

**Tex** · 17/04/2007, 10:12

Originariamente Scritto da Thor

Diritto è part passato di dirigere, non dirimere.

ops...

vero

**Tex** · 17/04/2007, 10:13

Originariamente Scritto da Gianluca Musto

ops...

vero

aggiungo..che scemo..

**inocs** · 17/04/2007, 10:23

Originariamente Scritto da Gianluca Musto

aggiungo..che scemo..

Gianlù, e meno male che lo avevo specificato nel primo post

Originariamente Scritto da Za

Serata noiosa, eh?

Affatto.

**NoSync** · 17/04/2007, 15:40

Originariamente Scritto da Gianluca Musto

aggiungo..che scemo..

Va che io scherzavo, eh?

**Thor** · 17/04/2007, 15:47

Frank Gòdel dell'università di Francoforte dice quanto segue:

"... ed è pertanto possibile che il verdo dirimere non abbia un participio passato. Tra l'altro, a me che sono tedesco, non potrebbe fregare di meno. E non so quanti italiani comunque usino tale verbo".

La lucida analisi del dott. Gòdel viene fatta in virtù del principio cosiddetto "del meno sbattimento possibile", teoria alla cui base (appoggiata tra l'altro dagli esimi professori R. Cazzuti e G. Couloh) vige la convinzione secondo cui è inutile farsi troppe beghe su questioni futili.