PER ZAPATERO quella del dieci marzo è stata la classica vittoria di Pirro. Gli sono mancati sette seggi per toccare il cielo della maggioranza assoluta (ne ha conquistati 169 gliene servivano 176) e ora è costretto a governare implorando di volta in volta l’aiuto dei nazionalisti catalani di Convergencia I Uniò (10 seggi) e dei baschi del Pnv (6 deputati). La conferma più plateale è stata proprio il voto con quale ieri il Parlamento gli ha concesso la fiducia. L’investitura è arrivata solo al secondo turno e a maggioranza relativa, 169 sì, 158 no e 23 astenuti. In questa pattuglia c’erano sia Izquerda Unida, la sinistra estrema, sia i nazionalisti catalani e baschi. Che ora si trovano nell’invidiabile condizione di poter contrattare di volta in volta il loro assenso. I supporter di Zapatero sottolineano, speranzosi, che il Pnv e Convergencia i Uniò sono i "moderati" del campo autonomista. Il premier nella scorsa legislatura si era già appoggiato, occasionalmente, a queste due formazioni. Le urne le hanno penalizzate.
I catalani sono rimasti inchiodati a dieci seggi. I baschi ne hanno perso uno, calando da sette a sei. La trattativa con i terroristi dell’Eta è miseramente fallita. Convergencia i Uniò e il Pnv ora possono essere sospinti sulla strada di un consenso sempre più costoso. Per il premier Jorge Luis Zapatero si profila una vita grama, una navigazione a vista che richiama le ambasce quotidiane vissute in Italia da Romano Prodi.
Il vincitore delle elezioni spagnole lo sa e ha scelto la strada più logica. Al capo dell’opposizione, il leader del Partido Popular Mariano Rajoy forte di 154 deputati, ha offerto larghe intese, che a Madrid si chiamano "patti di stato", sulla lotta all’Eta, sulla politica estera, sulla giustizia e sull’assetto delle istituzioni. Il capo dell’opposizione ha già accettato. In fondo non ha niente da perdere. Il vero mal di testa del suo avversario sarà l’economia. Dopo un decennio spumeggiante l’edilizia è entrata nel tunnel della crisi.
Il Fondo monetario internazionale ha ridotto all’1,8 per cento la stima di crescita del Paese nel 2008 . Per noi sarebbe una manna. Per gli spagnoli è una vera débacle.
di LORENZO BIANCHI
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