24 maggio 2006
Moggiopoli, provincia d' Italia
M oggiopoli funzionava così. Il campionato veniva controllato passo passo: dalla campagna acquisti al gol annullato all' ultimo minuto, al fuorigioco non visto al cartellino rosso dato o non dato a seconda del grado di protezione di cui godeva il giocatore coinvolto. I controllori erano, in parte, quelli che sono emersi dalle intercettazioni, Luciano Moggi su tutti. Lui tesseva, infaticabile, le fila di designatori compiacenti di arbitri compiaciuti, dispensava tramite loro favori alle squadre amiche e dispiaceri a quelle ribelli, gestiva insieme al figlio le preziose pedine del gran gioco, cioè calciatori, allenatori e in qualche caso presidenti di società, attraverso un' organizzazione, la Gea, che era molto ma molto di più di un' agenzia di procure sportive. Moggi poteva fare tutto questo perché era bravissimo e perché, sopra di lui, qualcuno glielo permetteva. Sopra di lui, oltre al «non vedo, non sento» dei vertici più o meno istituzionali dello sport (dal Coni alla Federcalcio alla Lega), oltre al capo diretto Antonio Giraudo, c' era, a mo' di scudo spaziale, l' interesse congiunto e convergente delle grandi (Juve, Milan, Inter) a spartirsi in fette molto diseguali la ricca torta dei diritti televisivi: alle grandi i pezzi più grossi, alle altre il pur cospicuo resto. Al di là delle risorse proprie delle singole società e dei singoli presidenti, quei soldi facevano e fanno la differenza in termini di acquisti di fuoriclasse, ingaggi, qualità e quantità della rosa. Mantenere intatti questi criteri di spartizione significava e significa conservare la primazia, e quindi la differenza col resto del gruppo. Niente di illegittimo, molto di opinabile sul piano del buon funzionamento del mercato, specie un mercato come quello del calcio che si fonda sulla relazione (senza i medi e i deboli, con chi giocano i forti?). Tornando alle leggi in vigore a Moggiopoli, se qualche società esclusa dal tavolo dell' eccellenza reclamava un trattamento più equo, ci pensava appunto il sistema Moggi a convincerla, con le buone o con le cattive, a rientrare nei ranghi. Dei metodi per farlo sono piene le pagine dei giornali delle ultime settimane. C itavamo l' Inter, e spieghiamo perché. Vero che, a differenza di Milan e Juve, i nerazzurri in questi anni di calcio manipolato hanno vinto ben poco, e molto probabilmente si sono anche tenuti lontano dai traffici. Però, sulla partita più importante, quella del potere vero che discende dai soldi veri delle tv, l' Inter ha marciato allineata e compatta con Juve e Milan, salvo poi trovarsi, per il piacere dell' onestà, abbandonata a se stessa, quando non danneggiata, sul piano pratico della gestione di partite e scudetti. I risultati di questo blocco di potere sono campionati su campionati senza storia, chiusi prima ancora di cominciare, dove chi è fuori dal giro che conta può al massimo dannarsi per un posto, l' ultimo disponibile, in Champions League. Con buona pace di quell' elemento indispensabile, in ogni competizione sportiva, ma non solo, che è l' imprevisto, la sorpresa, la possibilità non solo teorica che Davide batta Golia. Improvvisamente, però, quasi di schianto, il castello crolla, e da dietro le mura emergono le voci dei tanti che hanno dato una mano, e la loro coscienza, a edificarlo. Sono voci grottesche, volgari, proterve, impunite, arroganti. Sono le voci dei manovali della grande truffa del calcio, la più grande di sempre. Mancano, e continueranno a mancare, i pensieri di chi questa truffa l' ha organizzata, l' ha consentita, l' ha aiutata a crescere, più o meno consapevolmente. E mancano le voci forti dei personaggi che sono un riferimento per chi ama lo sport: i Lippi, i Capello, i Del Piero, i Cannavaro. Che ne pensano di quello che sta emergendo? Si sono mai accorti di nulla? E anche se fosse: non trovano doveroso, adesso, prendere apertamente le distanze (come ha fatto per esempio Paolo Maldini) dall' andazzo che ha, tra l' altro, impedito il libero e civile svolgimento della loro professione? Restiamo in attesa, pallidamente fiduciosi. Molti in compenso cominciano a dire, a neanche un mese dalla scoperta di Moggiopoli, e con le indagini della magistratura ancora in pieno svolgimento, che è ora di guardare avanti, che il calcio deve riprendersi dallo choc, che i Mondiali si avvicinano e bisogna concentrarsi sugli azzurri... Quanta fretta! Piuttosto, questa sembra ancora l' ora, invece di guardare avanti, di guardare dentro a quello che è successo, non foss' altro come risarcimento per milioni di tifosi umiliati nella loro genuina passione. Moggiopoli è stata appena scoperta e c' è già in giro una gran voglia di seppellirla. Dovesse succedere, dovessero avere la meglio le astute saggezze di quelli che «basta giocare allo sfascio», il calcio italiano perderà l' ultima buona occasione per tornare ad essere uno sport, e quindi un piacere. Ci sarà tempo e modo per pensare a una via d' uscita (retrocessioni, scudetti cancellati, penalizzazioni). Al momento, la partita è ancora al primo tempo. E la vera posta in gioco è solo apparentemente di poco conto: la riconquista della decenza. Non siamo davanti, come in passato, a una singola squadra che ha trasgredito le regole. Non siamo davanti, come in passato, a un gruppo di giocatori tentati da guadagni supplementari. Siamo davanti a una crisi così spaventosamente profonda da provocare, per incidenza, una caduta in Borsa di 5 punti della Fiat in pieno rilancio solo perché l' azienda torinese viene assimilata al buco nero d' immagine che si è creato intorno alla Juventus. Del tutto impropriamente, come sostiene Marchionne, l' amministratore delegato che sta portando la più grande azienda italiana fuori dal tunnel: «Noi con la Juve non abbiamo niente a che fare». Ma tant' è: l' onda lunga di Moggiopoli, se trattata come uno scaldaletto sportivo risolvibile con la cacciata di un paio di furbacchioni, minaccia di fare danni incalcolabili. La riconquista della decenza passa anche dalla consapevolezza che pochi, molto pochi, nella stanza dei bottoni dello sport possono adesso concedersi il lusso di dire: io non c' entro. E dopo uno sbrigativo esame di coscienza, trarne le conseguenze. 416 le telefonate al giorno che in media riceveva/effettuava Luciano Moggi. Sono circa 100mila le chiamate intercettate dai carabinieri. Dieci gli operatori all' ascolto dei sei telefoni di Moggi (2 utenze sono schede di origine slovena). Otto i mesi «registrati», da novembre 2004 a giugno 2005 TRILLO Luciano Moggi e il telefonino (OMEGA) 6 gli anni trascorsi da Paolo Bergamo e Pier Luigi Pairetto nel ruolo di designatori arbitrali. Il 27 luglio 2005 il Consiglio federale ha deciso di tornare al designatore unico (Mattei). Addio urne e imbrogli. Sì, perché i carabinieri hanno scoperto che i sorteggi per le designazioni degli arbitri erano truccati (ma va?? e il processo come mai ha dimostrato il contrario???) PESCA E Paolo Bergamo al sorteggio (ARCIERI) 41 gli indagati dalla Procura di Napoli. L' ipotesi di reato per Moggi e altre 12 persone è di associazione a delinquere e frode sportiva. Coinvolti 9 arbitri e 11 guardalinee. Secondo gli inquirenti il campionato 2004-2005 è stato falsato, 21 le partite nel mirino. Per Moggi anche peculato e sequestro di persona GIALLO L' arbitro Massimo De Santis in azione (AP)
Verdelli Carlo (che ai tempi era DIRETTORE del giornale). ragazzi, DIRETTORE...e ha scritto queste baggianate!!
Stazione meteo: Davis Vantage Vue; Luogo: Molino del Piano, 12 km a NE di Firenze; Alt.: 120 m; Sito web: www.firenzemeteo.it
Personalmente la prescrizione non mi interessa minimamente: non e', infatti, che passando gli anni le eventuali (ripeto: eventuali !) colpe vengano per cosi' dire....cancellate !
Al limite non sono piu' punibili, questo si, ma il fatto rimane indelebile, fisso: purtroppo anche nella giustizia ordinaria, da tempo, si tende quasi a concepire come innocenza il fatto di ricadere nella prescrizione del reato (reato, appunto...), ma questo e' tutt'altro discorso, meglio manco iniziarlo va'.....![]()
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24 giugno 2006
Come funzionavano le cose a Moggiopoli
Non è la cupola di San Pietro né la Mole Antonelliana. E lassù in cima, a contatto col cielo, non trovi nulla che odori di paradiso, ma una assai improbabile Madonnina con le cupe sembianze di Luciano Moggi. Da tempo parliamo di questa combriccola del calcio prepotente e disonesto, ma a vederla descritta ieri sui giornali in un ufficiale atto d' accusa, ben dettagliata, con nomi, cognomi, facce e ruoli, ci ha fatto davvero una sinistra impressione. SCONFITTA In fondo, penso, è anche una nostra sconfitta. Abbiamo gridato al vento, abbiamo abbaiato alla luna come fanno i cani di notte. La losca trama veniva fuori, il gran ciambellano era ben conosciuto e questo sarebbe bastato per lanciare un' azione repressiva seria, non di comodo come tante ne abbiamo viste. Ma la cupola no: la nostra spinta accusatoria non è mai arrivata a immaginare qualcosa di così bene organizzato, dove la frode sportiva era il lievito di ingenti interessi economici. Che fortuna avere due dirigenti come Giraudo e Moggi. Nulla di meglio in Europa. Umberto Agnelli che li scelse fu considerato dal popolo juventino l' artefice di una svolta. Al diavolo la Juve romantica, bonipertiana e non più vincente. Sono arrivati i due maghi: affari e vittorie. Campionissimi che adesso passano alla storia per aver fatto sprofondare la Juve non solo in serie B, ma in una vergogna difficile da cancellare. Il mio primo contatto con Giraudo fu uno scontro da scintille: «I soldi del Totocalcio sono tutti del calcio, non daremo più una lire al Coni». Questo approccio padronale durò poco. Giraudo venne respinto. Gli affari della Juve decollarono, i bilanci diventarono opere d' arte. Al resto, pensava Moggi: che esisteva già prima con tutta la sua spregiudicata forza inquinante, ma un Moggi con la Juve alle spalle saliva di dieci gradi. Diventava una potenza. E tale è stato: juventino e polivalente. Gli arbitri erano già la sua passione. Ne è diventato il gestore occulto, con la piena collaborazione dei loro capi: prima Baldas, poi Bergamo e Pairetto, con Lanese testimone silenzioso, senza occhi per vedere e orecchie per ascoltare. Lo scandalo Baldas, con 5 arbitri sotto inchiesta, non servì a nulla. Saltò Baldas, ma il sistema venne addirittura perfezionato. PADRONE Moggi, con Giraudo a fianco, entrava da padrone dovunque: Lega, Federazione, società collegate, giustizia sportiva. I due erano anche i registi di ogni tipo di elezione. Carraro è rimasto in piedi grazie al loro sostegno. E Galliani è inutile che prenda adesso le distanze denunciando un «sistema Juve» dal quale anche il Milan sarebbe stato danneggiato. Eh no, caro Adriano, senza la sua alleanza affaristica, il suo cieco sostegno, questo «sistema Juve» non sarebbe mai esistito. Non solo: la coppia Giraudo-Moggi ha un padrino di battesimo che si chiama proprio Galliani. Le sue dimissioni dalla Lega dopo il tenue deferimento erano un gesto inevitabile. Sarebbe stato elegante compierlo prima. Quanto a Carraro, anche lui nel mazzo dei deferiti, vedo quarant' anni di milizia sportiva che si consumano ai margini di una storia indecente. Non entro nel merito delle sue specifiche responsabilità, ma una sola cosa non gli perdonerò mai: aver tenuto uno come Mazzini, al suo fianco, da vicepresidente, con delega per la Nazionale. Leggete gli atti della cupola, vedete quale sensale della frode è stato questo Mazzini e poi, se vi riesce, pensate con raccapriccio a chi ha rappresentato l' Italia nel mondo. Misura precauzionale: pillole anti nausea.
Cannavo' Candido
Bergamo uno e trino: l'ex designatore esce peggio dalle nuove intercettazioni
di Franco Ordine
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Nei colloqui inediti con gli esponenti dell'Inter invita Facchetti per una cena a casa sua, con Moratti è premuroso e gli anticipa l'invio di Gabriele arbitro, con Galliani si confessa sotto choc a causa della sconfitta contro la Juve. É la conferma che quel calcio era molto malato
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Risulta molto divertente la lettura delle intercettazioni che a puntate escono dal faldone in possesso degli avvocati di Moggi impegnati nel processo penale di Napoli. L'intento è quello di dimostrare un teorema che piace tanto agli juventini di tutto il mondo riuniti sotto le bandiere di Lucianone: così facevano tutti. Con una piccola distrazione, quella per esempio commessa dall'ex arbitro De Santis il quale è pronto a giurare «siamo tutti innocenti» con un eccesso di entusiasmo ingiustificato. Tutt'al più si può convenire sul contrario: e cioè che sono tutti colpevoli, a vario titolo naturalmente, anche coloro rimasti indenne dalla prima ondata di squaslifiche e penalizzazioni.
La figura di Paolo Bergamo, ex arbitro internazionale, quindi designatore in condominio con Pairetto, è quella che esce peggio dalle recenti pubblicazioni. É infatti sempre lui al centro del traffico telefonico. Verissimo che intrattenesse rapporti con tutti i dirigenti delle società visto che gli si rivolgevano Facchetti e Moratti per conto dell'Inter, Cellino per conto del Cagliari, Galliani e Meani del Milan, non solo Moggi, i fratelli Della Valle, Carraro. Ma è altrettanto vero che le espressioni usate dal designatore non sono tipiche di un dirigente che dovrebbe avere a cuore la terzietà del proprio ruolo e in particolare governare l'autonomia del settore arbitrale. Prendiamo per esempio i colloqui con Facchetti: tra i due viene concordato una cena privatissima a casa di Bergamo in occasione di una trasferta dell'Inter a Livorno. Si capisce più tardi che è Moratti l'invitato, il quale a sua volta chiede a Bergamo di farsi vivo dalle parti di Forte dei Marmi, se può (ma il designatore è impegnato in un raduno a Coverciano e quindi devono soprassedere,ndr). In un altro colloquio molto affettuoso Bergamo anticipa al telefono al patron neroazzurro l'invio dell'arbitro Gabriele per una partita di coppa Italia torneo per il quale non è previsto sorteggio come se gli mandasse un mazzo di fiori a casa per la signora.
Ancora più divertenti sono le espressioni usate nei confronti di Galliani, a cui Paolo Bergamo chiede addirittura sostegno morale «perchè sono solo» per poi passare a una confessione choc, «in famiglia siamo traumatizzati» e il riferimento è all'esito di Milan-Juve dell'8 maggio, 0 a 1 con gol di Trezeguet, arbitro Collina mentre il dirigente rossonero ammette che «se non avessimo perso con la Juve avremmo potuto vincere con il Lecce» prima di concludere con un «adesso concentriamoci su Istanbul», la finale di Champions con il Liverpool.
Basterebbero queste trascrizioni per dimostrare, da sole, senza tutte le altre che hanno dato vita a "calciopoli", che quel calcio era malato, molto malato, che gli arbitri erano stati trascinati su un pendio pericoloso dagli stessi difensori della loro autonomia e che pertanto solo un "repulisti" avrebbe potuto garantire una maggiore affidabilità complessiva.
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chiudo, per il momento, con questa massima...
27 giugno 2006
«Scudetto all' Inter Discorso corretto»
VENEZIA - «Sono d' accordo con Massimo Moratti: è uno stimolo per chi si è comportato correttamente. Non ci sono precedenti che facciano testo se non quelli dei giochi olimpici e delle gare internazionali dove, se uno è dopato, viene squalificato e il secondo diventa primo». Marco Tronchetti Provera, uno dei maggiori azionisti dell' Inter, condivide l' auspicio del patron nerazzurro di attribuire gli scudetti dopo la tempesta Moggiopoli. «La riflessione di Moratti - ha aggiunto - è che, essendo state alterate le regole del gioco, siano applicate le regole dello sport. Mi sembra una cosa di buon senso e giusta anche per i tifosi, perché se la loro squadra si è comportata in modo corretto viene premiata».
A Diretta Stadio, Elio Corno: "Calciopoli è una Farsa, è stata creata solo per colpire la Juventus"
"Calciopoli è stata una farsa!! Mi vergogno delle dichiarazioni fatte a suo tempo sullo scudetto degli onesti. E' stata una cosa ignobile colpire solo una società, quando si sapeva che erano tutte. La responsabile di ciò è la Figc..."
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Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
"We are all star people, from the dust we came and to the dust we shall return. So let's celebrate Love. Ciao Mamma.
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