Singolari coincidenze: Narducci il pm del processo di Napoli, insieme a Zanetti, capitano dell'Inter, con il condimento della Gazzetta dello sport.
Sono diventato un complottista doc.
"Il Mondiale della Vergogna"
Zanetti ricorda e racconta
L'incontro tra il capitano dell'Inter e il p.m. di Calciopoli Narducci è diventato un documentario, per riflettere e non dimenticare tutto quello che è stato nascosto dietro al Mondiale del '78. Oggi a Roma la presentazione del libro
ROMA, 27 maggio 2010 - Metti un Mondiale, un'Argentina vittoriosa e un dietro le quinte feroce, un libro, un magistrato che lascia per un momento Calciopoli e si occupa di storia sudamericana, un capitano che è reduce da una stagione in cui ha vinto tutto quello che c'era da vincere. Mescolate bene e ne viene un incontro sul lago di Como, parlando di quei giorni. Giorni in cui Javier Zanetti non aveva compiuto 5 anni e il pm napoletano Giuseppe Narducci era ancora uno studente. Giorni entrati però nella memoria del calcio e della storia, in Argentina e non solo. Il punto di partenza del colloquio è "Il Mondiale della Vergogna", il volume di Pablo Llonto, prime esperienze giornalistiche nella copertura dell'Argentinos Juniors, la squadra in cui militava Diego Maradona agli esordi, proprio negli anni bui dei 30 mila desaparecidos.
l'incontro — Narducci ha scritto la prefazione del libro di Llonto e l'editore Alegre ha voluto organizzare un incontro, con la regia di Gianni Cipriani e di Globalist, che è diventato un piccolo documentario. La prima, oggi a Roma, alle 17.30, a Palazzo Valentini, nella sala Di Liegro della Provincia. Con Narducci, ci sarà anche Gianni Minà, il regista Stefano Incerti e l'autore Pablo Llonto. Gazzetta.it anticipa qualche momento dell'incontro.
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Eccolo, the pink prophet!!
Aveva il dono della pre-veggenza.
22 aprile 2006
Ricucci del pallone attenti all' estate
L' Italia è il Paese delle intercettazioni telefoniche. Ne sanno qualcosa gli ambienti bancari, chiedere per informazioni a Fazio, Consorte, Fiorani e a tutti coloro che sono stati a diverso titolo coinvolti nei mesi scorsi in quelle più o meno note vicende. Ne sa qualcosa, in tempi recentissimi, Stefano Ricucci, l' imprenditore supertifoso della Lazio, che per qualche telefonata di troppo messa a verbale si ritrova da martedì scorso recluso nel carcere romano di Regina Coeli. Lo sport, per ora, è rimasto ai margini di questo tipo di imbarazzanti situazioni: c' è finito dentro l' anno scorso il Genoa, per via delle registrazioni che hanno incastrato il presidente Preziosi (a proposito: i tempi della sentenza Ghomsi sono stati semplicemente scandalosi e la federazione in materia non ha giustificazione alcuna), ma si trattò tutto sommato di una vicenda assai circoscritta. Un classico caso di illecito sportivo, non tale da mettere a rischio tutto il sistema del calcio italiano. Il quesito è il seguente: che cosa potrebbe accadere se invece, magari a campionato concluso, nella quiete che precede la grande kermesse dei Mondiali, spuntassero fuori dei bei fascicoloni che ci raccontano di questa e quella telefonata, di come il calcio viveva la sua quotidianità, non il secolo scorso ma appena un anno fa? Sia chiaro, non si tratta necessariamente di scoperchiare chissà quale pentola maleodorante, di scoprire veri e propri reati sportivi. Uno «spaccato» di un certo mondo di vivere il calcio tra prestigiosi addetti ai lavori potrebbe anche bastare (e avanzare) per rendere la prossima estate, destinata a essere priva dei tradizionali gialli finanziari relativi alle iscrizioni ai campionati, comunque rovente. Fantacalcio? Nel dubbio, suggeriamo alla Federcalcio e al Coni di attrezzarsi per ogni evenienza. Sarebbe infatti disdicevole scoprire che tutti sapevano tutto. E che nessuno s' era mosso (oltre il minimo indispensabile), nella speranza che certe marachelle restassero chiuse nei cassetti di qualche Procura. In talune circostanze, spalancare le finestre può essere molto più utile che ostinarsi a tenerle serrate. Ps. Avviso ai naviganti. D' ora in avanti, al posto dei subdoli cellulari, si suggerisce il ritorno ai vecchi e cari pizzini.
Palombo Ruggiero
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Emilio Cambriaghi nel 2006 scrisse un manuale di auto-difesa juventino.
Lo so, è un super-gobbo.
Ma argomenta a dovere.
Buona lettura.
Calciopoli: basta favole, è tempo di fatti
Emilio Cambiaghi
Lunedì 12 Aprile 2010 21:43
Ora basta. Chi scrive ha sempre cercato di argomentare ogni più piccola questione, ogni minima sfaccettatura riguardo a quanto accaduto dal 2006 ad oggi. Ma adesso è arrivata l’ora di posare i calamai e di dare battaglia. Una battaglia di consapevolezza, cui faccia seguito una ferrea presa di posizione. Le nuove intercettazioni che stanno nuovamente scuotendo il mondo del calcio hanno aperto una voragine nelle coscienze di coloro che hanno voluto far passare una vergognosa menzogna per indiscutibile verità. Le penne reazionarie si sono già mosse per dare una nuova inquadratura alla situazione e stanno cercando di far passare l'idea della revoca dello scudetto all'Inter come eventualità sufficiente per rimettere tutto a posto. Continuano a dire che esisteva un Sistema Moggi, che “quello che ha fatto la Juve è sotto gli occhi di tutti”, che “ci sono stati fatti gravissimi che hanno portato ad una giusta condanna”. No, le cose non stanno così e non accettiamo nemmeno la logica del tutti innocenti o tutti colpevoli.
I colpevoli ci sono, ma sono altri.
Non esiste nessuna intercettazione di Luciano Moggi con un arbitro, non esiste nessuna richiesta di favori da parte di questi a chicchessia, non esiste – e fatevene una ragione – nulla di nulla. Luciano Moggi è stato intercettato, pedinato, umiliato e fatto a pezzi in ogni modo possibile e la prova massima della sua colpevolezza è risultata essere una discussione sulle griglie con il designatore Bergamo. Consuetudine che, apprendiamo ora, era ben gradita a tutti e praticata da certuni con una malizia sconosciuta persino a chi è stato per anni additato come causa suprema di ogni male del pallone.
E non vi era neanche un sistema diffuso, il cosiddetto illecito strutturato. No signori, anche questa è una favola, un raccontino della buonanotte. E a svegliare i sognatori non siamo stati noi, partigiani dell’opinione, ma i testimoni del processo penale che si sta svolgendo a Napoli.
Come può essere credibile un’indagine indirizzata a senso unico, condotta con fretta e superficialità, incentrata sui riassunti della Gazzetta dello Sport, con inquirenti che non si sono neppure degnati di guardare le partite, di verificare se le loro accuse potevano essere dimostrate, che non hanno voluto investigare (“L’Inter non ci interessa” cfr. deposizione di Rosario Coppola), che hanno sbandierato ai quattro venti che “piaccia o non piaccia” non esistevano altre telefonate all’infuori di quelle dei dirigenti già sotto accusa?
Niente di tutto questo può essere credibile.
E smettiamola con le solite accuse, più volte smentite, persino dalle stesse sentenze sportive.
Le ammonizioni pilotate non esistono, è una fantasia costruita nella testa di Leonardo Meani nei suoi colloqui telefonici con i guardalinee Copelli e Puglisi, e immediatamente presa per buona: nell’anno oggetto di indagine la Juventus ne ha totalizzate 17, a livello delle altre grandi (le stesse dell’Inter), e ben sotto il primo posto dell’Atalanta. Dieci di queste sono, per giunta, arrivate da arbitri considerati estranei alla cosiddetta Cupola. In un’intercettazione il giornalista Tony Damascelli informa Luciano Moggi delle sanzioni comminate a Nastase, Petruzzi e Gamberini (quest’ultimo nemmeno in diffida) in Fiorentina-Bologna, ma Moggi, stupito, dimostra di non conoscere nemmeno chi fossero i diffidati della gara in questione. Mai, da nessuna parte, si sente o si legge Luciano Moggi chiedere esplicitamente di comminare sanzioni fraudolente. Ed è una leggenda anche la telefonata, imputata a Giraudo, nella quale si ascolta “Se l’arbitro è sveglio ci dimezza l’Udinese”. La conversazione infatti è successiva di un’ora all’incontro Udinese-Brescia dove fu, in maniera assolutamente corretta, espulso il friulano Jankulovski.
E chiariamolo una volta per tutte, i sorteggi erano regolari. Ogni sorteggio si svolgeva in presenza di un notaio e l’estrazione della pallina con il nome dell’arbitro era affidata ad un giornalista ogni volta diverso, che estraeva dopo che Pairetto aveva aperto la pallina contenente la partita da assegnare.
Questa circostanza è stata più volte spiegata, persino dall’Unione Stampa Sportiva (comunicato del 15 maggio 2006) e dalle sentenze sportive, che non prendono in considerazione questo ridicolo capo d’accusa per motivare la condanna. Persino Mazzei, in una delle nuove telefonate, cerca di convincere Facchetti che non c’è nulla da fare, anche se si vuole - come l’ex presidente interista desidererebbe - manipolarlo.
Moggi conosceva prima i nomi degli arbitri e dei guardalinee? Bugia. Bugia enorme. Veniva avvisato solo dopo l’avvenuta designazione, anche se in anticipo rispetto alle comunicazioni ufficiali agli organi di stampa. Ma c’era chi veniva a conoscenza delle stesse ben prima del DG juventino. Leonardo Meani, ad esempio, come dimostrano gli sms portati dalla difesa al processo di Napoli. E lo stesso Facchetti, che veniva informato, addirittura un giorno prima, su chi fossero i guardalinee di Inter-Juventus. Non di una partita qualsiasi…
E finiamola con la storia di Paparesta chiuso nello spogliatoio. La vicenda è stata innumerevoli volte chiarita dall’arbitro stesso e archiviata dalla Procura di Reggio Calabria.
Moggi poteva decidere le sorti degli arbitri? Altra gigantesca menzogna.
Moggi minaccia di far sospendere Paparesta che, invece, arbitra regolarmente già dalla giornata successiva. Anzi, è vero il contrario. Questo dichiara Pairetto di fronte al giudice Casoria: “Chi ha danneggiato la Juve e' tornato subito ad arbitrare, chi l'ha favorita viene sospeso per due mesi e mezzo”. Come nel caso di Racalbuto, dopo Roma-Juventus.
Moggi controllava De Santis?
Ridicolo. Nell’anno indagato è l’arbitro con cui la Juve ha ottenuto la media punti più bassa (1,4). Così il compianto Giorgio Tosatti in una telefonata Moggi del 20 aprile 2005: “Ormai gli arbitri ti pisciano addosso a te. Ieri l’ho detto, ho detto ieri in Federazione: avete fatto apposta a mandare De Santis perché vada in culo alla Juve”. E Moggi risponde: “Con quest’anno, tra Palermo, Parma e questa qui, ci costa tranquillamente sei punti. Ci ha creato mille problemi in questo campionato. Se noi perdiamo il campionato uno degli artefici è lui perché c’ha dato troppo contro”. Recentemente è stato poi dimostrato con chi in realtà intrattenesse rapporti amichevoli l’arbitro romano, con Giacinto Facchetti.
E prima che qualcuno obietti, parliamo subito delle schede, delle famosissime schede svizzere.
Lo sanno i signori che commentano il pallone che, in un processo penale, la prova si costituisce in dibattimento?
Questa, quindi, è una prova ancora tutta da dimostrare. Nella realtà, fino ad ora, sono emersi solo elementi ampiamente favorevoli alla difesa. La scheda a Paparesta è un falso, era di suo padre. Quelle di Cassarà e Gabriele (che mai avevano arbitrato la Juventus nelle stagioni 2004/05 e 2005/06), false pure quelle: assolti dalla giustizia ordinaria il 18 gennaio 2010. Gli schemini con le ricostruzioni delle chiamate effettuate sono stati definiti dal Maresciallo Di Laroni, che svolse queste indagini, “presumibili”, senza contare innumerevoli errori nell’assegnazione delle celle, con arbitri da tutt’altra parte al momento delle chiamate loro imputate.
A farsi benedire anche la scheda ritenuta essere in possesso di De Santis, come lo stesso arbitro dimostrerà al processo: “Mi viene attribuita una scheda svizzera tra il 7 gennaio e il 28 marzo ma essendo io uno degli organizzatori della cupola, mi sembra strano che potessi averla solo in quel periodo. Io non l’ho mai posseduta né usata, in quel periodo stavo facendo un corso come vicecommissario di polizia penitenziaria, lo frequentavo tutti i giorni e ho portato le prove. In molti degli orari in cui mi viene attribuito l'uso della scheda svizzera ero a scuola a frequentare il corso”.
E che dire del fatto che la Juventus, con i cosiddetti arbitri “svizzeri” avesse una media punti inferiore a quella di Milan (2,08 a fronte di una media campionato di 2,07) e di Inter (1,9 su media totale di 1,89). La Juventus infatti totalizzò una media di 1,88 punti, a fronte di una media complessiva ben superiore: 2,26!!!
Allora dove sarebbe questa famigerata Cupola? Da quali elementi si può desumere che Luciano Moggi e Antonio Giraudo - lasciati soli a se stessi, senza nessuna stampa e televisione amica e senza il supporto della proprietà - controllassero le sorti del campionato italiano? Una tale ricostruzione della realtà può esistere solo nelle menti di chi voleva colpire un unico bersaglio e nelle parole di chi questa teoria ha sostenuto ed alimentato.
Perché, ad esempio, non è mai stata posta attenzione sui comportamenti delle squadre milanesi? Infatti non sono in nessun modo paragonabili i comportamenti dei dirigenti di Inter e Milan con quelli addebitati a Luciano Moggi. Certo, ma in peggio. Proviamo a fare chiarezza.
Non esistono intercettazioni tra Luciano Moggi e gli arbitri. Ci sono invece fatti incontestabili riguardo i rapporti intrattenuti da alcuni di questi con le squadre meneghine. Sono stati dimostrati gli stretti rapporti tra Giacinto Facchetti e l’arbitro Nucini, fischietto all’epoca in attività e oggi misteriosamente scomparso dai salotti televisivi che era solito frequentare. Sono stati dimostrati i rapporti dell’ex presidente nerazzurro con Massimo De Santis, proprio lui, l’arbitro sbeffeggiato e calunniato da tutti come asservito al potere moggiano. Con il fischietto di Tivoli Facchetti parla di Walter Gagg, il funzionario FIFA, già accusato di aver svolto compiti “in nome e in funzione dell’Inter”.
Laddove Luciano Moggi confrontava griglie arbitrali, Giacinto Facchetti cerca direttamente di bypassarle, alterando il sorteggio prima di Inter-Juventus del 28 novembre 2004:
Facchetti: «No, lì non devono fare i sorteggi, ci devono...».
Mazzei: «Come si fa, Giacinto, purtroppo ci vuole fortuna».
Facchetti: «Ma dai...».
Mazzei: «Ti dico la verità, qui un sorteggio lo fa un giornalista, devono studiare una griglia e le possibilità sono più alte»
Questo Luciano Moggi non l’ha MAI fatto.
Luciano Moggi non conosceva le designazioni un giorno prima delle partite, Moggi non falsificava passaporti (cfr. Oriali condannato dalla giustizia ordinaria) con il fine di rendere disponibile un calciatore che, altrimenti, non avrebbe potuto essere schierato. Così si falsano realmente i campionati.
Moggi non incontrava gli arbitri prima delle partite (cfr. Moratti che va a salutare Bertini prima di Inter-Sampdoria) e nemmeno durante l’intervallo (cfr. squalifica di Facchetti dopo Chievo-Inter del 2002/03).
Mai, nessun dirigente della Juventus F.C. si è permesso di far pedinare e intercettare illegalmente un suo calciatore e, men che meno, dirigenti di altre squadre, arbitri o esponenti della Federcalcio. Mai la Juventus, con un'azienda nell’orbita della sua proprietà, ha sponsorizzato il campionato italiano e la Coppa Italia (cfr. sponsor TIM su entrambe le competizioni).
Questa è la realtà dei fatti.
E il Milan? Sono loro che parlano con quasi tutti gli arbitri e i guardalinee! Sono loro che hanno il potere. Un proprietario Presidente del Consiglio e un Presidente che, all’epoca dei fatti, era a capo della Lega Calcio e gran cerimoniere dei diritti televisivi. Tre televisioni nazionali al servizio della loro verità, tre televisioni con le quali dire, non dire, omettere, stravolgere. Giornali, radio, siti internet e una valanga di opinionisti al servizio della loro versione dei fatti.
Ma tanto era la Juve che tramava a palazzo. Allora mi spieghino queste intercettazioni (già comprese nelle informative, ma mai considerate…):
Mazzini a Moggi, riguardo le prossime elezioni in Lega: “Con Cellino, mi dice Galliani, non ci sono problemi perché lo fa votare Berlusconi”.
Ghirelli a Mazzini, sempre a proposito di elezioni: “Galliani deve muoversi tramite Berlusconi” per “influenzare AN e compagnia”.
Mazzini a Moggi: “Comunque stamani io ho chiamato Galliani, gli ho detto: senti, stammi bene a sentire, dico, guarda, muovi anche i tuoi padrini politici, perché, che Zamparini è di AN e che voti per Abete è veramente una cosa che non… non esiste al mondo”.
Bergamo a Mazzini: “Gigi (Pairetto, ndr) risponde alla Sampdoria, al Milan, all’Inter, al Verona, al Vicenza, al Palermo, a tutti quelli dove ci sono grandi magazzini e lui ha bisogno di lavorare”.
Come mai avrebbero potuto due solitari dirigenti avversari mettere nel sacco un impero tanto grande? Infatti non poterono, perché tutto esiste solo nella mente di un personaggio con la strana e peculiare carica di “addetto agli arbitri”. Quel Leonardo Meani, credibile quando dice di difendersi dalla Juve, semplice co.co.co da rinnegare quando intrattiene rapporti di ogni tipo con la quasi totalità della classe arbitrale.
Non ci credete? Cominciamo da Collina, per il quale venivano organizzati incontri per conto di Galliani, nel ristorante di proprietà di Meani. Per di più nel giorno di chiusura, “così non ci vede nessuno”. Meani che gli augura di essere presto designatore, così “non ti chiamo più”, che gli rammenta quando lo aiutava nelle scelte “mi ricordo di quando avevamo posto il veto a Pisacreta” e che chiamava “il capo, il grande capo” per relazionare di questa sua bellissima amicizia con l’arbitro viareggino.
No, queste cose Moggi non le faceva.
E che dire del guardalinee Puglisi, definito da Babini, altro guardalinee “Puglia, l’ultrà del Milan”. Prima del derby di Champions, Puglisi chiama l’amicone: “L’importante è che noi riusciamo a fargli il culo a ‘sti interisti”. Qualche giorno dopo Meani lo rincuora sul suo futuro: “Secondo te, perché so? Perché io sto spingendo da matti per te, no!”. Lo stesso Puglisi che chiede a Meani se farà Milan-Chievo e questi che gli risponde che era stato già scelto per Parma-Sampdoria, ma che farà cambiare designazione. Come in effetti accade. E si cautela pure, ridacchiando: “Tu comunque vedi di star zitto su questo cose che ti dico, eh?”. Per finire gli racconta come ha istruito Babini per Milan-Chievo: “Mercoledì da intelligente come vogliono quelli lì, nel dubbio da una parte vai su e dall’altra stai giù. Poi se le cose eclatanti che vedono tutti, nessuno dice niente eh!”.
E per lui spingeva anche con Galliani : “Puglisi però bisogna far tutto per metterlo in A e in B, eh?”. D’altra parte il Presidente aveva già capito tutto: “Ho saputo che lei ha già parlato con Puglisi”.
Ma avete mai sentito Moggi dire roba del genere?
Si era persino stupito l’arbitro Messina, che al telefono con il ristoratore lodigiano, chiede: “Oh, ma li hai designati te i guardalinee (Milan-Chievo, ndr) o loro?”
E Copelli? Prima di Milan-Sampdoria viene tranquillizzato: “Hai visto che sto rilanciando e son troppo… sto rilanciando anche Messina”. Copelli è colui che il 13 maggio 2006, davanti a Borrelli, dichiara: “Se un assistente avesse voluto arbitrare un incontro del Milan non si doveva rivolgere ai designatori, ma a Meani”. Già, infatti, tante volte Meani glielo aveva detto direttamente: “Stai tranquillo, adesso ci penso io. Parlo con Galliani, lui lo sa Galliani, gli dico: senta, questo qui è un nostro uomo gli dico io”.
E poi le confidenze a Contini, altro guardalinee: “Io e te siamo amici, qualcosina in più me la puoi dare oh… ma va bene… il giocatore tu lo richiami invece di ammonirlo, cioè sono queste cose qui, eh…”.
Babini addirittura si spaventa. Dopo aver saputo che Meani aveva scelto i guardalinee di Milan-Chievo, lo chiama per dirgli: “Bisognerebbe rifiutarla quella partita lì, con questa designazione confermano che è tutta una porcheria [...] Ti ho detto che facciamo ridere tutta Italia con questa designazione”.
Indimenticabile la promessa a Rodomonti: “T’ho fatto anche prendere sette e mezzo da Cecere […] Comunque, guarda che mi ha telefonato il mio presidente che ti dà l’indirizzo e ti manda a fare anche a te il trapianto dei capelli in Svizzera”.
E come dimenticarsi di Meani che chiede a Mazzei di mandare Ambrosino, che dice a Pasquale D’Addato (osservatore AIA di Bologna) di stare sereno per il suo avanzamento di carriera perché ne parlerà a Lanese: “Noi avremmo piacere che questo D’Addato possa fare il presidente regionale. Gli dico: il dottor Galliani vorrebbe fargli fare il presidente”.
Si potrebbe andare avanti per molte pagine, ma ci fermiamo qui, non senza ricordare l’ormai famoso avvertimento a Bergamo in vista della decisiva Milan-Juventus (partita prima della quale Meani regalò orologi alla terna arbitrale… “però a Trefoloni gli fai un bel discorsetto, perché sennò gli tagliamo la testa noi”) e gli amorosi sforzi di Galliani che si muove perché un dossier dell’arbitro Paparesta sulla sua attività lavorativa all’AssoBioDiesel arrivi nelle mani del sottosegretario Gianni Letta.
Allora smettiamola, una volta per tutte, di raccontarci favole. I poteri erano altri, ed erano molto forti. Ma è finalmente arrivato il momento di prenderne coscienza, tutti quanti. E’ inaccettabile che vogliano ancora ingannarci su quanto è successo. E’ inaccettabile che ci propongano soluzioni di comodo. Noi vogliamo giustizia, e che sia giustizia integrale. A partire dalla restituzione dei due scudetti ingiustamente sottratti, fino alla certezza di una dura pena a chi, veramente, operava con modalità assai poco cristalline. La nostra battaglia, ora, è questa.
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"Non posso fare a meno che arrabbiarmi nel difenderlo, i tifosi non temano. Lo scudetto del 2006 è un diritto, è una cosa normale e non perchè sono interista. Non ci sono altre strade".
Massimo Moratti
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Si è aggiunto anche Massimuccio.
Desaparecidos e Argentina mundial
Insieme a Narducci spunta Moratti
Presente a sorpresa il presidente insieme al pm di Calciopoli alla presentazione sul terribile '78. E anche Zanetti conferma: "Vicini ai desaparecidos, pensiamo a una inziativa per il comandante Marcos"
di MATTEO PUCCIARELLI
ROMA - Per qualcuno sarà la conferma di una sua ben nota attenzione ai temi sociali. Per altri, motivo per fare battute e dietrologie. Massimo Moratti, che quattro giorni fa era a Madrid con la Coppa dei Campioni tra le mani, questo pomeriggio era a Roma, alla presentazione del libro "I Mondiali della Vergogna" (edito da Edizioni Alegre, una casa editrice vicina a Sinistra Critica). Al tavolo dei relatori un altro ospite di eccezione, in quanto autore della prefazione del libro: il pm di Calciopoli Giuseppe Narducci.
Il libro, scritto dal giornalista argentino Pablo Llonto, parla della dittatura dei generali in Argentina e del mondiale vinto in casa nel '78 dalla Selección, in quella che fu una autentica prova di forza e di legittimazione per il regime.
Ma l'arrivo del presidente dell'Inter ha colto tutti di sorpresa, compreso l'ex deputato di Rifondazione Salvatore Cannavò, direttore editoriale di Alegre: "Non ci aspettavamo di vederlo, non conoscendolo personalmente non l'ho certo invitato. Anche se conosco la sua simpatia per movimenti come l'Ezln del subcomandante Marcos...". A fine presentazione saluti calorosi tra Moratti e Narducci, poi via insieme in ascensore e nulla di più. Ai giornalisti increduli di vederlo lì ha solo detto: "Oggi sono in ferie, per favore lasciatemi in pace.....".
http://espresso.repubblica.it/multim...ome/24837573/4
PS: adesso si spiega questa dichiarazione:"Non bisogna far passare per carnefici le vittime!!" che Narducci fece all'uscita delle prime intercettazioni sull'Inter.
Ultima modifica di Pisky; 28/05/2010 alle 14:00
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[Mod Beppe Grillo on]
Cupolariiiiiiiiiiiiiiiii!
[Mod Beppe Grillo off]
Ecco cosa ha scritto questa mattina il sig. Penta sul forum di giù le mani dalla Juve:
"Penso che entro breve tempo ci sarà la risposta che tutti noi aspettiamo...Intanto vi anticipo che le mie richieste hanno sortito l'effettoi.. a Napoli martedi ci sarà la Juventus che comincierà a difendersi, vi dò la mia parola..ricordate quello che vi dico.Scusatemi se sono stato un pò duro ma è un momento difficile, x le scelte e le strategie, la scelta di pubblicare le telefonate nn è nostra, noi le mandiamo alle agenzie, e se nn trovano niente di interessante nn le pubblicano, è chiaro che x noi sono tutte rilevanti, ma nn è detto che se è rilevante penalmente lo sia mediaticamente, ma ricordatevi che abbiamo sempre l'asso nella manica, e ce lo giocheremo quando sarà il momento. Saluti a tutti"
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Moratti: Giusto e naturale assegnare a noi lo scudetto 2006 - Nemmeno le compromettentissime intercettazioni uscite di recente sembrano in grado di sconfiggere la sicumera di Massimo Moratti che, in una videochat a Gazzetta.it rivendica come legittimo lo scudetto 2006, scippato alla Juventus ed appiccicato da Guido Rossi sulle maglie nerazzurre: "Perché tengo tanto allo scudetto del 2006? E' stato giustamente tolto alla Juventus ed è stato assegnato a chi è arrivato subito dietro. Ad esasperare non è stata la scelta, ma quello che ha portato a quella scelta. Il resto è stato tutto naturale e conseguenziale. Non c'erano altre strade da prendere, secondo me". Il subito dietro allude al fatto che l'Inter si classificò terza con un distacco di 15 punti e non tiene conto del fatto che le ultimine intercettazioni hanno praticamente sgretolato il requisito della correttezza evidenziato dai tre saggi, ora in fuga. Ad una domanda sul possibile successore di Mourinho, ha risposto: "Se devo fare una follia, allora prenderei Zeman". Quasi a dire: tra migliori ci si intende.
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Bellissimo.
Cartone e Psiche
Clodoveo Venerdì 28 Maggio 2010 00:48
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Viene da riflettere sul perché negli ambienti vicini all'Inter, oltre che all'interno di questa società, non si riesca ancora oggi a fare a meno di abbinare ad ogni nuovo successo sportivo - più o meno, o per niente, meritato - un pensiero a Calciopoli e ai suoi derelitti protagonisti, ossia Moggi (inibito e in odor di radiazione) e la Juventus (ridotta ad una polisportiva amatoriale).
Una prima spiegazione potrebbe essere il senso di frustrazione, ormai corazzato sotto la nuova pelle, troppo radicato per essere rimosso dalla prima generazione di interisti, e tuttora a mala pena sopportato con la consolatoria leggenda che gli scudetti ante 2006 li avrebbero vinti tutti loro, se non ci fosse stato Lucky Luciano. E più si vince oggi, quindi, più si continua a recriminare per il troppo non vinto ieri. Le cattive abitudini sono sempre difficili da cambiare.
Oppure può darsi che comincino anche loro a pensare che, tutto sommato, ossia non escluso quel che sta venendo fuori a Napoli, il ferroviere non è che avesse fatto chissaché per meritarsi quella pena e travolgere pure la sua società. Di qui la reazione, orgogliosa e non priva di sofferenza, per scacciare questo dubbio e riaffermare la propria, una volta convinta, verità. Reazione umanamente comprensibile. E', questa, un'ipotesi frutto di una visione ottimistica dell'uomo, che non può escludersi solo perché l'uomo è di fede nerazzurra.
Ma che dire di quello scudetto di cartone originario, fino a poco tempo fa rifiutato idealmente dalla tifoseria interista, perfino contro la volontà del suo presidente, ed oggi sempre più rivendicato come proprio, o quantomeno non più snobbato come cimelio societario?
Le cose son cambiate: nel 2006 dire che quel titolo non interessava e che sarebbe potuto tornare in Federazione era parvenza di sportività; oggi, a distanza di anni, che sportività sarebbe? Dire la stessa cosa oggi sarebbe come riconoscere che i motivi per cui venne assegnato sono venuti meno in seguito alle rivelazioni napoletane. Il premio all'onestà sarebbe privo di causa, un cartone repellente. Tra l'onestà e la disonestà c'è la variegata zona della normalità, dove le telefonate "perdute" riconducono la loro storia. Ma quel cartone ha un suo magico potere, da esso i destini si diversificarono: agli uni la rovina e la damnatio memoriae, agli altri la fortuna e la gloria.
Come conciliare poi il massimo della pena per gli uni e l'impunità da federale prescrizione per gli altri?
C'è una logica razionale in tutto questo: confermare l'antica gloria cartonata significa giustificare e legittimare la gloria presente. La diga costruita in questi anni attorno all'Inter, in fondo, ha per tappo quel coriandolo di cartone.
Lo dovrebbero restituire non perché non l'hanno vinto sul campo, ma perché non lo meritavano. Neppure se Moggi fosse stato Belzebù. Ma verrebbe giù la piena.
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buongiorno segaiolo.
A dirla tutta comprendo il comportamento di Moratti,
dato che nella nostra società, seppur sbagliando, bisogna sempre difendere il proprio patrimonio e nello specifico la propria squadra, anche se beccata con le mani nella marmellata ,sennò ti "fanno fuori".
La conferma di quello che ho appena scritto è infatti nella storia della Juventus,
che lasciando sola la triade e accollandosi la colpa oggettiva dell'accaduto,è stata disintegrata nel suo essere ,e le conseguenze sono ancora visibili tutt'oggi.
Quindi credo che Moratti faccia bene, e male ha fatto la Juve nel 2006 ,che probabilmente voleva far fuori la triade, ma poi il tutto gli è scappato di mano,
c'è anche da sottolineare, che credo che la Juve, una volta visto che il potere in federazione era tutto Interista,e c'era una volontà di disintegrare la società bianconera,ha accettato in toto la colpa impaurita dal fantasma della serie C.
Bene, questo è il mio pensiero,
ma la mia speranza è che comunque la giustizia sia tale,
e che quindi Moratti, nonostante (ripeto, comprensibilmente) continui a negare e scaricare tutta la colpa sulla Juve e minimizzare quello che è stato intercettato in casa Inter, venga punito e con lui tutta la squadra.
discorso pena:
Credo che da quello che è uscito fino ad oggi, inteso come intercettazioni,
l'Inter debba essere retrocessa in B,
dato che le telefonate dei dirigenti dell'inter erano "gravi" come quelle di Moggi,
inoltre ci sarebbe pure l'aggravante di aver sempre negato di aver parlato con i designatori quando invece abbiamo visto che non era cosi,
e di aver giovato dell'eliminazione di Juve e Milan su tutti, potendosi accaparrare molti trofei e arricchendosi ulteriormente.
E in teoria ci sarebbe ancora l'asso nella manica che farebbe pesare ancora di più la posizione interista.....
mi sa che dopo questo post , divento più segaiolo io di te
peppo
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