La risposta è "semplice" ... .
La precessione degli equinozi, nei termini descritti nel mio precedente intervento, fa si che il solstizio d'estate ed il solstizio d'inverno (e, ovviamente, gli equinozi) non cadano sempre nel medesimo punto dell'orbita. Essi variano (in tempi millenari) tanto che oggi, ad esempio, il solstizio d'estate avviene in una posizione di "quasi afelio" e quello d'inverno, conseguentemente, in una posizione di "quasi perielio".
Astronomicamente parlando, ciò comporta una durata minore dell'inverno boreale come logica conseguenza della seconda legge di Keplero la quale, semplificando, così recita:
"Durante il loro moto di rivoluzione intorno al Sole la velocità dei pianeti non è costante, ma è tale da descrivere aree uguali in tempi uguali".
Ne deriva che, nel periodo orbitale più vicino al Sole (e sappiamo tutti che le orbite sono ellissi e non circonferenze), il moto del pianeta attorno alla stella di riferimento è "più accelerato" (con conseguente accorciamento astronomico della stagione che si esplica proprio in quel periodo). Un'animazione chiarirà meglio le idee:
Seconda_legge_keplero.gif
Se tieni conto del fatto che anche l'eccentricità dell'orbita terrestre varia, nel corso del tempo, da un minimo ad un massimo, è logico pensare ad un' "estremizzazione" degli effetti nel periodo di eccentricità più accentuata.
Obsequium amicos, veritas odium parit.
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