È ora che l'uomo esca dal suo stato di minoritÃ*, per dirla con le parole di Kant. È ora che l'uomo impari a ragionare con la propria testa, e a guardare in faccia la realtÃ*. E quindi servono decisioni coraggiose, ma realistiche.


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"Oggi la scienza non è in grado di spiegare le variazioni climatiche che sono avvenute in passato: pertanto non si capisce come la stessa scienza potrebbe essere in grado di prevedere quello che avverrÃ* nel prossimo futuro."
Con queste chiare parole Visconti (uno dei maggiori climatologi italiani, collaboratore con l'universitÃ* di Harvard e la NASA) chiarisce definitivamente quale sia il ruolo da attribuire ai modelli climatici.
Infatti se proviamo a confrontare la previsioni modellistiche con i dati registrati dai satelliti (Iris e Img) vedremo come "ci sia un abisso fra le realtÃ* virtuale e la realtÃ* osservata". Si calcola che riguardo alle previsioni climatiche a scala regionale il margine di errore arrivi al 200%!
Questo semplicemente perché i modelli "pensano" in modo lineare, mentre il clima è un sistema non lineare.
I modelli climatici sono importantissimi, ma non per effettuare previsioni che poi vengono svendute come certezze, ma per studi di sensibilitÃ* sul clima. In altre parole servono per tentare di riprodurre virtualmente la complessa struttura climatica e quindi cercare di comprenderla.
Oggi noi sappiamo che negli ultimi 150 anni circa la Terra ha subito un incremento termico valutabile sui +0,5/1°C. Sappiamo che molto probabilmente ciò è stato causato dal massiccio aumento dei gas serra, in particolare CO2, immessi nell'atmosfera dalle attivitÃ* antropiche.
Ma siamo così certi di questi dati? Non sarebbe opportuno porsi la domanda sulla compatibilitÃ* dei diversi metodi di misura, dal momento che si confrontano dati rilevati da strumenti del 1850 con dati rilevati da strumenti del 2006?
Come afferma Visconti (e molti importanti fisici e studiosi del clima) oggi noi sappiamo molte più cose sul clima, ma proporzionalmente a queste nuove e numerose informazioni (che ci vengono sopratutto dai carotaggi artici e antartici) crescono esponenzialmente le nostre incertezze.
Sappiamo sempre più di non sapere. Il clima, questo sistema complesso e non lineare, ci sfugge non solo nella sua essenza, ma anche spesso nei suoi aspetti più secondari.
Siamo nelle condizioni di un extraterrestre che "se arrivasse sulla Terra e non conoscesse l'esistenza delle stagioni sul nostro pianeta, interpreterebbe il passaggio fra primavera e estate come un cambiamento climatico. Aspettando diversi anni, si accorgerebbe che i cicli si ripetono più o meno regolarmente, e quindi arriverebbe alla conclusione che si tratta di un comportamento normale".
Ma noi ci possiamo permettere di aspettare?
Giunti a questa situazione globale, con una Terra sempre più popolata, con disastri ambientali sempre più gravi, con tragedie meteo sempre più rovinose, con un tasso di inquinamento vertiginoso, possiamo davvero permetterci di aspettare per controllare sperimentalmente e galileianamente se le teorie climatiche da noi formulate sono corrette?
È necessario uscire una volta per tutte da alcuni cicli viziosi che stanno da tempo inquinando il dibattito climatico e le conseguenti scelte politiche. Esiste una classe di scienziati che ormai vive in modo parassita di previsioni modellistiche e catastrofistiche che di scientifico non hanno nulla. Esiste una classe politica che in nome di tali incertezze estreme evita di prendere decisioni radicali nei confronti dell'inquinamento globale. Esiste un'opinione pubblica ormai assuefatta a proclami terroristici su una imminente fine del mondo e quindi votata all'esorcizzazione del problema attraverso l'ipocrita pratica del "consumiamo meno". Esistono accordi, come quello di Kyoto, che se fossero osservati alla lettera da tutti gli stati non sfiorerebbero neppure il problema, che non abbisogna di diminuzioni del 5% delle emissioni di gas serra, ma di valori superiori al 30% o meglio al 50%!
Un serpente che si mangia la coda.
È ora che l'uomo esca dal suo stato di minoritÃ*, per dirla con le parole di Kant.
È ora che l'uomo impari a ragionare con la propria testa, e a guardare in faccia la realtÃ*.
E quindi servono decisioni coraggiose, ma realistiche.
Lasciamo i buoni propositi verdi, i fioretti ambientalisti , gli scenari apocalittici, il menefreghismo consumista, l'ipocrisia di una classe dirigente passiva, alle nostre spalle.
E guardiamo in faccia il mostro.
1. Sappiamo tutti che sostituire l'attuale economia fondata sui combustibili fossili è cosa non ardua, ma quasi impossibile.
Per le forze economiche e politiche che la sorreggono. E allora perché non investire denaro e risorse in un campo ancora troppo inesplorato, ma ricchissimo di prospettive: il sequestro della CO2. Impedire alla anidride carbonica di disperdersi nell'atmosfera è tecnicamente possibile, ma molto costoso. Spingiamo perché si facciano scelte politiche volte a migliorare tali tecniche.
2. Sappiamo tutti che le foreste sono gli smisurati polmoni del nostro pianeta.
Spingiamo politicamente perché si ponga fine alla distruzione delle foreste tropicali. Lavoriamo affinché si utilizzino sempre più i parchi e i boschi come naturali condizionatori delle nostre cittÃ*. Appoggiamo chi veramente creda in una politica di rimboschimento saggio delle nostre terre.
3. Sappiamo, ma in questo caso non tutti, che le moderne centrali nucleari, quelle di terza generazione, hanno standard di sicurezza altissimi.
E che quindi ci liberebbero in buona parte dalla schiavitù dei combustibili fossili. Usciamo quindi dalle logiche semplicistiche di un certo ambientalismo, e spingiamo verso un maggiore utilizzo dell'energia nucleare, che ci liberebbe dall'incubo CO2.
4. Evitiamo di lasciarci affascinare (e abbindolare) dalle promesse di energie pulite e totalmente rinnovabili.
Si sa infatti che per produrre idrogeno servirebbe altrettanta energia di quella eventualmente risparmiata dai veicoli. Si sa che le ricerche sulla fusione nucleare sono ancora ben lontane da darci soluzioni a breve e medio termine. Si sa che le energie pulite (solare, idroelettrica, geotermica, eolica) sono fondamentali, ma possono essere solo un utile contributo alla soluzione del problema. Sono invece incapaci di coprire il fabbisogno energetico della moderna societÃ* post-capitalistica.
5. Cerchiamo di contenere tutti gli sprechi inutili!
Ma sempre nella consapevolezza che ciò contribuirebbe solo in minima parte alla risoluzione del problema. Non illudiamoci come bambini che utilizzare meno acqua per raderci, o meno riscaldamento in inverno possa solo intaccare la portata del problema Global Warming Antropico.
6. Rendiamo meno vulnerabili le nostre cittÃ*.
Perché secondo molti studi (in particolare quelli di Pielke) il vero problema del futuro non sarÃ* tanto quello di prevedere i rischi collegati ai cambiamenti climatici (che come abbiamo visto è praticamente impossibile), ma rendere meno vulnerabili ai fenomeni estremi le nostre conurbazioni urbane. Ciò che sta aumentando in modo esponenziale non è tanto la percentuale dei fenomeni meteo catastrofici, ma la vulnerabilitÃ* dei nostri territori a fenomeni anche di media entitÃ*. E gli esempi si sprecano: cementificazione, abusivismo, eccessiva emigrazione lungo le coste, abbandono dei territori interni e montuosi, ecc.
Scegliamo la via del realismo e dell'atteggiamento illuminista, scevro da spiritualismi e animismi di alcun tipo (vedi GAIA), e scegliamo di non doverci pentire del nostro ipocrita temporeggiamento. No regret!
"Da quanto detto, è più che evidente che la scienza non ci può illuminare più di tanto sul nostro futuro prossimo venturo. Ma basta solo un modesto studente di meteorologia per dirvi che a mano a mano che la concentrazione dei gas serra aumenta, la temperatura della Terra sale, e questo non corrisponde a nulla di buono. Accade ciò che capita al fumatore incallito, sicuro che il vizio del fumo non lo porterÃ* mai ad ammalarsi seriamente" (Visconti)
No regret!
Aldo Meschiari