Lorenzo Catania

GLI ALISEI A TRE PASSI

Breve postilla al pippone di un po' di tempo fa (vedi in fondo*)

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Lungo la linea di convergenza degli Alisei c'è temporale e temporale.
C'è il bel temporale con una torre di ghiaccio e vapore alta 15-18 chilometri, che in una manciata di ore nasce, cresce, si sfoga e muore, ma c'è anche il temporale più rognoso.
In particolare, quando la linea di convergenza degli Alisei (la ITCZ, ricordate?) solca l'Oceano Atlantico a ridosso delle coste africane, attorno al 15°-20° parallelo, spesso trova le condizioni per insistere e persistere. Anzi, a volte inizia a replicarsi, a generare altri temporali attorno a sé.

E' chiaro che in questa situazione - più probabile tra settembre e ottobre, quando la ITCZ dal Tropico scende lentamente verso l'Equatore geografico - il risucchio d'aria verso l'alto esercitato dalle torri dei cumulonembi diventa più esteso; ne risente un territorio più ampio, e quindi qui la pressione tende a calare in maniera più uniforme.
Cala che ti cala, si arriva alla nascita di un'area con bassa pressione, che nonostante possa avere l'energia di un minatore a fine turno prende un nome ben preciso: depressione tropicale.

Se il mare dove si trova la famigliola di temporali è ben caldo, e se ad alta quota l'aria se ne va tranquillamente via lontana verso i tropici, sia verso nord che verso sud, allora l'allegra combriccola di cumulonembi può continuare a gozzovigliare e riprodursi come nemmeno un Gremlin sotto una doccia.
Si arriva ad un certo punto in cui il richiamo d'aria calda dal basso è tanto forte che:

- la pressione cala in maniera più significativa;
- gli Alisei (soffiano al suolo, ricordatevelo), sia da sud che da nord iniziano a sterzare verso il centro della bassa pressione con una certa evidenza;
- i temporali iniziano ad essere sufficientemente intensi da produrre raffiche di aria asciutta verso il suolo in maniera via via più organizzata e armonica.

Quando le raffiche di vento prodotte dalla comunità di temporali superano un certo limite, tale da mantenere un vento medio attorno ai 60 chilometri orari in qualche punto della bassa pressione che stiamo seguendo (di solito nei dintorni del centro), non si parla più di depressione tropicale ma di TEMPESTA tropicale.

E da qui si avvia il degenero: se l'armonia tra il risucchio d'aria calda dal basso, il rovesciamento d'aria asciutta dall'alto, e lo spazzamento dell'aria calda e umida arrivata grazie ai cumulonembi ai 15-18 chilometri di altezza funziona meglio degli ingranaggi di un orologio atomico, allora la bassa pressione si approfondisce ancora, gli Alisei si annodano ancora di più attorno al centro della struttura, e le raffiche aumentano sempre più di intensità.

Si arriva al momento in cui - dopo una valanga di "se" - le raffiche di vento superano quel limite che mantiene un vento medio all'incirca sui 110-120 chilometri orari.
Ecco. A quel punto la tempesta tropicale diventa URAGANO, la cui categoria (da 1 a 5) dipenderà sempre dall'intensità del vento medio.

L'uragano, poi (ma anche una semplice depressione tropicale, in realtà), dopo aver preso vita dall'infiocchettamento degli Alisei attorno alla struttura della bassa pressione, si stacca dalla circolazione stessa degli Alisei, e vaga comandato dalle tracce di mare più caldo, dalle zone dove trova i venti più favorevoli ad alta quota, dall'evoluzione e dalla vivacità dei temporali stessi al suo interno.
Se, gigioneggiando, l'uragano trova un'isola o una costa perderà più o meno velocemente la potenza raggiunta, sia perché verrà meno l'armonia tra i vari elementi che lo tengono in vita, sia perché in qualche modo "mangerà" dal basso aria asciutta, o quantomeno poco umida in arrivo dalla terraferma.

E questo è più o meno quello che succede quando nasce un uragano, che poi può evolvere in tanti modi diversi fino ad esempio a morire trasformandosi in una normale perturbazione oceanica (ne abbiamo parlato parecchio qualche giorno fa).
Comunque, nella sostanza, è meglio che gli Alisei in generale se ne stiano "a tre passi", come si usa dire a Livorno (o forse anche nel resto della Toscana, non lo so). E' bene che se ne stiano ben lontani, insomma. Soprattutto in questo periodo.

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Ma tutto 'sto sbrodolamento per dire cosa?
Niente. Che Ophelia, la tempesta tropicale che adesso galleggia al largo delle coste azzorriane e africane è nata ... in un altro modo, più subdolo, che magari vi racconterò una volta che vi sarete ripresi dalla piaga di questo tomo.
(Tiè! Vi ho fregati!)

Intanto vi basti sapere che proprio riguardo Ophelia alcuni modelli numerici cominciano a calcolarne un'evoluzione curiosa, piuttosto rara.
In sostanza vedono l'ormai uragano scivolare a sud delle Azzorre per poi puntare verso est fino ad arrivare a ridosso del Portogallo ancora ben in forze, tanto da sfiorare le coste portoghesi e galiziane con raffiche ancora ben oltre i 100 km/h e una struttura definibile come tropicale.
Questo attorno a martedì prossimo.
La trasformazione in perturbazione oceanica classica avverrebbe solo quando Ophelia si troverà molto più a nord, verso le Isole Britanniche (nei dintorni, attorno, all'incirca).
Siamo a livello di curiosità, per ora. Ma non è una possibilità da prendere sottogamba.

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Buona degenz ... buon appetito!

* Lorenzo Catania - GLI ALISEI A DUE PASSI

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