E anche l'India vedo si sta dando una bella mossa: https://pib.gov.in/PressReleaseIfram...x?PRID=1847812
Database dei record in Toscana: http://climaintoscana.altervista.org/
Record assoluti: +43,1°C ad Antella il 06/08/2003; -26,0°C a Firenzuola l'08/01/1985.
Per quelli che usano toni offensivi per chi non la pensa come loro sull'ideologia climatica estremista leggetevi questo articolo di chi lavora nel settore:
La guerra di religione contro l'auto
Carlos Tavares, ceo di Stellantis
Sarà perché sa di essere alle battute finali della sua reggenza in Stellantis e i freni inibitori gli si sono allentati, sarà perché ha rotto i ponti – perlomeno quelli di rappresentanza formale – con i colleghi ceo (ha abbandonato l'Acea, l'associazione dei costruttori europei, giudicandola troppo poco incisiva nell'arginare la deriva dirigista di Bruxelles), sta di fatto che ogni incontro con Carlos Tavares riserva sorprese. In ottobre, ci si era visti al Salone di Parigi e durante l'intervista aveva a sorpresa sparato a palle incatenate contro Pechino (e – sia pur senza nominarli espressamente – i tedeschi, che considera compromessi con il Celeste Impero), sollecitando l'Unione Europea ad alzare barriere doganali verso i prodotti cinesi. Mi aspettavo analoghi fuochi d'artificio dalla chiacchierata in occasione del Ces di Las Vegas. E le mie aspettative non sono andate deluse. Tavares, infatti, è più volte tornato sul tema di come la politica stia condizionando le vendite: «Vedo un continuo fiorire di tasse, di restrizioni, di ostacoli alla circolazione privata. (…) La libertà di muoversi è costantemente sotto attacco. (…) E sono i politici a volere tale ridimensionamento. Devo in ogni caso ritenere che la gente sia d'accordo, visto che li hanno eletti come loro rappresentanti. Si sia tutti consapevoli, però, che la grandezza del mercato è determinata da leggi che impongono di non usare la macchina».
Tavares giustamente si preoccupa della sostenibilità dell'industria di cui è protagonista. Ma la sua annotazione evoca un punto di più ampia rilevanza. Media, industria e appassionati si concentrano sulla transizione, criticandone fattibilità e costi, discettando sul ruolo che devono avere i governi nel favorire la rivoluzione, domandandosi perplessi se le politiche energetiche e l'infrastruttura asseconderanno l'impetuosa crescita dell'offerta Bev, chiedendo retoricamente se esista una cabina di regia in grado di governare questa rivoluzione (tranquilli, non c'è). Distratti dall'incipiente elettrificazione e dalle sue implicazioni, non ci si accorge di come nella società stia germogliando una scuola di pensiero che mette in discussione uno dei capisaldi della civiltà occidentale: il diritto – difeso per oltre un secolo come una conquista irrinunciabile – di muoversi in automobile. Va allargandosi la convinzione che l'elettrico, in fondo, sia soltanto un palliativo che tampona il problema ambientale senza risolverlo (cosa sulla quale, in punta di scienza, potremmo anche essere d'accordo); e che il modo più efficace per salvare la Terra (sempre che questa frase abbia un senso) sia di rinunciare tout court al trasporto privato, partendo dalle città. Le cronache sono ormai popolate di proteste saldate dalla certezza che le macchine vadano espulse dal consesso civile. I vandalismi di varia natura che registriamo ormai ogni giorno – chi sgonfia le gomme delle Suv (per qualche motivo considerate macchine da ricchi), chi sabota i cartelloni pubblicitari, chi irrompe nei Saloni danneggiando i modelli esposti, chi si sdraia in mezzo alla strada – non vanno ritenuti estemporanee quanto ingenue dimostrazioni d'intransigenza ideologica. Sono le derive estremistiche di un'opposizione pregiudiziale all'automobile che per guadagnare ascolto nella collettività è all'ossessiva ricerca di pretesti da strumentalizzare.
La recente campagna sui 30 all'ora in città, rinfocolata dalla proposta di Milano d'introdurre il limite in tutto il suo territorio, ne è plastica evidenza. Chi rivendica tale provvedimento sa bene che si otterrebbero risultati ben più efficaci in termini ambientali agendo sul bisogno di mobilità, per esempio promuovendo il lavoro da remoto. Ma non è chi non veda come dietro l'abbassamento del limite – non a caso diventata istanza identitaria attorno alla quale coagulare il fronte car-less – si celi l'ennesimo, determinato tentativo d'impedire l'uso dell'auto. Il primo firmatario della proposta, Marco Mazzei, è un attivista pro-bici che esulta di un presunto disinteresse dei giovani verso le macchine, che predica che è «l'abuso dell'auto a punire tutti noi», che vorrebbe «da domani la chiusura completa delle città al traffico privato», che auspica che «i vecchi» – come li chiama lui – non guidino più perché pericolosi e che – forte della legittimazione popolare datagli dai mille voti presi alle ultime Comunali – si è fatto carico della missione salvifica di condurre (pedalando, si presume) la società tutta «dal '900 a un nuovo secolo». Del resto, Arianna Censi, assessore alla Mobilità di Milano, lo ha candidamente ammesso: il capoluogo «dovrà necessariamente andare verso l'abbandono di tutti i mezzi a motore».
Ora, il sindaco Sala non è uno sprovveduto: se ha deciso di puntare su questa guerra di religione, lo ha fatto consapevole di potersi rivolgere a un movimento d'opinione nutrito e motivato. Attenzione, dunque, a derubricare quanto sta accadendo a ingenuo idealismo che non ha chance di attecchire nella coscienza collettiva (annoto già le dichiarazioni di uno scienziato solitamente “ragionevole” come Mario Tozzi, che twitta apocalittico: «Limite 30 km/h subito anche a Roma e nelle altre città italiane. Per salvare vite e abbandonare l'auto privata»). Ricordo a tutti che un analogo spirito millenarista ha guidato la Commissione a trazione olandese (Paese storicamente refrattario all'automobile: sarà un caso?) nel gettare un intero continente nelle spire di una transizione basata su pregiudizi fallaci e irragionevoli. Se fossi nell'industria automotive, che non brilla per capacità di anticipare i cambiamenti, inizierei a preoccuparmi di chi vuole la morte della mobilità privata e della sua filiera. Da questo, e non dall'elettrificazione, dipende la sua sopravvivenza. Da cittadino, inizierei a chiedermi se vada premiata una politica così distante dalle esigenze della gente comune.
Ma tu credi al piano governativo come se fosse il Vangelo?
Convinto te delle fandonie raccontate dai governi, soprattutto da quello cinese, il quale negli ultimi anni ha dato prova della sua credibilità in modo direi abbastanza evidente.
https://data.worldbank.org/indicator...C?locations=CN
A me di quello che blaterano i governi non frega una cippa. Io guardo ai fatti e i fatti dicono che in Cina le emissioni, tolto l'anno 2014, non sono MAI calate da un anno all'altro. E ad oggi (purtroppo gli ultimi dati disponibili su Worldbank arrivano al 2019) sono ai massimi storici. Ah, e sto parlando delle emissioni pro-capite...non oso immaginare quelle totali (che, purtroppo, sono quelle che impattano realmente sull'ambiente).
Anche in India di tracce concrete di riduzione delle emissioni non se ne vedono. Tante belle parole, quelle si.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Esatto.
Considerando poi che la Cina ha più il doppio degli abitanti europei, come l’india, cioè assieme hanno più del quadruplo degli abitanti europei, il loro impatto è nettamente superiore a quello europeo e facilmente può vanificare qualunque sforzo qua.
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Anche io credo che l’unico vero modo di evitare un disastro climatico sia agire direttamente sul clima. In questo senso l’unico sistema che vedrei ragionevole sarebbe investire centinaia di miliardi in sistemi di fissazione della co2 emessa.
Per quanto riguarda l’europa, è un bene che si spinga verso le emissioni zero in ogni caso. Ha anche un peso strategico: meno sei dipendente dai combustibili, meno lo sei anche dagli stati che li producono, con tutte le conseguenze del caso. Portato all’estremo, questo ragionamento mi farebbe pensare che tra un centinaio di anni l’europa, se gli altri giganti mondiali non si sveglieranno prima, potrebbe trovarsi l’unica in grado di superare indenne l’esaurimento dei fossili. E non sarebbe un fatto proprio irrilevante.
Naturalmente dipenderà da come questo piano sarà gestito e se andrà a buon fine (non che ci siano alternative: o si fa, o si fa. La scelta è obbligata, che lo si voglia o meno).
Il riscaldamento dipende dalle emissioni cumulate, anche se le riducesse la sola europa è comunque meno peggio e non c'è nessuna nuova cina nei paesi in sviluppo ne per aumento dei consumi energetici ne per l'enorme incremento del carbone, già questo decennio chi aumenterà ancora i fossili userà perlopiù un mix con le rinnovabili e un poco di nucleare, è inevitabile che lo facciano prima i paesi sviluppati ma non ci vorrà molto per il resto del mondo ( e sicuramente per la cina).
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da: World Energy Outlook 2022 – Analysis - IEA
Ultima modifica di elz; 08/02/2023 alle 20:55
Ma sono piani presentati, rispettivamente, nel 2021 e 2022, dagli il tempo di metterli in atto e vediamo tipo nel 2030 come vanno le cose. Che fin'ora hanno fatto poco son d'accordo ma nemmeno avevano presentato alcun piano verde ancora. Anche gli USA, sempre reticenti (a tratti negazionisti), hanno dato da poco una forte sterzata, anche se in Europa c'hanno da ridire per mere questioni economiche, invece di rallegrarsi (vedi polemiche sull'Iflation Reduction Act).
Poi, come dico sempre, meglio qualcosa di niente vista la situazione, che anche avere un'Europa ad emissioni zero nel 2050 al momento pare altamente utopico, seppur previsto nei piani.
Database dei record in Toscana: http://climaintoscana.altervista.org/
Record assoluti: +43,1°C ad Antella il 06/08/2003; -26,0°C a Firenzuola l'08/01/1985.
Si certo crediamo anche che la Cina non faccia i suoi interessi, parla di riduzione delle emissioni solo per spingere i fe.ssi europei ad auto distruggersi economicamente per prenedere il sopravvento su settori in cui non sarebbe stata in grado di competere (automotive non elettrico).
Ma l’energia va prodotta e certamente ci si stacca dalla dipendenza da altri stati per i combustibili fossili, ma contemporaneamente si diventa dipendenti da altri per altre materie prime o prodotti che non si trovano in italia.
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Quando rarissimamente mi capita di avere davanti a me un'auto non catalizzata di qualche decennio fa ( che sia diesel o benzina non importa) mi rendo conto che abbiamo sopportato quel puzzo terribile per tanti anni senza rendercene conto.
Oggi però si esagera nel voler imporre scadenze impossibili alla sola economia europea, che di per sé influisce poco a scala globale ( ammesso che le emissioni siano effettivamente molto influenti sul clima globale).
Anche se lo fossero non varrebbe certo la pena di desertificare la nostra economia e di tornare nelle caverne a mangiare radici o insetti in nome di un certo ecologismo ideologico .
Io penso sempre che i fattori che hanno cambiato il clima da millenni siano gli stessi che lo cambiano.oggi e dopo aver passato gli scorsi secoli del periodo più freddo degli ultimi 11500 anni ( la PEG) noi stiamo ritornando alla normalità.
Se poi il limite delle nevi dovesse risalire sulle Alpi a 3800 m. com'era nell'anno 1000 poco male, sono vissuti benissimo allora, lo faremo anche noi.
C'è un piccolo problema: abbiamo urbanizzato.il bagnasciuga di tutto il mondo per cui anche un cm di risalita del livello marino ci mette in difficoltà.
Una volta le variazioni erano molto più accentuate ed in effetti gli antichi raramente costruivano in riva al mare.
Questo però è un errore nostro, non del clima che fa il suo mestiere ossia che cambia continuamente.
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