Originariamente Scritto da
mat69
Ciao Gio,
post e riflessioni interessanti.
Provo a partire da una considerazione di carattere generale.
Siamo avanti di circa 1 mese ma lo scenario del mese di ottobre 2016 non era totalmente differente rispetto quello attuale:
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Si andava denotando un forte raffreddamento asiatico e pronunciate anomalìe di geopotenziale su scandinavia, parte del nord Europa ed artico russo-siberiano.
Anche lo scorso anno in quel periodo avevamo velocità zonali stratosferiche e flussi di calore simili anche se meno estremi rispetto quelle attuali:
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anche in bassa stratosfera la situazione era simile:
Immagine.png
Adesso passiamo alle differenze che, a mio avviso, possono essere significative.
Non citerò il fatto, comunque da considerare, che non dovremmo essere lontani dalla completa inversione dei venti facenti riferimento alla
Qbo e quindi non solo a 30 hpa (già avvenuta) ma anche a 50 hpa.
Mi limiterò invece a considerare la meno tardiva maturazione del vortice polare a ragione dei più bassi geopotenziali presenti in sede artica nella scorsa estate a causa dell'incremento di venti zonali e del rinforzo della corrente a getto polare dovuti ad un aumento di gradiente tropici/polo.
In soldoni un artico meno devastato da scambi meridiani durante la stagione estiva
MWlZ_wEtNZ.png
e che giustifica una pronta ripartenza autunnale all'insegna di una maggior variabilità circolatoria.
La quantità di calore presente nell'artico, dopo estati contraddistinte da
AO - prevalente è verosimilmente all'origine del ritardo di sviluppo del vortice polare che già nel mese di ottobre subiva incursioni di aria calda attraverso onde di Rossby generate da ondulazioni all'interno del getto polare.
I flussi verticali di calore visibili nelle carte sopra postate degli eddy heat fluxes rappresentano tale condizione in grado di inficiare la stabilità del vortice polare.
Tuttavia, durante la stagione autunnale e nella prima parte dell'inverno la pervietà dei flussi verticali di calore dalla tropo alla stratosfera è garantita solo in presenza del vortice in sede polare ovvero dall'esistenza di una circolazione zonale.
Vero il fatto che in mancanza di esso o nel momento in cui negli strati alti della troposfera o della bassa stratosfera si frapponesse uno strato antizonale (
hp), gli strati superiori subiscono un repentino raffreddamento radiativo a causa del crollo dei flussi stessi e conseguentemente un'impennata delle velocità zonali.
Del resto, se confrontate i grafici sopra riportati, bene si può notare come il rinforzo zonale sia di poco traslato temporalmente rispetto la cessazione dei flussi di calore.
Molti degli ultimi casi di stratcooling che hanno determinato un ESE cold hanno percorso questo schema.
Occorrerà in sostanza verificare se le diverse condizioni attuali di partenza del vortice polare e, verosimilmente, il minor calore accumulato in sede artica, siano in grado di mantenerlo in sede (benché debole) o comunque di ripristinarlo con tempistiche tali da non inibire la trasmissione verticale delle onde di Rossby.
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