Vicinanze tra il francese savoiardo e il piemontese (anche se alcuni termini sono un po' desueti), non deve stupire visto il naturale influsso determinato nel corso della storia dal Ducato di Savoia:
Agacin : cor au pied (piémontais ajassin)
Balme : grotte (piémontais balma, occitan balma)
Balouria : fête (ancien piémontais baleuria)
Balourien : vagabond (piémontais tabaleuri)
Bartavalle : personne parlant beaucoup, sans arrêt (piémontais bërtavela)
Billon : tronc d'arbre (piémontais bion)
Biolle (la) : bouleau (piémontais biola)
Combe (la) : vallée en flanc de montagne (piémontais comba)
Crochon : entame du pain (piémontais crocion)
Crouille : personne ou animal rachitique (piémontais cròj)
Envartoyer : emmêler (piémontais anvërtojé)
Grattacu : (ou gratte-cul) fruit de l'églantier, rosier sauvage (piémontais grata-cul)
Grêffion : cerise (piémontais grafion)
Niffler : mettre son nez ou l'on ne devrait pas (piémontais nufié)
Ourde : pénible, turbulent, énervant, insupportable (piémontais lord)
Patiôque : boue épaisse (piémontais paciòch)
Piaute : jambe (piémontais piòta)
Polente (prononcé polinte) : semoule de maïs (piémontais polenta)
Ramasse, ramaffe, r'maffe : balai (piémontais ramassa)
Rate : rat, souris, le terme est féminin en français régional, comme il l'est en francoprovençal (piémontais rata)
Sôque : chaussures (piémontais sòco)
Tartifle : pomme de terre (piémontais trìfole ou tartifle)
Tasson : blaireau (piémontais tasson)
Tavan : taon (piémontais tavan)
Tchouk (être) : être légèrement ivre (piémontais cioch)
Toupin ou Taupin n.m. : pot en terre cuite pour servir les liquides à table (eau, vin, lait, bidollion, ...), (piémontais tupin)
Trouver le temps long : s'ennuyer, se languir, (piémontais trové longh)
Vartollion : état de quelque chose qui s'enroule, qui s'emmêle (piémontais vërtoj)
Venir : devenir (piémontais ven-e ou vnì)
Virolets : petits virages en montagne (piémontais viret)
Da notare che la trìfola in piemontese moderno non è propriamente la patata, bensì il tartufo.
Sì esatto.
Ha giocato un ruolo il cambio del sistema economico come ben dici.
A questo si somma anche il fatto che in certi ambienti spesso volontariamente non si insegnavano i dialetti ai figli perché erano lingue "dei poveri", oppure prima ancora oppure come sapete meglio di me in Italia si screditavano le minoranze, e da lì è partito un effetto domino.
E anche a non sapere il dialetto si diventa poveri... culturalmente... rispetto le nostre origini.
Adesso non viene insegnato non perché non si vuole, ma perché non lo si sa più.
Il declino è ormai chiaro.
Da quanto ho notato, la situazione dei dialetti in Ticino si è preservata meglio rispetto le altre aree gallo-italiche, pure facendo le ovvie proporzioni e comparazioni tra città e zone rurali.
Soprattutto nelle zone rurali lo parlano parecchio anche i giovani, e poi come detto, in Ticino la toponomastica ha fortemente mantenuto il dialetto. In generale qua ora viene parlato da meno di 1/3 della popolazione.
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Qua nel giro di 20 anni non lo saprà più nessuno, purtroppo. Anche i tentativi di rivitalizzarlo sono un mezzo fallimento, è una ricostruzione fasulla, perchè esistevano mille sfumature del dialetto, non esiste un dialetto, ma tanti dialetti quanti erano i paesi, in una situazione senza soluzione di continuità da Parma a Modena, a Mantova, al toscano nell'alta montagna
Mi sono sempre chiesto come fosse la situazione in Italia in quelle zone dato che si dice che esistono i dialetti, ma poi ovunque si vede solo italiano.
Siete messi un po’ come con i vari patois francesi allora, sono ormai lingue defunte.
Da vedere se si riesce a preservare qualcosa nelle aree rurali.
Anche se il declino c’è, nella Svizzera italofona è meno marcato allora.
Certi termini sono proprio specifici e intraducibili, es il canaletto di scolo del liquame nelle stalle, el "buregàl" (o "gàtol" in bellunese).
Le altre parole che avevo messo sono gancio (sciòrena), sentiero (trùi, varianti sono tròi o tròdo). L'ultimo è un termine specifico che per il momento ho riscontrato solo nella mia frazione, l' "Arièl", è il falo dell'epifania (nel resto del Veneto Panevìn o Bubarata)
Strane e divertenti in dialetto sono le Mende, ovvero i soprannomi delle famiglie, alcuni traggono origine da parole in dialetto altre sono ignote. Molte volte quando si parla in dialetto si pronuncia direttamente nome/soprannome e menda
Alcune della zona assieme a qualche soprannome:
Cùl (da culo)
Ào (da ape, apicoltori)
Vrèspa (da vespa, cattivo)
Càldo (agitato, si "scalda" con poco)
Cagno
Barabba (si narra che uno di loro entrò in chiesa mentre si leggeva la passione, quando sentì ripetere più volte "Barabba" uscì dicendo "qua i a ga sù co mì!" (Ce l'hanno con me!))
Pecora
Scarfòcio (da descarfoiar-togliere le foglie alle pannocchie)
Pìt (alleva pulcini)
Ciapeta (piccola chiappa)
Sucàt (zucca, zuccone, babbeo)
Gevaro (lepre)
Boeta (da bolletta)
Baretina (da piccola berretta)
Peòs (peloso)
Petoeàn (da petoea, sterco di pecora)
Botesea (piccola botte)
Pèldoco (da pelle d'oca, pauroso)
Oca
Panza (grossa pancia)
Angìn Baete (andavaa quaglie con lo schioppo a pallini (baete))
Mario Osèl (mario, andava a caccia di fagiani)
Riporto (ha il riporto sui capelli)
Rino Rana
Il dialetto qua è proprio un'altra lingua...non sarebbe in realtà corretto chiamarla lingua, perchè di fatto una lingua ha un sistema codificato di scrittura come il veneto o il napoletano, o anche il sardo, mentre molti altri dialetti no, ma da un punto di vista diciamo "linguistico", non c'è nessuna differenza tra una lingua e un dialetto, è un idioma a parte con sue forme grammaticali e sintattiche, totalmente distinte dall'italiano.
Adesso chiaramente il dialetto parlato è molto slavato, e chi viene qua dice "ma è facile da capire, non è tanto diverso dall'italiano", ma non è così, è perchè si è perso nel tempo, non perchè non era diverso.
Per dire, il fratello di mio padre più vecchio era del 1940 e, a volte, facevo fatica a capire cosa diceva e anche adesso, il mio zio più vecchio ancora in vita, del 1942, a volte su alcune parole non lo capisco, perchè sono proprio termini antichi, che quasi nessuno conosce più, poi gli stessi detti contadini che ormai anche lì, nessuno conosce più a parte loro.
Il tutto, come dicevo, in un cambiamento senza soluzione di continuità che va da Sant'Ilario d'Enza, al confine col parmense, dove la pronuncia è gia simile a Parma (il rotacismo della "r", per dire), a Guastalla, dove chiudono già le vocali tipo "u" e "o" come nei dialetti lombardi, a Rubiera dove aprono molto le vocali "a" e "o" come a Modena, oppure nell'altissima montagna, dove è il dialetto è ancora diverso, molto più chiuso e paradossalmente simile in certi termini al lombardo.
Addirittura nell'alto appennino modenese e bolognese, ci sono delle zone di commistione tra emiliano e toscano, che a Reggio non ci sono, perchè anche a Massa e Lucca la parlata è tendenzialmente più emiliana che toscana. Però ad esempio, il vino tipico dell'alta montagna è il chianti più del lambrusco, per dire...
Trodo si usa anche qua da me, si traduce in "sentiero".
In Provincia di Bolzano esiste un paese che si chiama Trodena\Truden e pare che il nome derivi da una parola ladina che significa proprio trodo, quindi sentiero
Ah beh poi le mende sono tipicissime in Veneto! Anche qua quasi tutte le famiglie le hanno!
Móla, Gambarèo, Músa, Suìn, Ròco, ...
Non sapevo che Lucca risentisse dell'influsso emiliano (lì siamo nella Garfagnana), mentre è indubbio che tutta la zona di Massa e Carrara abbiano questi influssi. Penso ad un mio amico originario di Aulla, in Lunigiana, a sentirlo parlare con quella cadenza si direbbe tutto tranne che è toscano.
Va detto che, almeno nelle zone vicine a Sarzana, è anche forte l'influenza ligure, ovviamente. Meglio, quella spezzina, perché nel continuum linguistico regionale il genovese (ligure standard) è intelligibile da uno spezzino, ma non corrispondente totalmente (chiaro).
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