Lorenzo, sono pienamente d'accordo su quanto hai scritto. La crisi attuale, così come secondo me la maggior parte delle crisi, è causata non da una mancanza di domanda (come lo fu quella del '29 a suo tempo), ma dalla progressiva mancanza di offerta legata a varie motivazioni che sono venute a convergere tra di loro fra la metà degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio: la rapida globalizzazione dei mercati che ha consentito alle imprese di spostarsi maggiormente all'estero, l'incapacità totale dell'Italia di adeguarsi al mutamento dei tempi tagliando la spesa, la tassazione diretta e l'apparato burocratico come si sarebbe dovuto fare, non ultimo la reazione inadeguata dell'Europa che si è data una propria valuta comune senza prima aver raggiunto unità politica e culturale (col risultato che il tasso di cambio è fisso per tutti ma ognuno balla con sua nonna).
Tutti questi fattori hanno avuto come conseguenza diretta un calo dell'offerta, con poche-pochissime imprese nuove e diverse imprese italiane che hanno delocalizzato all'estero. La diminuzione dell'offerta ha generato una diminuzione della domanda in maniera diretta: se le imprese non aprono e quelle esistenti sono costrette per la concorrenza estera a tagliare i costi, aumenta la disoccupazione e si crea poi anche una depressione della domanda. Per quello scrivevo precedentemente che la crisi è di domanda e di offerta, ma la seconda è la causa della prima.
Questo però x me non significa che per uscire dalla crisi l'Italia debba rispettare il pareggio di bilancio e le altre regole poco lungimiranti introdotte dal fiscal compact: per uscire dalle crisi serve indebitarsi, non c'è verso. Poi il debito può essere finalizzato alla riduzione delle tasse in misura maggiore della spesa (teoria della supply-side economics di cui i portavoce maggiori furono negli anni '80 Arthur Laffer e R. Reagan) oppure a investimenti pubblici aumentando la spesa in conto capitale senza toccare le tasse (teoria keynesiana d.o.c.).
Io sono per la prima posizione (la teoria della supply-side) e lo sono a maggior ragione per l'Italia, perchè ritengo che l'Italia oggi abbia come unica possibilità una crescita combinata con tagli di spesa, anche in virtù del fatto che nei prossimi anni avremo una popolazione sempre più anziana e quindi il peso del welfare diventerà sempre meno sostenibile.
Su quello che hai scritto consentimi una precisazione: l'Italia non è sempre stato un Paese con la cultura del debito e della spesa pubblica promotrice della crescita. Fino alla metà degli anni '70 anzi è stato un Paese con finanze pubbliche di tutto rispetto e spesa contenuta (non liberista nel vero senso del termine ma eravamo anche parecchio distanti dallo statalismo estremo degli anni '80-inizio'90). La svolta è stata proprio a metà degli anni '70, con la crisi petrolifera, le tensioni sociali e l'inizio di fenomeni come le riprese senza creazione di nuovi posti di lavoro (fenomeno avuto sia nel 1976-77 che nel 1983-87), hanno spinto i governi - votati più al consenso che ad altro - a espandere a tutto ritmo la spesa pubblica, fino ad allora sotto il 30% del PIL (dunque su livelli perlomeno decenti).![]()
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Le prime righe del commento andrebbero benissimo se il Governo di cui stiamo parlando fosse un Governo politico, in una situazione di assoluta normalità. Cioè il contrario della situazione di fine 2011.
Monti era stato chiamato per risolvere i nodi dell'economia e della finanza pubblica italiana in una situazione che appunto era di emergenza. In quel momento, egli avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva, perchè nessun politico si sarebbe assunto la responsabilità di farlo cadere e - di conseguenza - mandare il Paese a rotoli, solo perchè non era d'accordo con una parte del suo programma.
Per cui non so se egli abbia tagliato così poco (e così male) la spesa e aumentato così tanto le imposte per motivi di scelta personale, o per convinzione che se l'avesse fatto gli avrebbero staccato la spina. Sta di fatto che, x com'era lo scenario in quel momento, nessuna delle due ipotesi è plausibile. La prima perchè sono convinzioni sbagliate e per rendersene conto basta guardare il bilancio pubblico italiano. La seconda perchè far cadere il Governo in quel momento era un operazione totalmente insensata dal punto di vista politico![]()
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
E' su questo punto Federico che il mio pensiero diverge dal tuo. Indebitarsi espone maggiormente al rischio crisi. Lo so che mi "riprovererai" il fatto di far esempi di natura microeconomicama personalmente credo che una distinzione tra microeconomia e macroeconomia sia più di natura accademica che reale
.
Se tu hai un debito con una finanziaria che non riesci a ripagare cosa fai, lo estingui facendo un ulteriore debito con un'altra finanziaria (oppure rinegozi con la stessa finanziaria quel debito)? La soluzione è quella di prender tempo nella speranza che un domani il tuo reddito cresca per magia? Puoi anche sperare che quel reddito cresca per un allentamento fiscale ma c'e' una bella differenza far crescere il reddito netto invece che il reddito lordo ... questo esempio, pur nella sua banalità e semplificazione, puoi tranquillamente trasportarlo nel macroeconomico. Fare ricorso al deficit di bilancio e/o ad altro debito, oggi, significa prendere tempo e cronicizzare la situazione. Purtroppo il livello di non ritorno è superato e solo una deflazione da debito può ripulire il tutto nella speranza che successivamente si pongano le basi per una crescita sostenibile. Utilizzare il deficit di bilancio per agevolare l'utilizzo della leva fiscale lasciando inalterato il sistema di welfare esistente oggi e/o ridurre solo in minima parte la spesa pubblica libera risorse che verranno utilizzate per ripagare debiti ... nella tua ipotesi di utilizzare il deficit per ridurre le tasse si utilizza lo strumento dell'indebitamento pubblico per risanare il debito privato, si crea un incremento di reddito netto che non riesce ad influenzare le dinamiche di incremento del reddito lordo. Nel contesto attuale occorrerebbe avere la lungimiranza di traslare la deflazione da debito dal settore privato al settore pubblico, mantenendo rigore di bilancio, tagliando drasticamente il settore pubblico ed utilizzare quelle risorse anche per finanziare la leva fiscale, invertendo quanto fatto ad oggi, cioè creando aggravi congiunturali nel breve a favore di benefici duraturi per il futuro. Sperare che il processo di inversione di tendenza sia indolore è utopistico. L'alternativa è fare quello che si è fatto fino ad oggi, benefici minimi nel breve e aggravio della situazione nel lungo termine, rimandando il default pubblico.
Analisi correttissima...il problema italiano nasce qualche decennio dopo rispetto all'immediato dopoguerra, subito dopo la fine degli accordi di Bretton Woods, ma le basi affinché quel problema sorgesse furono già messe nel periodo post-bellico attraverso l'implementazione progressiva dell'attuale sistema monetario che avrebbe permesso l'utilizzo massiccio dell'indebitamento.
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Ultima modifica di CausaEffetto; 13/05/2013 alle 13:24
[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
Che detta a novembre 2011 aveva tutto il senso del mondo.
Peccato che a febbraio 2013 si sia dimostrato palesemente falso.
Ribadisco: a parole appena arrivato era esattamente come dici. Poi ci fu la riforma delle pensioni e dopo poco ci siam trovati con quasi 200 punti di spread in meno. Il tutto in pochi mesi.
E addio ai buoni propositi.
Altrimenti si dovrebbe dare una buona ragione del fatto che per almeno 8 mesi si è fatto... Già, cosa?![]()
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
A parte l'errore che tu stesso hai ammesso di confondere situazioni microeconomiche con macroeconomiche, ma che comunque trascuro...giriamo un attimo la questione vedendola da un altro senso! Io ho un debito verso Tizio, un debito abbastanza alto e sono in situazione di crisi aziendale: sto vendendo poco e le entrate calano.
Davanti a me ho due strade: o taglio le spese drasticamente, licenziando i dipendenti e calando i costi di tutti i tipi, oppure mi indebito per rilanciare l'azienda tramite corposi investimenti. Se l'investimento è effettuato in un processo che a breve termine avrà ottimi ritorni, non è assolutamente detto che per chi detiene il mio debito ciò non vada bene.
Se invece scelgo la prima strada può essere che l'azienda, venendo privata di parte della capacità produttiva e trovandosi comunque con meno risorse, non risolva affatto i suoi problemi. Nulla dice che essa ripartirà davvero nel breve periodo, per i motivi di diminuzione della capacità produttiva su accennati: quindi l'investitore potrebbe chiedermi tassi di interesse più alti sul debito e le cose andrebbero peggiorando.
Questo esempio meramente aziendale, relativo quindi a una singola azienda, già di suo fa capire come in realtà non è assolutamente scontato che una manovra di austerità e rigido rispetto dei conti pubblici abbia effetti positivi. Tanto meno scontato lo è in macro-economia dove non è l'atteggiamento di uno che conta ma quello di tutti i consumatori e tutte le imprese prese nel suo insieme.
Se la maggior parte degli individui non consuma o se le imprese non hanno alcun incentivo ad aumentare l'offerta, serve un intervento esterno a favore dell'offerta o a favore della domanda (ma per conto mio nella maggior parte dei casi l'intervento dev'essere a favore dell'offerta) che rilanci l'economia. Altrimenti, se lo Stato cerca di realizzare un avanzo primario durante le crisi, ottiene come risultato che l'economia si deprime ulteriormente, i consumi calano e le imprese non hanno alcun incentivo a crearsi e ad espandere l'offerta.
Entrano meno soldi nelle casse dello Stato e sono di più quelli che escono, per l'aumentare delle spese pubbliche dovuto ai maggiori sussidi da erogare. Risultato? Le aziende chiudono, aumenta la disoccupazione, e i conti pubblici peggiorano. Bingo
In questo caso è necessario che uno Stato si indebiti, altrimenti il circolo vizioso si auto-alimenta. Questo non vuol dire che una volta finito il ciclo negativo debba continuare a indebitarsi: tutt'altro. Una volta ripartito il ciclo economico, allora, e solo allora si può iniziare a puntare alla realizzazione di avanzi primari e adottare politiche restrittive.
Lorenzo, io non sono assolutamente d'accordo con la maggior parte dei keynesiani tipo Krugman o Stiglitz, o peggio ancora Barnard, Brancaccio e simili, i quali sostengono che il debito sia bello, sia sempre utile e sia l'unico modo per arricchire i cittadini; ma non sono nemmeno d'accordo con i liberisti più spinti tipo Mingardi che aborrano ogni politica fiscale espansiva anche durante le fasi di recessione e hanno un vero e proprio amore ingiustificato per il pareggio di bilancio come la panacea di tutti i problemi. Entrambe le posizioni sono esagerate da una parte e dall'altra per me.
Giuro che non mi viene in mente nessun caso di crisi economica superata senza ricorso al debito, per quanto provvisorio...nessuno proprio. A parte il caso della Grande Depressione, ricordo anche solo che nella crisi dell'inizio anni '80 gli USA ne uscirono aumentando il deficit. Che nella crisi asiatica del 1998 successe la stessa cosa. E potrei andare avanti ancora...Questo non significa essere contrari al libero mercato (io sono uno dei suoi più accesi sostenitori) ma riconoscere semplicemente che, per quanto sia il miglior sistema possibile, nessuno è perfetto. E quindi anche il mercato necessita di interventi volti a riavviarlo in occasioni straordinarie.![]()
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Erano almeno dieci anni che non mi appassionava così tanto disquisire di economia. Grazie
Errore è un termine che hai aggiunto... in quanto credo fortemente che distinguere nettamente situazioni microeconomiche da situazioni macroeconomiche non sia corretto ... ma questa è la mia opinione e non essendo titolato tale opinione non conta nulla
ma essendo io persona molto pratica e poco teorica rifiuto nel modo più assoluto tentativi di distorsione della realtà. L'economia è una scienza sociale che studia il comportamento dell'azione dell'essere umano dettato dalla necessità di soddisfare bisogni in un contesto di scarsità di risorse. L'economia è tutta qui. Se non vi fossero bisogni e scarsità di risorse non vi sarebbe scienza economica. L'azione del singolo, che sia soggetto individuale, azienda, gruppo di aziende, associazione di persone, totalità degli attori economici è soggetta alle stesse leggi che gravitano intorno al concetto di bisogno e scarsità di risorse. Una pluralità di individui non è un'aggregato a sé stante ma è l'insieme di individualità. L'azione di tutti gli individui, che non è differenziabile in base al fatto che sia svolta singolarmente o in comunione con altri individui, determina il valore delle grandezze cosiddette macroeconomiche.
Al momento non ho il tempo per poter risponderti come vorrei, cioè rendendoti partecipe di due casi reali che ho avuto sotto il naso. Vedremo di tornarci sopra.
Per forza che non ti vengono in mente perché non ce ne sono di casi gestiti senza l'utilizzo dello strumento del debito dal dopoguerra ad oggi, ma ciò non significa che sia lo strumento idoneo anzi ... io sono proprio dell'idea che è il sistema stesso basato sul debito all'origine delle crisi che vorrebbe tanto risolvere o addirittura evitare. Spesso dimentichiamo l'esistenza di leggi a cui in questo mondo non possiamo sottrarci ... oltre alla forza di gravità che tutti conosciamoesiste anche una realtà in cui la sopravvivenza non è poi così garantita a tutti i costi. Sul mercato è utopistico pensare che tutti abbiano le stesse possibilità e che tutti arrivino al successo. Esistono aihmé anche i fallimenti e questo fa parte della natura imprenditoriale dell'essere umano. Il rischio è intrinseco all'attività economica. Oggi viviamo in un sistema socio-economico moderno, avanzato in cui la percezione del rischio si è ridotta notevolmente rispetto a solo un secolo fa. Questa distorsione della realtà, che di fatto è il frutto di politiche economiche fondate sul debito che hanno impedito agli eccessi di autolimitarsi, che hanno favorito il persistere di realtà antieconomiche, ecc ... è andata progressivamente a scapito delle situazioni economiche maggiormente produttive, competitive, che hanno dovuto progressivamente farsi carico del costo di questo assistenzialismo. Sta progressivamente morendo lo zoccolo duro della crescita sostenibile volendo a tutti i costi salvare il salvabile a suon di debito. E non è un caso che le crisi che ti vengono in mente si stiano susseguendo in modo quasi ciclico a distanza sempre più ravvicinata. Nell'ultima ondata di crisi iniziata nel 2008 si è reso maggiormente visibile la natura debitoria del problema e l'esperimento a cui siamo sottoposti è quello della socializzazione delle perdite traslando l'onere dal privato al pubblico come mai si è fatto nella storia
Hai provato a pensare come mai l'eccezione sia proprio la crisi del '29 e si sia comunque risolta? Si è lasciato spurgare il sistema dagli eccessi e dall'indebitamento folle degli anni '20. Dopo quell'esperienza drammatica vi erano finalmente le basi per riprendere una crescita sostenibile di lungo termine ma complice l'evento della seconda guerra mondiale si è successivamente pensato bene di creare un sistema monetario basato sulla moneta-debito/deficit sull'onda delle teorie keynesiane/monetariste ... tanto nel lungo termine saremo tutti mortiIl lungo termine è puntualmente arrivato e siamo ancora tutti qui a vivere una seconda grande depressione peggiore della prima che si sta tentando di curare con gli stessi strumenti che ne sono all'origine. L'esito finale potrà solo essere la socializzazione totale delle perdite a scapito del settore privato con il ritorno ad un'economia di stato.
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Ultima modifica di CausaEffetto; 14/05/2013 alle 09:08
[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
Il trionfo del comunismo dato per morto!
Beh... Se questa fosse davvero l'unica possibile conclusione saremmo a posto: visto il livello di controllo/commistione del pubblico nell'economia del Paese quasi non ci accorgeremmo della differenza.
Ti dirò... Non sono molto convinto che finisca così, almeno in un tempo "umano"...![]()
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Lorenzo, guarda, penso che in realtà non siamo su visioni così distanti. Come detto, non sono certo un fan del debito: nessuno pensa che durante una fase di ripresa il debito debba continuare a essere assunto (anche se io sono contrario al debito estero, non a quello contratto con i propri cittadini che invece non è un male), ne tantomeno che durante un buon andamento del ciclo economico non si debba fare rigore dei conti pubblici: tutt'altro, il momento giusto è quello.
Il problema è che tu sei convinto che uscire dalla crisi tramite austerità significhi calare il debito anziche aumentarlo, come invece avviene e come è puntualmente avvenuto in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo (Italia passata dal 119 al 127% del debito/PIL nel 2012 e previsione di superamento del 130% a fine 2013). Può andar bene per una famiglia o un'impresa come concetto, ma non per una collettività formata da tante persone.Perchè se io da solo taglio le mie spese e aumento le mie entrate, ciò è palese che non conta nulla sull'economia dell'Italia, ma se lo Stato italiano, tramite la leva fiscale, attua manovre restrittive queste vanno a colpire tutti e ad alimentare il cielo.
E quindi l'intera economia del Paese gira di meno, produce meno, c'è meno offerta e di conseguenza anche meno domanda. Si creano nuovi disoccupati che andranno a richiedere il sussidio e quindi via con nuove spese in protezione sociale. Si fa una grandissima fatica (se non diventa proprio impossibile) ad aumentare il gettito fiscale perchè entrano meno soldi a causa della crisi e perchè l'aumento delle tasse disincentiva i comportamenti come lavorare, consumare, produrre (fenomeno dell'erosione). Il ciclo economico peggiora e i conti pubblici anche. Non sto raccontando delle fantasie: è quello che è sotto gli occhi di tutti.
Se si pensa di uscire dalla crisi mettendo prima a posto il bilancio, si è fuori rotta secondo me, e questa è la cosa che più contesto delle politiche macro-economiche europee e in particolare del Fiscal Compact, un trattato che ha reso anti-costituzionale Keynes e Laffer (oltre a parecchi altri economisti) senza alcun motivo. Per un semplice motivo: agendo così si peggiora il bilancio, non lo si migliora. Provato e riprovato dai casi più recenti. Lo si migliora solamente quando si attuano politiche fiscali espansive.
E in quel caso il miglioramento non avviene in maniera automatica ma soltanto dopo qualche anno, quando gli effetti della crescita, dell'aumento della base imponibile e della riduzione della spesa pubblica per la creazione di nuovi posti di lavoro inizia a creare effetti positivi. E da li in poi bisogna invertire la rotta e iniziare con politiche restrittive, in particolare con tagli di spesa più che con aumenti di imposte. Anche perchè tagliare la spesa in modo maggiore della riduzione delle tasse è molto più facile quando c'è un'economia in buona salute: l'alta occupazione non richiede sussidi governativi, l'alta produttività delle imprese permette alle stesse di sopportare un aumento della tassazione, ecc.
Questo significherebbe avere un deficit di bilancio nel breve termine, per poi risolverlo a medio termine. L'austerità significa invece avere un deficit a breve termine e non essere affatto sicuri di risolverlo a medio termine. Non vedo francamente alcun motivo, dopo quanto detto, sia di crescita economica che di bilancio, per cui durante una crisi (lo sottolineo perchè non vorrei mi si fraintenda) si debbano attuare politiche fiscali restrittive.
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«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
"Austerità" comunque è un concetto troppo generico; può essere fatta tramite tagli o tramite tasse, e certamente siamo d'accordo che il secondo caso durante un periodo di crisi sia assolutamente il peggio. Sul primo mi permetto di nutrire dubbi.
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