Qui viene fuori il problema che si crea all'interno del nostro stesso sistema, generandosi il paradosso che porta necessariamente a rimeditare tutto e a capire come adeguare il dettato nel nostro sentire alla nuova situazione al contorno.
"Tollerare gli intolleranti": questo in sostanza il punto. E' giusto, non è giusto? Il massimo della tolleranza, e dell'aderenza alle nostre convinzioni, sarebbe questo: lasciare che altri facciano, senza impedirlo. Non è una posizione nuova: già qualcuno disse "porgi l'altra guancia"... però i mercanti nel tempio videro rovesciate le loro mercanzie e furono buttati fuori senza troppi complimenti.
E quindi? non lo so, ammetto di non avere risposte, ma solo domande.
Quando un cittadino cessa di essere uguale e subisce limitazioni? Se i cinesi chiedessere che venga servito cane nelle scuole, saremmo tutti d'accordo come per la carne halal? E se arriva un indigeno di qualche isola della Polinesia i cui riti prevedono l'antropofagia all'interno del nucleo tribale (si badi, senza interferire col nostro diritto di vivere senza essere mangiati, rimanendo all'interno della loro comunità). Saremmo disposti ad accettarlo?
Un medico richiesto di agire secondo quanto previsto da un'altra cultura, può sollevare obiezione di coscienza? Se i parenti gli chidono di reinfibulare la donna che ha appena scucito per farla partorire, cosa deve fare? rispetta il diritto del paziente, o il giuramento di Ippocrate?
Un ufficiale del Comune, davandi alla poliginia culturale cosa fa? Celebra il rito per tutte le mogli, oppure si limita a quanto prevede la Costituzione, e ne discrimina alcune rispetto alla favorita? E se lo richiedesse anche un italiano di antica generazione, a lui verrebbe rifiutato o si rispetterebbe quella parità sancita dalla Costituzione?
Insomma, la questione non è tanto banale, e forse è ora che iniziamo a interrogarci per capire come va interpretata oggi - e in futuro - la lettera di un principio che sembrava ovvio fintantoché ci pensavamo come la punta didiamante dell'evoluzione, il massimo indiscutibile del progresso culturale, invidabile e imitabile da tutti.
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