Si anche qui è come in Ticino. Nel weekend appena trascorso ho notato però che alcuni ristori perlopiù in montagna hanno scelto di chiudere mettendosi in ferie tipo fino al 30 novembre, penso perché al momento non hanno una grossa domanda e preferiscono essere pronti per la stagione invernale.
A parte questo, non ci sono divieti di apertura che io sappia, ma stringenti regole di igiene, distanziamento e mascherina per chi sta aperto, quello sì.
Giusto per curiosità quanto ci costerà un vaccino? O quanto ci è già costato?![]()
Progetto fantasioso…
Riproponiamo un parallelo Italia-Francia per capire a che punto siamo davvero. In Francia, dopo 16 giorni dall’introduzione del lockdown, l’epidemia sembra tornare sotto controllo. Nel periodo 9-15 novembre i nuovi casi sono stati 194.503 contro i 283.726 della settimana pre-lockdown (23-29 ottobre): il calo è del 31,44%. In Italia, dopo 9 giorni dall’introduzione delle prime zone rosse, il periodo 9-15 novembre si è chiuso con 243.429 nuovi casi contro i 222.398 pre-misure (30 ottobre-5 novembre): la crescita è dell’8,63%. In Francia il rapporto positivi tamponi (ultimo dato15,7%) è in costante discesa dal picco del 4 novembre (20,7%). In Italia il valore è in altalena, ma non scende: nel periodo 6-15 novembre ha oscillato tra un minimo di 14,60% (11 novembre) e un massimo di 17,40% (ieri, 15 novembre). In Francia si discute su quanto a lungo mantenere le misure di contenimento per stabilizzare l’indice Rt a quota 0.6-0.7, raggiunta proprio in questi giorni e considerata idonea per controllare in modo efficace il contagio. In Italia siamo ancora sopra quota 1.0 (1.07 alla sera del 15 novembre, metodo Kohlberg-Neyman modificato) e già si ipotizzano, su base locale, allentamenti a breve legati ai passaggi tra zone gialle, arancioni e rosse. Nel frattempo il segnale di inversione di tendenza nel numero dei casi nella settimana mobile, cui abbiamo accennato ieri, non ha purtroppo trovato conferma: 243.429 casi (9-15 novembre) contro 242.066 (8-14 novembre). Anche qui, siamo in altalena. Ma soprattutto la pressione sugli ospedali è in continuo aumento: tra il 9 e il 15 novembre i posti occupati in terapia intensiva sono aumentati di 673 unità, quelli in area medica di 5.607 (fonte: dati Regioni, ministero della Salute, Iss). E per l’inerzia dei contagi delle ultime due settimane continueranno a crescere, anche se speriamo più lentamente, nei prossimi giorni. Nervi saldi, e non illudiamo le persone. La strada intrapresa è quella giusta, ma è lunga: e non ammette né scorciatoie, né repentini cambi di rotta.
17.33 - Due nuove zone rosse in Sicilia
(Salvo Fallica) Sono già attive due nuove «zone rosse» in Sicilia. E’ una decisione presa dal presidente della Regione Nello Musumeci d’intesa con l’assessore alla Salute Ruggero Razza. L’obiettivo è il contrasto della crescita dei contagi di Covid-19 nei due nuovi cluster territoriali. Si tratta dei comuni di Bronte (cittadina etnea famosa per essere la terra del pistacchio) e Misilmeri (comune del Palermitano). Erano stati i sindaci dei due centri che dato l’alto numero dei contagi di Coronavirus avevano chiesto l’attuazione del provvedimento per cercare di ridurre la curva del contagio. A Bronte la crescita dei contagi è stata esponenziale e veloce. Lo stesso sindaco di Bronte, Pino Firrarrello (81 anni ed ex senatore della Repubblica), è risultato positivo al Coronavirus.In due comuni del Messinese, Cesarò e San Teodoro, è stata prorogata dal governo regionale la «zona rossa» fino al 23 novembre. Il motivo è che persiste l’emergenza epidemiologica nei due piccoli centri sui Nebrodi. La Sicilia è la regione in Italia che maggiormente attua le micro-zone rosse locali per spegnere i focolai dei contagi ed evitare chiusure più ampie e generalizzate. Vi è inoltre un nuovo cluster di 27 persone di contagiati all’Oasi di Troina nell’Ennese. Nella prima ondata aveva superato i 170 contagiati di Coronavirus ed il focolaio era stato spento. Adesso il problema si ripropone.
17.46 - Puglia, i medici chiedono zona rossa
Cresce il numero di contagi, le vittime pugliesi del coronavirus da marzo ad oggi superano quota mille e aumentano anche i ricoveri: 36 in più rispetto a ieri, 1447 contro 1441. L’epidemia di Covid-19 non rallenta la sua corsa in Puglia e i medici invocano l’istituzione della «zona rossa». A chiederlo, oggi, è stato il presidente dell’Ordine dei medici di Bari e della Federazione degli Ordini nazionali, Filippo Anelli: «Il virus - sostiene - continua a diffondersi a una velocità preoccupante in Puglia. L’assessore Lopalco chieda subito al governo di rendere la Puglia regione rossa». L’epidemiologo è sulla stessa lunghezza d’onda dei medici, preoccupato anche lui dall’andamento epidemiologico in tutta Italia: «In questo momento l’epidemia di Covid-19 sta crescendo ad un ritmo superiore a quello dell’influenza. Con la differenza che l’influenza non necessita di tanti posti letto e terapie intensive». In ballo c’è la tenuta della rete ospedaliera, anche oggi ci sono stati 1.044 i nuovi casi di positivi su soli 4.425 test: un tampone su quattro ha rilevato un contagio, una percentuale mai raggiunta. In provincia di Foggia ci sono stati 426 nuovi contagi, 267 nel Barese, 127 in provincia di Taranto, 110 nella provincia BAT, 71 in provincia di Lecce, 50 in provincia di Brindisi, 3 residenti fuori regione, 10 casi di provincia di residenza non nota sono stati riclassificati e riattribuiti. E sale ancora il numero dei morti, con le 36 vittime di oggi sono 1.021 in sette mesi. Diciannove delle vittime registrate oggi risiedevano in provincia di Bari, 2 nella Bat, 2 in provincia di Brindisi, 8 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce, 3 in provincia di Taranto. Foggia, Bat e Bari i territori più in difficoltà nella gestione dei pazienti, tanto che anche l’ospedale barese DI Venere ha dovuto convertire 40 posti letto per destinarli al Covid.
Alla fine nello studio non c'è molto più di quanto già reso pubblico e questo è un grosso problema.
Hanno usato un test sviluppato da loro senza fare alcuna valutazione sulla sua efficacia, una mancanza gravissima per uno studio scientifico, senza porsi il problema nemmeno di fronte a risultati assurdi.
Questo è particolarmente grave nel mezzo di una pandemia in cui il mondo scientifico dovrebbe essere un punto di riferimento affidabile sia per i governanti sia per la popolazione.
Orrori come questo invece contribuiscono ad aumentare la confusione e alimentare la sfiducia verso la scienza che già ha raggiunto livelli allarmanti.
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