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  1. #81
    Burrasca L'avatar di Lioz
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    Predefinito Re: Questione Padre Pio: una riflessione sui miracoli.

    Io ci credo, i miracoli sono possibili. L'altra sera Federer ha fatto un passante che andava contro le leggi della fisica.
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    SNOWCHASER (dalla nascita)


  2. #82
    Uragano
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    Predefinito Re: Questione Padre Pio: una riflessione sui miracoli.

    Citazione Originariamente Scritto da inocs Visualizza Messaggio
    La ragione, parlo a titolo personale, è semplice: noi stiamo qui a scrivere, e più in generale siamo qui sulla terra coscienti di esistere, da e per un tempo estremamente piccolo. E siamo entrati nell'era scientifica da un tempo ancora minore. Un'aurora boreale (esempio stupidissimo) era un miracolo vero e proprio creato da qualche divinità del cielo. E così è stato per migliaia di anni. Oggi non lo è più nè mai più lo sarà.

    Intendo dire che se impari a conoscere ed indagare i meccanismi propri della scienza, o meglio dell'incedere del "pensiero razionale", puoi attenderti lecitamente che tale pensiero continui ad evolversi, ma soprattutto puoi aspettarti che dia in futuro, magari, risposte a fenomeni oggi apparentemente inspiegabili (semprechè siano tali!). Così come milioni di fenomeni in passato inspiegabili oggi sono chiarissimi; e su questo sono molto critico con alcuni: la capacità esplicativa del metodo scientifico è eccezionale, chiara e condivisa da tutti (persino da chi non vorrebbe fidarsi, ma lo fa all'atto pratico ogni giorno): come si fa a dubitarne o pensare di poterla accantonare con tanta facilità, così a cuor leggero?

    Tra il concedere credito all'ipotesi che ci siano fenomeni o realtà inspiegabili (peraltro spesso banali e tutt'altro che "fuori dal mondo", molto più spesso mistificatori e facilmente riconducibili nei pieni binari della razionalità) e concedere credito alla scienza, io opto banalmente per la seconda scelta. Tenendo ben presente un'altra cosa: la scienza stessa fissa di volta in volta i suoi stessi limiti. E' cioè prerogativa del pensiero razionale fissare un limite oltre cui il pensiero razionale non può spingersi. E' già successo e succederà ancora, cosa che molti fanno finta di non vedere o semplicemente ignorano. Questo vuol dire che al limite, parlando sempre per me stesso, ammetto tranquillamente che ci siano cose che la scienza non può spiegare, altrochè, ma:

    1 - deve essere chiaro che non sono spiegabili scientificamente, e questo implica da un lato di escludere ogni fenomeno su cui alla scienza non sia dato modo di indagare (mi pare ovvio, e mi pare ovvio che ce ne siano molti);

    2 - bisogna attendere in molti casi un giusto tempo, che non è quello di una vita umana. Per dire, non sappiamo ancora bene come funzioni un cervello o come il Dna codifichi un organismo vivente in ogni suo singolo aspetto. Ma immaginare che lo sapremo tra 50, 100 o 1000 anni è del tutto verosimile. Altro esempio stupido: la solita tiritera che ci manca la prova che la vita possa nascere da materia inerte. E' così difficile immaginare che tra 50, 100 o 1000 anni la creeremo così? E quando succederà vuoi scommettere che porteremo ad esempio al pensiero irrazionale e ai suoi adepti (ci saranno sempre) quella mirabolante storia e narreremo di quelli che razionalmente già lo pensavano prima, mentre tutti gli altri si affidavano a spiegazioni ed eccezioni altamente improbabili, così come oggi facciamo con la storia della terra al centro dell'universo e di quanto ci è voluto a spostarla di lì? Io lo scrivo, se il database del forum dura a lungo poi ripeschiamo il messaggio


    Se io so che un aurora era inspiegabile e oggi lo è, perchè non dare credito e fiducia al metodo che l'ha spiegata e che condiziona ogni attimo della nostra attuale vita?

    3 - ci sono alcune cose che secondo me (e solo secondo me) la scienza non spiegherà mai, diciamolo. L'esempio più banale è: chi siamo e da dove veniamo? . Però Claudio, capirai spero, vedi tu altre spiegazioni? E' una spiegazione Allah o Jahvè? E cosa spiega? Perchè qui sfugge un'altra cosa importante: quando anche ammettessimo che una cosa non sia indagabile col metodo scientifico razionale, non faremmo altro che entrare nel mondo della soggettività. Ed è chiaro che perderemmo ogni riferimento ad un'esperienza comune, ed ogni utilità di pensiero, speculativa o che dir si voglia. Perchè un albero è un albero, lo vediamo in milioni. Ma se tu ci vedi un'auto, io un albero e lui un millepiedi, di che parliamo?
    Quotone.


  3. #83
    Tempesta violenta L'avatar di Gio
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    Predefinito Re: Questione Padre Pio: una riflessione sui miracoli.

    Citazione Originariamente Scritto da Lioz Visualizza Messaggio
    Io ci credo, i miracoli sono possibili. L'altra sera Federer ha fatto un passante che andava contro le leggi della fisica.
    Hai risposto come ho fatto io nel 3d degli esorcismi. Sei proprio un senza Dio.
    Giovanni Tesauro
    Responsabile Rete Stazioni Meteorologiche MeteoNetwork-Meteo.it


    Dati in diretta da Capiago Intimiano (CO, 375 m s.l.m.) http://www.dropedia.it/stazioni/intimiano_sud/index.htm

  4. #84
    Burrasca L'avatar di inocs
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    Predefinito Re: Questione Padre Pio: una riflessione sui miracoli.

    tratto da Corriere.it

    ROMA, 24 OTTOBRE 2007 - I l cerchio intorno a padre Pio aveva cominciato a stringersi fra giugno e luglio del 1920: poco dopo che era pervenuta al Sant'Uffizio la lettera- perizia di padre Gemelli sull'«uomo a ristretto campo di coscienza», «soggetto malato», mistico da clinica psichiatrica. Giurate nelle mani del vescovo di Foggia, monsignor Salvatore Bella, e da questi inoltrate, le testimonianze di due buoni cristiani della diocesi pugliese avevano proiettato sul corpo dolorante del cappuccino un'ombra sinistra. Più che profumo di mammole o di violette, odore di santità, dalla cella di padre Pio erano sembrati sprigionarsi effluvi di acidi e di veleni, odore di impostura.


    Il primo documento portava in calce la firma del dottor Valentini Vista, che a Foggia era titolare di una farmacia nella centralissima piazza Lanza. Al vescovo, il professionista aveva riferito anzitutto le circostanze originarie del suo interesse per padre Pio. La tragica morte del fratello, occorsa il 28 settembre 1918 (per effetto dell'epidemia di spagnola, possiamo facilmente ipotizzare). La speranza che il frate cappuccino, proprio in quei giorni trafitto dalle stigmate, potesse intercedere per l'anima del defunto. (...) Il dottor Valentini Vista era poi venuto al dunque.

    Nella tarda estate del '19, il pellegrinaggio a San Giovanni era stato compiuto da una sua cugina, la ventottenne Maria De Vito: «Giovane molto buona, brava e religiosa», lei stessa proprietaria di una farmacia. La donna si era trattenuta nel Gargano per un mese, condividendo con altre devote il quotidiano train de vie del santo vivo.



    Il problema si era presentato al rientro in città della signorina De Vito: «Quando ella tornò a Foggia mi portò i saluti di Padre Pio e mi chiese a nome di lui e in stretto segreto dell'acido fenico puro dicendomi che serviva per Padre Pio, e mi presentò una bottiglietta della capacità di un cento grammi, bottiglietta datale da Padre Pio stesso, sulla quale era appiccicato un bollino col segno del veleno (cioè il teschietto di morte) e la quale bottiglietta io avrei dovuto riempire di acido fenico puro che, come si sa, è un veleno e brucia e caustica enormemente allorquando lo si adopera integralmente. A tale richiesta io pensai che quell'acido fenico adoperato così puro potesse servire a Padre Pio per procurarsi o irritarsi quelle piaghette alle mani».


    A Foggia, voci sul ritrovamento di acido fenico nella cella di padre Pio avevano circolato già nella primavera di quel 1919, inducendo il professor Morrica a pubblicare sul Mattino di Napoli i propri dubbi di scienziato intorno alle presunte stigmate del cappuccino. Non fosse che per questo, il dottor Valentini Vista era rimasto particolarmente colpito dalla richiesta di acido fenico puro che il frate aveva affidato alla confidenza di Maria De Vito.



    Tuttavia, «trattandosi di Padre Pio», egli si era persuaso che la richiesta avesse motivazioni innocenti, e aveva consegnato alla cugina la bottiglia con l'acido. Ma la perplessità del farmacista era divenuta sospetto poche settimane dopo, quando il cappuccino di San Giovanni aveva trasmesso alla donna – di nuovo, sotto consegna del silenzio – una seconda richiesta: quattro grammi di veratrina.


    Rivolgendosi a monsignor Bella, Valentini Vista illustrò la composizione chimica di quest'ultimo prodotto e insistette sul suo carattere fortemente caustico. «La veratrina è tale veleno che solo il medico può e deve vedere se sia il caso di prescriverla», spiegò il farmacista. A scopi terapeutici, la posologia indicata per la veratrina era compresa fra uno e cinque milligrammi per dose, sotto forma di pillole o mescolata a sciroppo. «Si parla dunque di milligrammi! La richiesta di Padre Pio fu invece di quattro grammi! ».



    E tale «quantità enorme trattandosi di un veleno», il frate aveva domandato «senza la giustificazione della ricetta medica relativa», e «con tanta segretezza»... A quel punto, Valentini Vista aveva ritenuto di dover condividere i propri dubbi con la cugina Maria, raccomandandole di non dare più seguito a qualsivoglia sollecitazione farmacologica di padre Pio. Durante il successivo anno e mezzo, il professionista non aveva comunicato a nessun altro il sospetto grave, gravissimo, che il frate si servisse dell'una o dell'altra sostanza irritante «per procurarsi o rendere più appariscenti le stigmate alle mani».

    Ma quando aveva avuto notizia dell'imminente trasferimento di monsignor Bella, destinato alla diocesi di Acireale, «per scrupolo di coscienza» e nell'«interesse della Chiesa» il farmacista si era deciso a riferirgli l'accaduto.



    La seconda testimonianza fu giurata nelle mani del vescovo dalla cugina del dottor Valentini Vista, e risultò del tutto coerente con la prima. La signorina De Vito confermò di avere trascorso un mese intero a San Giovanni Rotondo, nell'estate del '19. Alla vigilia della sua partenza, padre Pio l'aveva chiamata «in disparte» e le aveva parlato «con tutta segretezza», «imponendo lo stesso segreto a me in relazione anche agli stessi frati suoi confratelli del convento».



    Il cappuccino aveva consegnato a Maria una boccetta vuota, pregando di farla riempire con acido fenico puro e di rimandargliela indietro «a mezzo dello chauffeur che prestava servizio nell'autocarro passeggieri da Foggia a S. Giovanni». Quanto all'uso cui l'acido era destinato, padre Pio aveva detto che gli serviva «per la disinfezione delle siringhe occorrenti alle iniezioni che egli praticava ai novizi di cui era maestro ». La richiesta dei quattro grammi di veratrina le era giunta circa un mese dopo, per il tramite d'una penitente di ritorno da San Giovanni. Maria De Vito si era consultata con Valentini Vista, che le aveva suggerito di non mandare più nulla a padre Pio. E che le aveva raccomandato di non parlarne con nessuno, «potendo il nostro sospetto essere temerario ».


    Temerario, il sospetto del bravo farmacista e della devota sua cugina? Non sembrò giudicarlo tale il vescovo di Foggia, che pensò bene di inoltrare al Sant'Uffizio le deposizioni di entrambi. D'altronde, un po' tutte le gerarchie ecclesiastiche locali si mostravano scettiche sulla fama di santità di padre Pio. Se il ministro della provincia cappuccina, padre Pietro da Ischitella, metteva in guardia il ministro generale dal «fanatismo » e dall'«affarismo» dei sangiovannesi, l'arcivescovo di Manfredonia, monsignor Pasquale Gagliardi, rappresentava come totalmente fuori controllo la situazione della vita religiosa a San Giovanni Rotondo.


    Da subito nella storia di padre Pio, i detrattori impiegarono quali capi d'accusa quelli che erano stati per secoli i due luoghi comuni di ogni polemica contro la falsa santità: il ***** e il lucro. E per quarant'anni dopo il 1920, il celestiale profumo intorno alla cella e al corpo di padre Pio riuscirà puzzo di zolfo al naso di quanti insisteranno sulle ricadute economiche o almanaccheranno sui risvolti carnali della sua esperienza carismatica. Ma nell'immediato, a fronte delle deposizioni di Maria De Vito e del dottor Valentini Vista, soprattutto urgente da chiarire dovette sembrare al Sant'Uffizio la questione delle stigmate. Tanto più che il vescovo di Foggia, inoltrando a Roma le due testimonianze giurate, aveva accluso alla corrispondenza un documento che lo storico del ventunesimo secolo non riesce a maneggiare – nell'archivio vaticano della Congregazione per la Dottrina della Fede – senza una punta d'emozione: il foglio sul quale padre Pio, forse timoroso di non poter comunicare a tu per tu con la signorina De Vito, aveva messo nero su bianco la richiesta di acido fenico. Allo sguardo inquisitivo dei presuli del Sant'Uffizio, era questo lo smoking gun, l'indizio lasciato dal piccolo chimico sul luogo del delitto.



    «Per Marietta De Vito, S.P.M.», padre Pio aveva scritto sulla busta. All'interno, un unico foglietto autografo, letterina molto più stringata di quelle che il cappuccino soleva scrivere alle sue figlie spirituali: «Carissima Maria, Gesù ti conforti sempre e ti benedica! Vengo a chiederti un favore. Ho bisogno di aver da duecento a trecento grammi di acido fenico puro per sterilizzare. Ti prego di spedirmela la domenica e farmela mandare dalle sorelle Fiorentino. Perdona il disturbo».


    Se davvero padre Pio necessitava di acido fenico per disinfettare le siringhe con cui faceva iniezioni ai novizi, perché mai procedeva in maniera così obliqua, rinunciando a chiedere una semplice ricetta al medico dei cappuccini, trasmettendo l'ordine in segreto alla cugina di un farmacista amico, e coinvolgendo nell'affaire l'autista del servizio pullman tra Foggia e San Giovanni Rotondo? Ce n'era abbastanza per incuriosire un Sant'Uffizio che possiamo immaginare già sospettoso dopo avere messo agli atti la perizia di padre Gemelli. Di sicuro, i prelati della Suprema Congregazione non dubitarono dell'attendibilità delle testimonianze del dottor Valentini Vista e della signorina De Vito, così evidentemente suffragate dall'autografo di padre Pio.

    Agli atti del Sant'Uffizio figurava anche la trascrizione di una seconda lettera autografa del cappuccino a Maria De Vito, il cui poscritto corrispondeva esattamente al tenore della deposizione di quest'ultima: «Avrei bisogno di un 4 grammi di veratrina. Ti sarei molto grato, se me la procurassi costì, e me la mandassi con sollecitudine».


    Sergio Luzzatto

    E ancora, interessante: http://www.corriere.it/cronache/07_o...padrepio.shtml
    I modelli fanno e disfanno. I santoni del web cianciano.

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  5. #85
    Uragano L'avatar di giorgio1940
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    Predefinito Re: Questione Padre Pio: una riflessione sui miracoli.

    Citazione Originariamente Scritto da zi pacciano Visualizza Messaggio
    Scusate ma gli atei mi annoiano..parlano sempre di Dio..
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    Amante della Natura:Monti,meteo,mare,una piccola margherita.....
    Non posso che dir grazie a tanto Artefice!

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