il topic originariamente non era sulla permanenza dell'immigrato irregolare in italia e neppure l'immigrato irregolare che lavora in nero...
è sull 'immigrato irregolare che ti viene a rubare in casa...questi ultimi sono il problema, non di certo quelli che si fanno un mazzo tanto per tirar fuori un po' di euro..
Revello - CN 353 m slm
Tra te e un clandestino c'è una sostanziale differenza.
Se tu lavori in nero è anche (N.B. anche, non solo) colpa tua; perchè tu hai tutti gli strumenti per difenderti ovvero denunciare chi ti fa una proposta del genere.
Se poi per tua scelta decidi di evadere le tasse è giusto che ne paghi le conseguenze (senza necessariamente, in prima istanza, arrivare alla galera).
E' più che sufficiente che restituisci il maltolto con aggiunta di sanzioni e interessi legali.
Così con questo importo che "tu" (notare le virgolette; non è un riferimento personale) hai evaso lo stato potrà pagare più polizia per controllare la criminalità.
Ergo se si vogliono maggiori controlli l'unica strada è che lo Stato abbia più risorse per i medesimi.
Ergo
http://forum.meteonetwork.it/showthr...i+gente+onesta
Se sei un clandestino denunciare lo sfruttatore significa dichiarare il proprio stato e magari essere seduta stante "rispedito a casa" in applicazione dei principi che vedo qui tanto evocati.
Intanto il problema resta tale e quale.
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Vale anche per te ... Fatti una cultura.
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27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Un po' di sana demagogia in chiusura non guasta mai vero?
Allora facciamo così.
Caliamo l'asso di briscola della demagogia (nonchè dello sciacallaggio).
A certe ragazze invece non puoi raccontare nulla; se va bene manco ha fatto in tempo a conoscere un immigrato ...
http://www.repubblica.it/2008/05/sez...minorenni.html
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27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
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Che non sia emergenza perchè lo dicono i media, mi pare assodato. E non è emergenza solo perchè un dato crimine in cui si rende colpevole uno straniero finisce alla ribalta della cronaca.
Detto questo, il come definire la cosa è solo una questione lessicale. In base ai numeri che ho fornito su quanto avvenuto nella realtà di Parma, questo è più che un problema qualunque.
In 5 anni è raddoppiata la percentuale di denunciati tra gli stranieri; sono aumentati i delitti del 10% ma nel contempo i denunciati totali sono diminuiti.
Aggiungiamo che Parma è la sesta città in Italia per rapporto clandestini/abitanti e io dico che il problema va risolto, va risolto velocemente.
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27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Bisognerebbe fare in modo che l'immigrato irregolare che lavora in nero e viene sfruttato dal padrone sia spontaneamente spinto a denunciarlo. Questo attualmente non avviene per la paura di essere rimandato a casa. E se lo stato garantisse il permesso di soggiorno a tutti quelli immigrti irregolari che lavorano in nero e che denunciano il proprio padrone? Alla fin fine quegli immigrati non sono delinquenti, ma sono gente che sgobba ricevento in cambio uno stipendio misero
Sbagli.
Significa che il numero totale dei delitti è aumentato e che contemporaneamente è calato il numero dei delitti in cui viene trovato il responsabile.
In soldoni si delinque di più e vengono individuati meno delinquenti
Puoi chiamarla come vuoi, resta il fatto che sia un grosso problema che si deve tentare di risolvere. Di sicuro deve essere tra le priorità più urgenti quantomeno degli enti locali.
Dalla Stampa di oggi (un po' noioso ma magari a qualcuno potrebbe interessare)
Polizia costretta a intervenire a Napoli per evitare il linciaggio di una rom sospettata di aver tentato di rapire una bambina. Baracche (fortunatamente vuote) di un campo rom incendiate nel quartiere Ponticelli di Napoli. Molotov contro un altro campo nomadi a Novara. Ronde di ogni specie e colore che sorgono un po’ dappertutto per proteggere i cittadini da ladri e malviventi. È bastato che il centro-destra vincesse le elezioni, e il clima del Paese è cambiato quasi all’istante. Anziché aspettare il varo dei provvedimenti del governo, molti sembrano aver deciso di fare da sé. Né si può dire che a questo spirito vagamente autoreferenziale si sottragga completamente il governo stesso, almeno a giudicare dal semplicismo di varie ricette di cui si sente parlare in questi giorni.
Non sono buone notizie, perché la giustizia «fai da te» non risolve i problemi, è pericolosa, spesso porta con sé abusi, prevaricazioni, vendette private, in breve genera altra ingiustizia. Ma proprio perché è una strada sbagliata, dobbiamo capire che cosa la alimenta. Il modo migliore per farlo, a mio parere, è leggersi Non sulle mie scale (ed. Donzelli 2001), un piccolo libro in cui Italo Fontana, psicoanalista torinese, racconta come, alla fine degli Anni 90, la vita della sua famiglia sia stata devastata da una doppia calamità: l’installarsi di decine di criminali immigrati nelle soffitte del suo condominio, e la completa sordità delle istituzioni cittadine.
Perché è utile leggere o rileggere quel testo? Perché vi si trova una spiegazione profonda di quanto sia difficile, per chi crede nella legalità, nella democrazia, nella solidarietà, nella libertà individuale, mantenere nel tempo l’animo sereno e la mente aperta, senza farsi prendere dalle peggiori pulsioni. Il cocktail micidiale, che richiede sforzi disumani per non esplodere, è fatto di tre ingredienti:
a)la scoperta che molti immigrati clandestini non sono poveretti alla ricerca di un lavoro dignitoso ma persone arroganti, prepotenti, violente;
b)la scoperta che le attività criminali e i luoghi del loro esercizio sono perfettamente noti alle autorità;
c)la scoperta che, anche di fronte alle vessazioni più drammatiche, le autorità non intervengono e non rispondono, opponendo il classico «muro di gomma».
Se ci riflettiamo un attimo, non è difficile rendersi conto che i tre ingredienti sono tutti presenti nella situazione attuale. I cittadini sono esasperati perché le attività criminali si svolgono sotto i loro occhi, perché si sa perfettamente dove si spaccia, dove si arruolano manovali in nero, dove si viene derubati, dove non si può camminare senza pericolo, ma si sa pure che - per i motivi più diversi - le istituzioni non interverranno.
Le istituzioni talora non intervengono perché le leggi non glielo consentono, e da questo punto di vista non si può che augurare al nuovo governo di riuscire a cambiare le norme che impediscono di perseguire efficacemente il crimine. Ma nella maggior parte dei casi le istituzioni non intervengono per due altri ordini di motivi, che ben poco hanno a che fare con le leggi. Il primo è l’inerzia amministrativa, ossia l’incapacità di capire che la libertà di espressione diventa una presa in giro se non c’è anche il diritto dei cittadini a ottenere risposte. Il secondo è la mancanza di risorse organizzative, fisiche, materiali: personale, uffici efficienti, banche dati, processi rapidi, carceri all’altezza di un paese civile. Il rischio, in questo momento, è che il governo si illuda che l’azione chiave sia l’inasprimento delle pene. Non è così: se c’è un risultato solido della ricerca empirica sulla devianza è che la gravità delle pene ha un effetto deterrente minimo, mentre ne ha uno molto più incisivo la probabilità di essere condannati, catturati o anche semplicemente disturbati. Ciò è tanto più vero in una situazione in cui è noto a tutti, e in primis ai criminali, che in Italia le pene sono e resteranno ancora a lungo puramente virtuali, visto che la magistratura è ingolfata di pratiche e mancano almeno 30 mila posti nelle carceri. È per questo che il nostro Paese è diventato la mecca del crimine.
Ecco perché oggi, con la gente che tende ad autorganizzarsi, la capacità delle istituzioni di «esserci» diventa la variabile fondamentale. Ma esserci come?
In attesa che i processi diventino più brevi e l’edilizia carceraria faccia il suo corso, a me pare che le uniche strade che possono dare risultati immediati siano il ripristino del controllo del territorio (non solo nelle regioni di mafia, ma anche in tante aree del Nord) e una massiccia opera di interferenza negli affari illegali della criminalità, dalla chiusura di attività al sequestro di beni alla confisca di patrimoni. Senza questa nuova visibilità dello Stato e delle istituzioni temo che il cambiamento delle leggi darà ben pochi risultati, e la «giustizia fai da te» verrà sempre più percepita come l’unica strada percorribile. Perché la «giustizia fai da te», come la mafia, prospera dove lo Stato si ritira o non fa il suo dovere. Abbiamo già un primo Stato, quello legale, e un secondo Stato, la criminalità mafiosa. Forse non è il caso di preparare le condizioni che potrebbero far sorgere il terzo Stato, quello dei cittadini esasperati.
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