Scritto da Guido Guidi il 27 - aprile - 2011
Negli ultimi giorni su queste pagine(Climate Monitor) si è sviluppata un’accesa discussione in materia di divulgazione scientifica e percezione di quanto viene solitamente comunicato. Ovviamente la discussione può avvenire su piani diversi, così come esistono diversi livelli di divulgazione. Solitamente però il processo di diffusione di una “notizia” derivante da qualche nuovo studio segue un sentiero ben preciso.
Lo studio viene pubblicato su una rivista specializzata, se con ampia diffusione ed elevato impact factor è meglio. Di lì viene “prelevato” dalle agenzie e rilanciato sui media. Se il contenuto è appetibile per il grande pubblico e se le agenzie indovinano il titolo del lancio, l’atterraggio sui media generalisti è assicurato, altrimenti l’informazione resta a galleggiare nella rete. Il più delle volte affonda e se va bene ci tira su un post qualche blogger appassionato. Altre volte – poche – alla notizia spuntano improvvisamente le gambe e comincia a correre in lungo e in largo.
Percorrendo questo sentiero, studi diversi su argomenti simili, concorrono a costruire la percezione dello stato dell’arte della conoscenza scientifica su un determinato argomento nel grande pubblico. Va da sé quindi che se da un lato chi fa ricerca ha l’obbligo di seguire lo standard del metodo scientifico – standar che dovrebbe essere assicurato dal processo di referaggio che precede la pubblicazione- chi fa divulgazione, le agenzie e i media, hanno la responsabilità enorme di non distorcere, ingigantire o alterare il messaggio di cui sono portatori. E invece questo – almeno nei titoli, ma molto spesso anche nei contenuti dei pezzi divulgativi, avviene puntualmente.
Ne risulta in molti casi una percezione errata per il grande pubblico, di cui, fatte salve le materie di cui si può essere più o meno esperti, facciamo parte tutti, policy makers compresi.
Il riscaldamento globale e il conseguente (per errata percezione) cambiamento climatico, sono l’esempio più fulgido di come questo possa essere avvenuto negli ultimi anni. Prendiamo per esempio le alluvioni o, se si preferisce, gli eventi estremi da cui queste sono generate nella maggior parte dei casi.
Il 4° rapporto dell’IPCC (4AR 2007) ha dedicato parecchia attenzione a questo argomento. In questa sezione del 4AR c’è un paragrafo dal titolo Floods and droughts (alluvioni e siccità) in cui vengono esplorate le possibili dinamiche di evoluzione di questi eventi in ragione degli scenari proposti dallo stesso panel. Il messaggio è, per usare un linguaggio caro a questo genere di divulgazione, inequivocabile: in un mondo che si scalda dovremmo attenderci siccità e alluvioni più intensi e frequenti. Questa affermazione, riportata più o meno fedelmente, la possiamo ritrovare praticamente ovunque. Dai forum alle tribune politiche, passando per migliaia di articoli scritti sull’argomento. Lo ha detto persino il presidente Obama nel corso della sua campagna elettorale e, per non essere da meno, lo ha ripetuto anche il suo sfidante. Le volte invece che lo abbiamo sentito dire dal presidente dell’IPCC Rajendra Pachauri o dal suo coinquilino di nobel Al Gore abbiamo smesso da un pezzo di contarle. La percezione comune è dunque questa: più caldo più pioggia, più pioggia più alluvioni. E giù, nel mondo della comunicazione globale, con le immagini delle alluvioni in Pakistan, in Australia o, esempio da oscar, a New Orleans, per il passaggio dell’uragano Katrina.
Accade però che questa percezione crolli miseramente alla prova dei fatti. Qualche settimana fa è stato presentato uno studio all’EGU in cui è scritto letteralmente così:“L’analisi dei trend e delle serie temporali aggregate a scala (30 anni) climatica non mostra trend consistenti a scala globale. Nonostante la comune percezione, in generale, i trend identificati sono più negativi (alluvioni meno intense negli anni recenti) che positivi. Similarmente, Svensson et al. (2005) e Di Baldassarre et al. (2010) non hanno trovato variazioni sistematiche né nell’aumento né nella diminuzione del numero delle alluvioni, tantomeno ne hanno trovate nella dimensione di questi eventi.”Vale la pena leggere anche cosa questi ultimi hanno effettivamente scritto con riferimento alle alluvioni direttamente derivate dal flusso dei fiumi:[…] L’analisi dei flussi massimi annuali non supporta l’ipotesi di una crescita ubiqua dei flussi intensi. Sebbene 27 casi di forte, statisticamente significativo aumento siano stati identificati dal Mann-Kendall test, ci sono anche 31 casi di diminuzione, e la maggior parte (137) delle serie temporali non mostra alcuna variazione significativa (al livello del 10%) […]Nelle loro conclusioni:[...] Le alluvioni distruttive osservate nell’ultima decade in tutto il mondo hanno causato livelli di danneggiamento materiale da record. Per convenzione, si ritiene che l’aumento del costo delle alluvioni sia associabile con lo sviluppo umano nelle piane alluvionali (Pielke & Downtown 2000). Tuttavia, rimane il quesito se la frquenza o l’intensità delle alluvioni stia aumentando o meno, e , se così fosse, se questo accada per effetto della variabilità e del cambiamento del clima [...].[...] Diversi scenari climatici futuri indicano una probabilità di aumento delle precipitazioni intense e del rischio alluvioni. Tuttavia, le osservazioni non forniscono attualmente prove conclusive e generali su come il cambiamento climatico possa influire sulle dinamiche delle alluvioni [...].![]()
Alcuni spunti di riflessione:
- La ricerca dimostra che su questi trend c’è molta incertezza;
- A voler per forza tirar fuori qualcosa si scopre che la tendenza è neutra o negativa;
- La divulgazione scientifica, anche ad alto livello, prospetta il contrario;
- Gli scenari IPCC prevedono un trend fortemente positivo che non c’è;
- Se in un mondo che si scalda questi eventi devono aumentare, dobbiamo dedurre che il mondo non si è scaldato;
- Siccome invece sappiamo che lo ha fatto gli scenari sono completamente fuori strada;
- Aspettiamo che qualcuno ci dica perché.
Bene. E’ cambiata la vostra percezione? Come sarà il prossimo titolo che leggeremo? Domanda finale ancora più difficile: questo studio presentato all’EGU, troverà chi ci farà un lancio d’agenzia? Chi lo sa, questione di percezione.
Guido Guidi
Il sig. Guidi, dopo un lungo preambolo certamente condivisibile, come è solito fare, sceglie dal panorama mondiale solo gli studi atti a sostenere le tesi scettiche.
In realtà esistono molti studi sull'argomento, che arrivano a conclusioni molto diverse, ecco perchè diventa importante avere enti autorevoli che analizzano la letturatura scientifica su un determinato argomento, nel suo complesso.
Qui solo qualche esempio dall'autorevole Nature:
Human contribution to more-intense precipitation extremes : Nature : Nature Publishing Group
Anthropogenic greenhouse gas contribution to flood risk in England and Wales in autumn 2000 : Nature : Nature Publishing Group
Increased flood risk linked to global warming : Nature News
![]()
Marco Pifferetti Albinea - Reggio E.
http://marcopifferetti.altervista.org/index.htm
beh, la posizione del guidone si sa, ed io la appoggio![]()
I commenti unidirezionali del Maggiore Guidi che portano, in sostanza, a screditare la teoria sul contributo antropico all’effetto serra, fanno benissimo intendere da che parte sta. Visto che non ci sono certezze assolute né da un lato (pro AGW) e nemmeno dall’altro (contro AGW) a causa della complessità del sistema climatico, i cui meccanismi di interdipendenza tra le varie componenti del sistema non sono ancora del tutto chiari, credo che un vero scienziato debba dare voce ad entrambe le teorie e divulgarle usando lo stesso “volume”, senza spegnere la cassa da cui proviene la voce che non piace.
Perché, fino a prova contraria, in questa incertezza diventano oggetto di studio tanto le teorie “pro AGW” quanto quelle “contro AGW”. Per esempio, si sa che i dati sul clima, specie quando abbiamo a che fare con una lunga serie storica, si prestano a mille interpretazioni: basta cambiare i punti di riferimento lungo la serie per poter affermare che il GW si è arrestato, oppure che si è attenuato, o che è in calo. E questo a seconda delle proprie convinzioni. Convinzioni, appunto! Peccato però che la convinzione deriva solo e soltanto da un’attenta e completa conoscenza di quanto si sta studiando… e di certo il sistema climatico non rientra tra quegli argomenti di cui ci è tutto noto.
In questo “stato confusionale sul pro e sul contro”, per non prediligere né uno né l’altro, io preferisco parlare di GW e basta, semplicemente perché non è possibile assegnare al contributo antropico (che sicuramente c’è, perché non c’è dubbio sul fatto che l’uomo emetta gas serra) un errore che sia inferiore al contributo stesso.
![]()
Certo che se si parte con il preconcetto che alluvioni = precipitazioni, allora tutto è dicibile.
Insomma: dal primo lavoro linkato (quello presentato all'EGU2011, la cui analisi arriva fino al 2000) cito anche questo caveat (gli autori del lavoro sanno bene, ovviamente, che alluvione ≠ precipitazione):
Dal secondo:Future work will try to investigate the reasons for the decreasing trends at each of the basins, with particular emphasis on whether the river basins upstream the gauging location are intact or perhaps affected by human activities.
Chi ha anche solo una minima conoscenza empirica dei bacini fluviali di molti territori, sa quanto i deflussi dei fiumi siano stati modificati negli ultimi decenni a causa di una miriade di attività antropiche. E gli autori lo segnalano.Caution is advised in interpreting these results as flooding is a complex phenomenon, caused by a number of factors that can be associated with local, regional, and hemispheric climatic processes.(...)
The inherent uncertainty in analysis of any set of extreme flood flows stems from the fact that accuracy of measurements is problematic (rating curves not available for the high flow range, gauges destroyed by the flood wave, observers evacuated), yet indirect determination of the highest stage is often possible. It would be useful to attempt to describe deterministically the reasons for atypical behaviour of some series (as compared to their spatial neighbourhood). Here, influence of a local event (e.g. flood resulting from a very high-intensity local storm, reservoirs, polders, flood control) could play an important role. A closer look into particularities of individual stations concerned would be needed to discriminate the driving factors. Since this information is not available in the GRDC holdings, there is a need to augment the collected data by accommodating more detailed metadata with more information about a station, including history of river development for navigation and energy generation. Analysis should also differentiate the flood generation mechanisms (snowmelt vs rainfall). In the present study, all floods were treated as one category.
Chi ha commentato traendo affettate conclusioni e associazioni viziate da bias no. Come mai?
In ogni caso: quello che l'AR4 dice è:
il che, di nuovo, è ben altra cosa rispetto al commento del post.A warmer climate, with its increased climate variability, will increase the risk of both floods and droughts (Wetherald and Manabe, 2002; Table SPM2 in IPCC, 2007). As there are a number of climatic and non-climatic drivers influencing flood and drought impacts, the realisation of risks depends on several factors. Floods include river floods, flash floods, urban floods and sewer floods, and can be caused by intense and/or long-lasting precipitation, snowmelt, dam break, or reduced conveyance due to ice jams or landslides. Floods depend on precipitation intensity, volume, timing, antecedent conditions of rivers and their drainage basins (e.g., presence of snow and ice, soil character, wetness, urbanisation, and existence of dikes, dams, or reservoirs). Human encroachment into flood plains and lack of flood response plans increase the damage potential.
Infine:
GW e cambiamenti nel regime pluviometrico: altri studi interessanti
http://www.unicam.it/matinf/pasef/co...tietAl2004.pdf
http://www.nersc.no/~dagjs/rcourse_n..._frei_2005.pdf
http://www.cgd.ucar.edu/cas/Trenbert...nd%20proof.pdf
~~~ Always looking at the sky~~~
Considererei il punto 5, che è un modus tollens. Ci sono i termometri a dire che le temperature sono aumentare. Per non provocare un collassamento dell'universo resta da ammettere che forse un aumento delle temperature non richiede di necessità un aumento di tali eventi. (ovviamente se si accetta il dato empirico che le temperature sono aumentate, cosa non indispensabile perché per negare l'AGW chi nega il GW non manca)
Segnalibri