Considerazioni interessanti ...
Il tempo di ritorno altro non è che l'inverso della frequenza. Esprime in unità di misura temporale ciò che esprime la frequenza in unità di misura percentuale. Il suo utilizzo può trarre in inganno poiché lascia pensare che esprima la quantità temporale che intercorre tra un evento e l'altro quando invece non è così per due motivi:
- quando si parla di tempo di ritorno si intende una quantità temporale media. Un tempo di ritorno di 100 anni significa che mi attendo il verificarsi di un evento 1 volta in media ogni 100 anni. Potrebbe anche succedere però che l'evento si presenti in due anni consecutivi su 200 anni ...
- esprimendo in altri termini lo stesso concetto di frequenza esso è legato alla concezione frequentista della probabilità. L'evento "estate 2003" ha una sua probabilità teorica di accadimento a noi ignota. Attraverso la misurazione strumentale siamo in grado di verificare empiricamente il suo manifestarsi e tradurre quanto osservato in probabilità statistica di accadimento. Ma probabilità statistica (a posteriori, a noi nota in via empirica) e probabilità teorica (a priori, a noi ignota) sono due cose differenti che trovano un punto d'incontro al tendere all'infinito del numero di eventi, quando la probabilità statistica converge verso la probabilità teorica.
Quindi mi trovo perfettamente d'accordo sulla cautela nell'utilizzare il tempo di ritorno in ottica previsionale. Probabilità statistica e tempo di ritorno devono essere visti nell'ottica giusta cioè come le stime più accurate in nostro possesso circa la conoscenza della probabilità teorica degli eventi a noi ignota. Un esempio molto concreto può essere il lancio di una moneta. Sappiamo che la probabilità teorica che esca testa o croce (ad ogni lancio) è pari a 0,5 il che significa che l'evento testa o croce hanno un tempo di ritorno teorico pari a 1 su 2 lanci. Questo in via teorica, appunto. Sappiamo bene come nulla vieta di ottenere su 10 lanci consecutivi sempre testa o sempre croce e che la probabilità teorica del 50% è verificata per via empirica quando il numero di lanci tende all'infinito.
Personalmente sono del parere che non è in atto alcun mutamento circa la variabilità climatica intrinseca in quanto dalle serie storiche che ho potuto analizzare non emerge una variazione significativa della varianza nel corso dei decenni, come evidenziato anche in differenti studi, tra cui anche uno italiano:
Eventi estremi e variabilità della temperatura in un clima che cambia | Le Scienze Web News
dove si teorizza che l'increemnto degli eventi estremi può essere ricondotto ad un modello alla base del quale svolge un ruolo fondamentale lo shift di temperatura, quindi una variazione in media piuttosto che in varianza, con le dovute attenzioni su questo aspetto:
Difficile poter dimostrare che un aumento in media è diretta conseguenza di una maggior probabilità di accadimento di eventi estremi in quanto potrebbero essere questi stessi eventi a materializzarsi e a generare un aumento della media. Io credo che la persistenza di determinate configurazioni bariche è causa di maggiori eventi estremi i quali determinano un aumento della media. Che poi alla fine il tutto si traduca che con uno shift positivo di temperatura è più probabile osservare eventi estremi in quel verso è un discorso ma mettere in relazione diretta causa ed effetto non è così semplice ed immediato, come ipotizzato correttamente:
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[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
Quoto. Come dico spesso siamo noi umani, per i nostri tempi, a vederle come estati o inverni eccezionali, ma in realta' fanno parte delle normali oscillazioni climatiche terrestri, dimenticandoci che la nostra Terra è capace di molto peggio (come lo è stata in tempi geologici) sia in termini di freddo, che di caldo.
Parlando di tempi umani (o comunque della recente storia da quando si prendono dati metereologici), sono daccordo col fare confronti con ondate fredde o calde eccezionali di questa epoca (es 1985 o 2003).
.."Ma una parte di me ascoltava il silenzio di quel bosco,di tutti quegl'esseri nascosti,e pensavo..esiste anche questo intorno a noi,cio' che non verra' mai toccato,nè visto da tutti gli uomini comuni..solo da quelli che vivono davvero..
l'estate 2003 è stata l'estate piu calda anche per gran parte della Puglia, tranne che per le coste salvate dalla brezza marina! ma la Puglia non è solo costa...
non aver fatto i picchi di 45° non significa aver fatto una anomalia non elevata, quando lo sappiamo tutti che la differenza fra 2003 e 2007 è nella continuità dei giorni troppo caldi rispetto al fare fiammate da 40 o + gradi
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Sito Meteo https://meteoinpuglia.it
Stazione Meteo http://meteoinpuglia.altervista.org/putignano.htm
Passavo qui per caso.....
solo per render noto che in queste lande:
I primi due mesi estivi 2003 : anomalia +3,45
A tutt'oggi i primi due mesi estivi 2012 : +3,15
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Amante della Natura:Monti,meteo,mare,una piccola margherita.....
Non posso che dir grazie a tanto Artefice!
Vedo cmq che seguita a non essere capito il senso del mio post.
Non ho inteso criticare chi paragona l'estate 2012 all'estate 2003.
Quel che non condivido è il tirar fuori l'estate 2003 in occasione di QUALSIVOGLIA ONDATA DI CALDO INTERESSI LA PENISOLA.E' successo pure nell'estate 2010,che come sapete non figura certo fra le caldissime.A mio modesto parere,più che far riferimento SEMPRE all'estate italiana più estrema farei uso più intenso delle medie trentennali o cinquantennali.
Questo post,almeno nelle mie intenzione,nasceva da questa considerazione e CERTAMENTE NON dall'esigenza di un confronto 2003/2012.Sin dal primo commento si è scelta un'altra strada.Ora fate voi.
"...Lasciamo perdere poi il 1985, chi non c'era non può capire: la neve la mattina dell'8 coi i primi fiocchi a -16°C, il cielo buio con i lampioni accesi anche di giorno, le uova crepate nel pollaio, gli schiocchi dei tronchi delle piante da frutto che scoppiavano, etc. etc." Gigiometeo
Onestamente credo che il confronto non si ponga in partenza, perché le configurazioni che hanno caratterizzato le due Estati non hanno nulla a che fare l'una con l'altra. Una ha colpito principalmente l'Europa centro-occidentale, l'altra l'Italia centro-meridionale e l'area balcanica.
Questa, a mio modo di vedere, è una cosa che prescinde da tutto quello che viene dopo (raffronti sul lato termico e precipitativo). Dopotutto siamo in un forum di meteorologia, e credo che dovremmo essere in grado di scindere le due cose.
Poi si può anche discutere sugli effetti al suolo delle due estati, intendiamoci, ma anche qua il discorso dovrebbe essere fatto a fine stagione... Prendere i mesi singoli ha poco senso, per esempio qui dovrei prendere il Luglio 2006 come metro di paragone, ben peggiore del Luglio 2003!!!
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Luca Bargagna
Sono daccordo, ma anche avessimo infiniti dati in un clima stazionario comunque non si potrebbe descrivere adeguatamente i tempi di ritorno per eventi estremi usando un profilo gaussiano; avendo una serie infinita il problema comunque non esisterebbe, basta andare a vedere con quale frequenza media si è verificato in passato l'evento.
penso anche io che sia così, dopo aver letto questo:Increased Variability? | Open Mind ed essere andato a vedere i dati, ma non credo proprio che l'aumento di t sia conseguenza di un aumento di eventi estremi, questi eventi anche se molto più frequenti che in passato sono comunque singoli eventi il cui contributo all'aumento della t media rimane piccolo e che sono intervallati da parecchi anni che deviano dalla media più o meno quanto in passato.Personalmente sono del parere che non è in atto alcun mutamento circa la variabilità climatica intrinseca in quanto dalle serie storiche che ho potuto analizzare non emerge una variazione significativa della varianza nel corso dei decenni, come evidenziato anche in differenti studi, tra cui anche uno italiano:
Eventi estremi e variabilità della temperatura in un clima che cambia | Le Scienze Web News
dove si teorizza che l'increemnto degli eventi estremi può essere ricondotto ad un modello alla base del quale svolge un ruolo fondamentale lo shift di temperatura, quindi una variazione in media piuttosto che in varianza, con le dovute attenzioni su questo aspetto:
Esiste diversa letteratura sul fatto che il maggior contributo alla variazione della frequenza degli eventi estremi deriva da un mutamento della varianza (che ad oggi non è osservabile, come l'analisi di Tamino mette in evidenza) piuttosto che ad un mutamento della media. In verità è ancor più importante il mutamento della forma della distribuzione, quindi asimmetria e curtosi.
Ma se già all'interno della comunità scientifica vi è forte difficoltà a descrivere numericamente un mutamento in media (come differenti studi di ricostruzione del trend su scala globale metteno in luce) che sia condiviso da tutti, figuriamoci andare a descrivere relazioni che interferiscono con la distribuzione dei dati in riferimento a momenti statistici superiori al secondo
Le considerazioni di Tamino che hai linkato (e suggerisco anche di leggere questo Craps | Open Mind sempre dello stesso autore) metteno in risalto un ulteriore problema, quello del trattamento corretto dei dati nelle ricostruzioni spaziali che per effetto della differente variazione del regime termico in riferiemento alla climatologia locale possono (ed è dimostrato che è così) determinare una variazione del tutto artificiale della varianza.
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[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
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