Il caro Giacomo, l'unico che capì molte cose.
Al punto che il baffo Fritz (Nietzsche) lo citerà.
Non citavo Quintiliano ma Petronio, già che c'ero.
E Persio è carinissimo, ma Giovenale ancor più.
Ci si rende conto di come tutto quanto sia così splendidamente uguale, di come tutti i problemi moderni non siano altro che la trita formula dell'umanità assopita dal tempo.
Insomma: "non siamo i primi ad essere moderni", come mi piace sempre dire, e la riprova sono questo carissimo ed amenissimo popolo che eravamo noi forse, che ha posseduto l'Europa per mezzo millennio.
In ogni caso è una scuola tremendamente arcaica, incatenata e puzzolente la nostra, il liceo classico.
Non più utile.
Certo, non rinnego giammai di avere conosciuto le voci più grandiosi dell'espressione umana, qualsiasi dell'arte.
Da Esiodo a Heidegger, da Fidia a Wagner, da Euripide a Petrarca, da Botticelli a Poe.
Insomma, è ancora quella scuola capace di fornirti già a 18 anni o poco prima, attorno alla IV, una propria testa cosciente, una propria critica ed un proprio sguardo su tutto, ma davvero tutto: dalle tegole rosse dei tetti ai sistemi informatici, dai principi della termodinamica all'arte contemporanea: tutto.
"Omnia bona in solido suo habet", dice Lucio Seneca.
Ed è vero.
Chè se ci pensassimo un momento: i grandi informatici altro non erano che Ciceroniani ipotattici e atticisti!
E non darmi del pazzo caro Nevearoma e altri.
Se guardassimo com'è organizzato un pc, risulta essere pari pari ad una struttura periodante di un' opera filosofica tuscolana del Cicerone.
Eppoi, distaccandoci un momento dalla classicità, potremo discorrere bellamente delle grandi personalità che hanno raffigurato genialmente la natura umana, cioè chi siamo.
Insomma, noi studenti di liceo classico ci si imbatte spessissimo nelle suddette creature geniali, e spesso sorge il quesito se la genialità sia questione di geni, genetica appunto, o se sia legata alla condizione culturale storica in data epoca.
Naturalmente vale quest'ultima.
Insomma, Orazio, santo cielo: è paurosamente eterno e moderno.
Cioè, vale e varrà sempre.
Così come l'accidia di Petrarca.
E pure la ginestra di Leopardi.
E così anche i meriggiare del potentissimo Montale.
Non a caso questi nomi: i più grandi lirici italiani di sempre, quattro mentalità geniali assolutamente impeccabili e spettacolari.
Ma a costoro ce ne sarebbero innumerevoli altre da aggiungere.
Virgilio.
Virgilio, ma sant'Iddio signori miei vogliamo renderci conto??
Dodici libri 12, scritti TUTTI in esametri, con ricerca accuratissima e minuziosa di alliterazioni e della dimensione musicale e sonora della poesia.
Chi c'è oggi?
Dante!!
100 cantiche in terzine rimate!!!!!
Cento, rimate!!
E Cristo rima solo con Cristo!
Chi c'è oggi?
Shakespeare, ed i suoi cento sonetti!
Macchiavelli ed Ariosto, quest'ultimo col potere di sorridere sulla natura umana.
Eppoi arriviamo al grande cambiamento.
La Rivoluzione Francese, Napoleone, la Rivoluzione Industriale e la borghesia, bruttissima bestia.
Da qui in avanti, l'arte non è più fatta dai soliti trenta quaranta artisi ma cambia radicalmente e si rivolge alla massa borghese.
Ed eccolo: il romanzo.
E qui, Goethe in mezzo.
Ed alla fine di tutto: i maledetti simbolisti, Boudelaire, Rimbaud e Verlaine, le polveri geniali della Russia lontana, Tolstoj e Dostoevskij, immortali!!
I fratelli Karamazov, è.. è qualcosa di impossibile, morte e vita di tutta l'esistenza.
Eppoi la fine di tutto con Joyce.
Eppoi Thomas Eliot, splendido!
E Pound, e Montale appunto e Kafka e qui scopriamo gli ebrei.
La cultura più spaventosamente incredibile e potente dell'umanità.
Non c'è popolo, non c'è altro occhio più potente di quello di un rabbino.
Se solo dico, se solo potessero smettere quegli ebrei americani, di srotolare Torah e di dedicarsi alla filosofia o alla fisica, giuro, garantito, sgretolerebbero di certezze tutto.
TUTTO.
Che i cinesi son pugliesi direbbero, che la terra è l'iride infranta di un camaleonte appeso ad un ramo a testa in giù in attesa di un temporale in lontananza, che noi siamo starnuti di un gigante nascosto.
Insomma, grazie al tesoro persiano (Zaratustra inside), 'sto popolo è il detentore di tutto.
E quindi Levinas Emmanuel e l'esistenzialismo, vertice del pensiero che risponde quasi a tutte le domande del pastore errante dell'asia di Leopardi.
Basta così, mi lascio trascinare.
Andrea, ascolta, o Edo, potete "leggermi" la formula qui sopra?
Come si legge il simbolo dell'integrale?
Quello lì all'inizio?
"Integrale" si chiama?

o funzione integranda di x?
Santa Maria Salmastra degli Acquitrini Pontini.......... sapessi cosa sono le funzioni.
Graficamente posso appellarmi, per definire l'integrale, dicendo che corrisponde all'area sottesa ad una curva delimitata dalla curva e dall'asse cartesiano?


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