
Originariamente Scritto da
Repubblica
Alitalia, i dubbi di Unicredit e Intesa
I verbali dell'assemblea: "Non garantiti i 200 milioni di prestiti "
ETTORE LIVINI
MILANO - Lo spettro degli aerei a terra. I conti in caduta libera («i risultati 2013 sa-ranno peggiori del previsto»). I forni tori («i rapporti sono tesissimi») pronti a bloccare l'attività. Le perplessità di Intesa e Unicre-dit («ci hanno scritto una
lettera, i 200 mi-lioni di prestiti non sono garantiti»). Se mai ci fossero stati dubbi sulla gravità della si-tuazione di Alitalia, le 128 pagine di verba-le dell'assemblea fiume che ha dato l'ok al piano di salvataggio da 500 milioni, sono la fotografia
più fedele del drammatico stato di salute dell'ex compagnia di bandiera. A scattarla-alle 2.55 di mattina di martedì 15 nella Palazzina Uffici del quartier genera-le - è l'amministratore delegato in perso-na Gabriele Del Torchio: «Quest'anno per-deremo
molto di più delle nostre stime -racconta ai soci esausti dopo 12 ore di cda -. Le vendite hanno registrato un progres-sivo deterioramento, anche per il timore di un blocco dell'attività. I rapporti con alcu-ni partner strategici sono tesissimi e
ri-schiamo di fermare gli aerei». Servono i soldi. Tanti e almeno un po' in tempi brevissimi («entro ottobre per argi-nare la crisi di illiquidità», mette a verbale il collegio sindacale). E in attesa di convin-cere Air France a fare la sua parte, il vero
problema - come emerge dai documenti esaminati da Repubblica- sono i dubbi di Piazza Cordusio e di Ca' de Sass. Ad an-nunciarlo agli azionisti è l'avvocato Sergio Erede: «Ci è arrivata una lettera di Intesa e Unicredit che contesta la rappresentazio-ne
data da Alitalia sulla loro disponibilità a erogare nuove linee di credito», dice nel gelo collettivo. I due istituti sosterranno la ricapitalizzazione, continua, ma « saranno disposte a esaminare un incremento della loro esposizione (vale a dire i200
milioni di finanziamenti necessari a evitare il crac, ndr) solo dopo aver preso conoscenza del piano industriale e i suoi fabbisogni finan-ziari e purché siano fornite garanzie ade-guate». A leggere i conti al 30 giugno consegnati agli azionisti c'è da
capire la loro pruden-za. Senza i 150 milioni di plusvalenza ga-rantiti dalla rivalutazione delle Mille Mi-glia, Alitalia avrebbe perso nei primi sei mesi dell'anno molti soldi di più. Anche perché una controllata irlandese (la Chal-ley) e Cai First sono
state svalutate per un'ottantina di milioni. I debiti lordi sono aumentati di 500 milioni a 1,98 miliardi. Le banche, con sospetta preveggenza, sono riuscite a tagliare la loro esposizione da 411 milioni a 270, minacciando con ogni probabilità di chiudere
i rubinetti del cre-dito. Mentre alle stelle sono andati i debiti coni fornitori, saliti da 490 a 666 milioni. Il taglio ai voli ha consentito di risparmiare 18 milioni di carburante, ma non è basta-to a compensare l'impennata dei costi per il leasing
degli aerei, salito da 190 a 220 mi-lioni dopo la vendita di buona parte dei ve-livoli della flotta. A130 giugno-è scritto ne-ro su bianco - volavano con la livrea Alita-lia «114 aeromobili operativi dei quali set-te di proprietà». Tutti, tra l'altro,
ipotecati. A verbale va pure la nuova composizio-ne azionaria dopo la conversione in capi-tale dei 95 milioni di prestito sottoscritti da alcuni soci a gennaio. Air France è ferma al 25%. Intesa è salita dall'8,8% al 13,1%, Manda dall'8,8% al 12,5%,
l'Immsi di Ro-berto Colaninno dal 7% al 10,2%. Asorpre-sa hanno messo altri soldi pure i Riva (il prestito risale a febbraio, quando i loro be-ni personali non erano stati sequestrati) che firmando un assegno di 15 milioni so-no i secondi azionisti - i
primi italiani - di Alitalia con i115,1%. La strada per il salvataggio, è quello che emerge dai documenti, sarà ancor più dif-ficile e in salita del previsto. Allo stato nel-le casse del gruppo dovrebbero essere ar-rivati 65 milioni anticipati da In
tesa,Atlan -da e da Colaninno. Intesa e Unicredithan -no detto sì a mettere 100 milioni per l'e-ventuale inoptato dell'aumento di capita-le, mentre 75
li spenderebbero le Poste. Resta da convincere Air France. E pure i due istituti di credito i cui 200
milioni sono una conditio sine qua non per il successo dell'operazione. Per farlo serve un piano industriale credibile (sarebbe il quarto in quattro anni) entro due-tre settimane. Il conto alla rovescia è iniziato.
Segnalibri