E' un mercantilista, certo, ma non è il fascista (soprattutto in campo economico) che si favoleggiaLui è contro il libero scambio senza restrizioni ed anche a favore di una certa azione statale nell'economia come opere pubbliche; ma è lontano anni luce dalla Le Pen, che è invece decisamente dirigista ed interventista (in senso economico). Lui vuole bloccare il trasferimento delle industrie nel Messico ed in Cina e fare un programma di opere pubbliche, ma non ci pensa nemmeno a nazionalizzare l'energia o a creare un grande sistema sanitario pubblico. La Le Pen vorrebbe tornare alla Francia degli anni '70, dove il capitalismo non era nazionale, ma proprio di stato...
Comunque, ammettiamo che la Le Pen riesca a vincere (il cielo ce ne scampi), ha detto che indirà un referendum per l'uscita dall'UE, dovrebbe vincere in tal caso anche questo, e non è detto che il 50,1% dei francesi siano poi disposti a seguirla
Dovesse vincere e vince il Si all'uscita non ci vedo niente di male.
Teoricamente siamo in democrazia è sarebbe giusto seguire la volontà della maggioranza, questo tabu sul divieto di voto pro o contro UE sta trasformando il blocco in una copia della URSS
Per me in tutti i paesi UE andrebbe indetto un referendum (stessa tornata elettorale per tutti) con un semplice quesito: restare nell' UE e fare una vera integrazione stile USA oppure uscirne.
Chiuse le urne si avrebbe un blocco UE composto da paesi che vogliono democraticamente restarci e la fuoriuscita di chi vuole tornare allo stato sovrano.
Non capisco perché non applichino una soluzione del genere, il nuovo blocco ne risulterebbe legittimato e molto più forte. Probabilmente hanno paura di perdere le care poltrone nazionali dovendo a quel punto proseguire nella direzione di una vera comunità con un unico governo centrale.
Odio la nebbia !!!
Idealmente, sono al 101% con te. Ma realisticamente, è una transizione ed eventuale separazione difficile da gestire, ed aperta alle peggiori speculazioni populiste e finanziarie. Credo anche io che la direzione debba essere quella, ma bisogna anche gestirla in maniera cauta e pragmatica, addolcendone ogni possibile contraccolpo. Purtroppo paghiamo anche qui una sorta di peccato originale, di un'unione che non è mai stata né carne né pesce (mai solo unione doganale ed area di libero scambio e transito, ma mai vera unione politica) e che è sembra stata diretta top-down, da gruppi di politici e burocrati, senza una reale partecipazione popolare.
Partecipazione popolare che quando c'è stata, come appunto in Francia, è stata magari mal gestita e ha condotto a risultati dannosi. O forse è stata gestita apposta così, in un paese che è sì fondatore dell'Europa e dove di comodo diamo tutte le colpe dell'antieuropeismo al FN, ma che in realtà sin dai tempi di De Gaulle ha sempre fatto il doppio gioco, ostendando un europeismo a volte di facciata, perché sempre subordinato all'interesse ed all'indipendenza nazionali:
French European Constitution referendum, 2005 - Wikipedia
"L'idea non è per nulla nuova. Nella prima metà degli anni '90 infatti, soprattutto da parte della Cdu/Csu, era venuta la proposta di una integrazione progressiva a partire da un nucleo centrale di paesi già coesi tra di loro. Nel 1994 l'attuale ministro delle finanze tedesco Wolgfan Schauble presentò al Bundestag un documento, assieme al collega Karl Lamers, dove veniva delineata una strategia per l'Unione Europea che faceva perno sulle "geometrie variabili" e su un'Europa a due velocità. (1) Il ragionamento di Schauble-Lamers era chiaro: la nuova Europa economica e monetaria post Maastricht non avrebbe funzionato se non si fosse raggiunto un maggiore coordinamento ed integrazione delle politiche economiche.(2) Nel documento venivano esplicitamente escluse (dalla partecipazione al nucleo centrale) sia l'Italia che la Gran Bretagna che la Spagna, almeno fino a quando non fossero state pronte, politicamente ed economicamente, ad entrarci.
Se all'epoca l'idea fece un certo scalpore e venne accantonata, saltando invece ai giorni nostri, vediamo che almeno in Italia qualcosa è cambiato. Nell'Italia squassata da ormai 8 anni di crisi e convinta che l'euro sia la fonte di tutti i mali, non solo l'idea di una Europa a due velocità piace, ma l'intervento della Merkel è stato letto come lo sdoganamento di una eventuale scissione dell'euro. Ma in realtà il progetto tedesco è sia molto di più che di meno.
In sostanza la Germania sta cominciando a prendere atto del fatto che l'area euro è ancora in mezzo al guado, che così com'è sarà sempre instabile e che il problema è tutto politico: in alcuni paesi manca la volontà politica per fare gli aggiustamenti necessari e non si riesce ad andare oltre la continua e strumentale richiesta di "maggior flessibilità", ovvero maggior debito. Crediamo di poter ipotizzare che questa acquisita consapevolezza abbia di fatto condotto Angela Merkel ed il suoi consiglieri a ripescare dall'archivio della storia il documento Schauble-Lamar, proponendosi in campagna elettorale come la persona capece ed intenzionata ad implementarlo. È inutile sottolineare che il numero due della Merkel è proprio Schauble.
Ma da dove nasce simile idea? Capirlo è vitale per ipotizzare i possibili sviluppi futuri. Il nocciolo centrale è quella che tecnicamente viene chiamata "area valutaria ottimale". L'unione monetaria europea, per funzionare, dev'esser capace di diventare, per l'appunto, un'area valutaria ottimale. Ora, sommariamente, perchè un'area valutaria funzioni in modo efficiente, bisogna che vi sia :
1) mobilità territoriale dei fattori di produzione nell'intera area valutaria;
2) mobilità, quindi libero commercio, di beni e servizi;
3) integrazione finanziaria, ovvero libertà di movimento dei capitali;
4) non divergenza delle politiche economiche per evitare grandi divergenze nei prezzi relativi dei vari paesi;
5) un grado ragionevole di flessibilità dei prezzi di tutti i fattori di produzione (quindi anche dei salari).
Come avrete visto nella lista non ci sono i trasferimenti. La ragione è semplice: i trasferimenti non servono per far funzionare un'area valutaria. Non è un caso che l'area monetaria ottimale precedente, ovvero l'area marco, funzionasse benissimo senza il benchè minimo trasferimento e che quella del dollaro lo faccia da due secoli con trasferimenti minimi e comunque non sistematici. E non è un caso che, ad esempio, quell'area monetaria pre-euro chiamata Italia, al suo interno non funzionasse e ancora non funzioni ottimamente nonostante enormi trasferimenti dal nord al sud. Questo perché all'area valutaria della lira mancava completamente il punto 5, mentre il punto 1 è molto parziale e, per il sud Italia, manca anche in parte il 2 e, per quanto attiene alle politiche regionali, anche il punto 4. Non è scopo di questo intervento spiegare la mancata convergenza del sud Italia verso il livello di reddito procapite e produzione del nord, ma un punto è chiaro: in mancanza dei cinque requisiti appena elencati i trasferimenti "solidali", per ampi e duraturi che siano, non portano necessariamente ad alcuna convergenza economica fra le regioni che sono parte di un'area valutaria comune.
Tornando a noi e al discorso della Merkel: la Germania a questo punto sembra mirare ad implementare definitivamente i 5 punti, con chi ci sta. Oggi l'Europa è ferma ad una implementazione (molto lenta a molto parziale) dei primi tre; manca quasi totalmente del quarto, mentre il quinto è stato oggetto di mille conflitti sia internamente ai singoli paesi membri dell'area euro che fra di essi. In particolare, come è noto, l'idea che la "deflazione salariale" tedesca (e di altri paesi del nord Europa) sia la causa di tutti i guai dei paesi del sud Europa è tutt'ora una bandiera, sia a destra che a sinistra, dei movimenti no Euro e gli aggiustamenti salariali post-crisi sono estremamente differenti da Portogallo a Grecia, a Spagna ed Italia.
Può, se venisse attuato questo nuovo orientamento politico, portare alla scissione dell'euro in due parti ? Non necessariamente. Il documento originale di Schauble, letto oggi, ha una impronta comunque fortemente europeista e non a caso indicava chiaramente che bisognava fare di tutto affinchè i tre paesi esclusi inizialmente dal nucleo "duro" , venissero successivamente inseriti nell'unione monetaria. Anche adesso, pur con tutti i problemi esistenti, rimane solo un punto da sviluppare, il quarto, che andrebbe verso una maggiore integrazione politica, ma senza però arrivare, al per ora impossibile, stato europeo federale. E tranne per la Francia, non ci sono resistenze ideologiche insormontabili tra i paesi "euro" verso la sua implementazione. Con una ulteriore eccezione: l'Italia. Il punto 4 infatti, operativamente si esplica nella coordinazione europea non solo sul livello del bilancio pubblico, cosa già vigente oggi, ma anche e soprattutto nella composizione del bilancio pubblico. E su tale aspetto proprio il nostro ministro delle finanze Padoan è stato chiarissimo la settimana scorsa commentando l'ipotesi di apertura del meccanismo di infrazione europeo, da evitare a tutti i costi perchè comporterebbe "una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica..."
http://noisefromamerika.org/articolo/europa-due-velocita
Diciamo sia dai reaganiani che da un certo establishment centrista e "quasi-democratico", che all'epoca fu messo in minoranza. Trump coniuga tratti sia repubblicani sia democratici, sia un certo populismo (nel senso più puro ed originale del termine) che negli ultimi decenni pareva essere andato in soffitta, spazzato via dal "turboliberismo" e dalla globalizzazione.
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