Buondì.
Apro questa discussione a puntate nel tentativo di fare un po' di luce su uno dei temi più dibattuti, qui e altrove, della storia del clima.
Non sarà breve ...
A chi lo vorrà, buona lettura.
Una premessa
Dieci anni fa, nel febbraio del 1999, in occasione di un convegno sulla storia del clima organizzato a Milano, Christian Pfister poneva al centro della sua relazione la seguente, fondamentale domanda: “quanto fu caldo il Periodo Caldo Medievale?”. L’anno dopo (2000), un ottimo articolo di Thomas Crowley e Thomas Lowery appare sulla rivista A Journal of the Human Environment con lo stesso identico titolo (How Warm Was the Medieval Warm Period?). Coincidenze a parte, la domanda è oggi più che mai di grande interesse e ne contiene implicitamente una seconda, altrettanto fondamentale: quanto fu lungo tale periodo? Come sappiamo, si tratta questioni chiave anche per un’esatta storicizzazione, con tutto ciò che questo comporta, dell’attuale GW-AGW.
Basta una rapida navigazione in rete per comprendere quanto i limiti di questa fase climatica siano ancora oggi incerti. E’ sufficiente inserire nei motori di ricerca termini quali Medieval Warm Period (MWP), Medieval Climate Optimum, Medieval Climate Anomaly, Periodo Caldo Medievale, Optimum Medievale o altri analoghi per avere la riprova di tali incertezze, e non solo nelle pagine di carattere più divulgativo. Incerti gli inizi, dilatati dal VI (!) al XI secolo a seconda di casi, altrettanto insicura la fine, diversamente collocata dalla metà del XII al XV sec. e anche oltre! Ne’, in verità, a livello scientifico, esiste oggi una definizione temporale precisa e universalmente accettata di questa fase. Per inciso, dobbiamo a H.H. Lamb (1977 e 1982) la prima definizione di MWP, con la sua iniziale collocazione tra X e XIV secolo. La scansione 900-1300 d.C. è a tutt’oggi, la più diffusa nelle definizioni di MWP, ancorché molti studi ne abbiano progressivamente ridotti i termini (il suo allargamento è invece spesso il frutto di basi scientifiche almeno incerte).
Tenterò qui una qualche risposta a tali quesiti, limitatamente all’area alpina, attraverso un’analisi inizialmente centrata su un indicatore climatico d’eccellenza, i ghiacciai, e progressivamente allargata all'utilizzo di altre fonti. A partire, o meglio incrociando, le risultanze che provengono dalle diverse discipline, quelle scientifiche e quelle storiche, con l’aggiunta di elementi inediti e di altri non nuovi ma qui reinterpretati in chiave paleoclimatica.
Implicitamente, si fornirà così risposta pure alla talora supposta (anche su questo forum…) scomparsa dei ghiacciai alpini durante il Medioevo.
Va premesso che, come noto, le masse glaciali rispondono a diversi parametri climatici, ma che, tra essi, le temperature estive (dell’estate idrologica o glaciologica) svolgono senza dubbio il ruolo di motore principale. Nel contempo va ricordato anche che la risposta frontale dei ghiacciai (parametro utilizzato insieme ad altri in questa ricostruzione) ai mutamenti del clima avviene con anni o decenni di ritardo (tempo di risposta) e che, per alcuni apparati di maggiori dimensioni, la reazione delle fronti ai cambiamenti di breve durata può anche non palesarsi, risultando “assorbita” da dinamiche climatiche preponderanti di più lungo periodo (vedi ad es. la mancata risposta del Grosser Aletschgletscher e del Gornergletscher alla fase positiva degli anni Sessanta-Settanta del XX secolo).
1) Il Giubileo alla fine del MWP?
L’anno 1300 viene dunque spesso elevato a data, non solo simbolica, di confine del MWP e, conseguentemente, di apertura di una nuova fase climatica.
La sua assunzione, dal punto di vista dei ghiacciai alpini, pone però non pochi problemi.
Nel suo notissimo “Tempo di festa, tempo di carestia”, Emmanuel Le Roy Ladurie riporta al proposito un primo elemento di indubbio interesse. Giusto per quell’anno un documento citato dallo storico francese testimonia infatti di un’importante avanzata del Ghiacciaio di Allalin, nella Saastal (Vallese, CH). La testimonianza è ripresa anche da altri autori tra cui Lamb (1982) e Grove (1990) e approfondita dallo stesso Le Roy Ladurie et al. in un articolo del 1975 apparso sulle Annales (La forêt de Grindelwald : nouvelles datations, Annales. Économies, Sociétés, Civilisations, 1975, n° 1, pp. 137-147).
Nonostante le sue dimensioni (attorno ai 9 km2), la significatività meteo-climatica dei movimenti annuali dell’Allalingletscher è molto alta, come dimostrano le puntuali e rapide risposte della sua fronte alle variazioni climatiche degli ultimi 130 anni, tra cui gli oltre 750 m di avanzata dalla metà degli anni ’60 ai primi anni ’80 (1965-1983, +42,5 m/n) e i successivi 870 m di ritiro dal 1983 al 2008. Senza dubbio un ottimo indicatore!
Fig. 1 - Variazioni lineari e cumulate del Ghiacciaio dell’Allalin (1881-2008). (VAW / SCNAT Glacier Monitoring Network, 2008)
Pur essendo impossibile quantificare con esattezza la portata del progresso medievale dell’Allalin, appare evidente che quella in esame fu una crescita importante, capace infatti di condurre il ghiacciaio sino al fondovalle della Visp (evenienza che peraltro ha costituito la norma nei secoli della PEG).
Fig. 2 - La fronte del Ghiacciaio dell’Allalin alla fine degli anni Cinquanta. (Emmanuel Le Roy Ladurie et al., 1975)
Non conosciamo né la situazione da cui prese avvio l’avanzata, né il suo anno d’inizio, né, tantomeno, la sua “velocità di propagazione”. Se tuttavia ipotizziamo una situazione dimensionale di partenza simile a quella odierna, e applichiamo un trend di crescita medio analogo a quello degli anni ’60-’70 (42,5 m/n), otteniamo alcuni risultati teorici abbastanza interessanti. Per percorrere il chilometro e mezzo che separa l’attuale fronte dell’Allalin (2601 m, 2005) dall’area del suo antico sbocco nel fondovalle (a ca. 2040 m), poco a N della diga del Mattmarksee, sarebbero stati necessari circa 35 anni di ininterrotto progresso (eventualità altamente improbabile vista la rapidissima capacità di reazione di questo apparato alle variazioni climatiche interannuali). Nella migliore delle ipotesi, quindi, l’avanzata del ghiacciaio, e dunque il mutamento climatico che ne è all’origine, avrebbe avuto inizio almeno 3-4 decenni prima, con relativo spostamento all’indietro della fine del AMWP (Alpine Medieval Warm Period).
In alternativa, possiamo immaginare un’avanzata del ghiacciaio secondo ritmi ancor più rapidi (> 42,5 m/n) il che comporterebbe l’assunzione di una variazione climatica più brusca, potente e ininterrotta, degna della miglior PEG (ma neppure in questa si sono mai verificati interi decenni così violentemente favorevoli al glacialismo alpino). Questa ipotesi non sembra in ogni caso suffragata dagli elementi meteo-climatici a disposizione (indicanti, come vedremo, una fase di fine secolo “solo” moderatamente favorevole al glacialismo).
O, ancora, possiamo supporre una crescita del ghiacciaio secondo i ritmi ipotizzati (42,5 m/n), ma con “meno strada davanti”, ossia a partire da una situazione frontale più avanzata dell’attuale. In questo caso, dobbiamo necessariamente considerare un “clima di avvio” più freddo rispetto a quello che caratterizza nella regione l’attuale fase di AGW e, di nuovo, un AMWP un po’ meno dilatato o un po’ meno intenso.
Tutte le ipotesi si radicalizzano nel senso indicato se (come pure qualcuno vorrebbe…) si presuppone una situazione glaciale e climatica di partenza addirittura peggiore (più calda) di quella odierna, ossia con distanze iniziali più ampie tra il nostro ghiacciaio e il corso della Visp.
In tutti i casi, assumendo l’Allalingletscher a indicatore del clima regionale, all’anno del primo Giubileo dell’era cristiana le condizioni climatiche delle Alpi erano da tempo virate al peggio, cioè al meglio per i ghiacciai alpini. Nel 1300, l'arco alpino era, da alcuni decenni almeno, coinvolto in una fase fredda favorevole al glacialismo che nulla ha a che vedere con il supposto, e semmai precedente, Periodo Caldo Medievale.
Dopo questo primo, breve riposizionamento dei limiti dell’AMWP, restano tuttavia aperte non poche questioni cruciali: è possibile ricondurre a date più certe tale “peggioramento”? All’ultimo terzo del Duecento, cioè, o a prima ancora? E in ogni caso, quali erano le condizioni climatiche di partenza? Infine, il Ghiacciaio dell’Allalin intraprese da solo tale corsa in avanti o si trattò invece, come sembra ovvio supporre, di una dinamica più generalizzata, seppure ridefinita dai tempi di risposta peculiari a ciascun ghiacciaio?
--- continua ---
Ultima modifica di ilbonardi; 16/09/2009 alle 15:04
"Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente"
ZDENEK ZEMAN
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