Citazione Originariamente Scritto da andrea.corigliano Visualizza Messaggio
Dagli inizi degli anni Novanta il cambiamento del clima ha occupato le prime pagine dell’informazione ed i media, con toni sempre più in crescendo, hanno cavalcato l’onda del catastrofismo facendolo diventare la chiave di lettura di ogni evento atmosferico intenso che si è consumato sul nostro pianeta. A questo approccio semplicistico che, nella valutazione dei fenomeni, non tiene conto né delle loro scale spaziali, né di quelle temporali e non approfondisce i principi fisici che li governano, si affianca certamente una lettura scientifica più attenta che però, proprio per l’accuratezza con cui si vorrebbero capire ed interpretare queste dinamiche, il più delle volte ci costringe a brancolare nel buio, intenti a provare a rispondere a molti interrogativi che derivano dalla complessità del sistema su cui stiamo discutendo.

Ed è proprio quando si crede di avere trovato le risposte su quanto sta succedendo che questi interrogativi riaffiorano prepotentemente, quasi a ricordarci che l’uomo non ha ancora gli strumenti (se mai forse un giorno riuscirà ad averli) per decifrare e cogliere ogni minimo segnale di un sistema così complesso come il clima. Sappiamo che i modelli possono aiutarci a definire una bozza del comportamento del clima stesso e tra l’altro ancora in modo molto grossolano, ma essendo essi il frutto della mente umana ed essendo quest’ultima impossibilitata a risolvere esattamente le leggi del caos ed a capire, in modo altrettanto corretto, i nessi e le innumerevoli interdipendenze tra le variabili, nonché a interpretare in modo giusto il peso che i singoli fattori hanno sull’evoluzione dell’intero sistema, risulta abbastanza chiaro come è sufficiente un… imprevisto per gettare scompiglio e magari mandare a monte tutti gli scenari e le teorie sul cambiamento climatico impostate fino a d oggi.

Purtroppo, sembra quasi che i passi in avanti compiuti nella ricerca negli ultimi anni abbiano in un certo qual modo incoraggiato a tal punto gli scienziati da iniettare in una parte di essi fin troppa sicurezza circa la comprensione delle dinamiche climatiche. Questa sicurezza si è poi tradotta in una “certezza totale” su quanto sta accadendo, facendo quindi credere ad alcuni climatologi di essere arrivati al capolinea dell’interpretazione del sistema, quando invece sappiamo che un vero approccio scientifico, fatto di continua indagine, è strettamente legato a come una farfalla impazzita si diverte a generare e governare i vari feedback che non solo condizionano pesantemente i risultati, ma che possono generarsi proprio quando uno meno se lo aspetta.

Questa volta l’imprevisto (o, se preferite, il feedback in “input”) ha un peso non indifferente e si chiama “attività solare”. Il sole continua a dormire ed alcuni scienziati (chissà perché) non riescono a farsene una ragione, posticipando l’innesco del suo prossimo ciclo di mese in mese, come se avessero la certezza che il sole deve obbligatoriamente riprendere la sua attività, forse perché altrimenti finirebbero per saltare per aria tutte le ipotesi, le tesi e le teorie sul global warming fin qui impostate. Ma il fatto che il sole perdura nella sua fase di stanca oltre il limite solito, allungando ormai di oltre un anno e mezzo questa fase di attività minima, ci mette nelle condizioni di poter rileggere il sistema con una chiave diversa, senz’altro più complessa, nonché di ampliare notevolmente la problematica del cambiamento climatico per estenderla anche a variabili che, forse, negli ultimi anni non sono state prese molto in considerazione. Perché affermo questo?

Perché se è vero che il global warming è una conseguenza dell’incremento della concentrazione dei gas serra e se è vero che i vari scenari futuri sul comportamento del clima sono tutti improntati su un rialzo delle temperature più o meno sensibile, mi domando: “Ma i modelli che hanno simulato il probabile clima del futuro hanno girato mantenendo costante l’attività solare?”. Cioè… le condizioni al contorno (le variabili astronomiche) sono state lasciate immutate? Se gli scenari ipotizzati parlano tutti di un trend improntato all’aumento della temperatura, deduco di sì. Cioè… sarebbe stato dato per scontato un sole in… ottima forma. Nulla in contrario, visto che i fisici ragionano impostando il discorso con “supponiamo che…”, ma esiste forse uno scenario che, a capo, ha un ragionamento che inizia con “supponiamo che il sole rallenti per un tot di anni l’attività”? Non ne sono a conoscenza…

Ci vorranno ancora degli anni per capire se l’attuale fase di stanca del sole è solo temporanea o se ci avviamo veramente verso un periodo imprecisato di attività debole, ma è facile intuire che se questa scarsa attività dovesse durare nel tempo a tal punto da amplificare l’intensità della “perturbazione astronomica” che sicuramente ha cominciato a delinearsi nell’ultimo anno e mezzo, l’innesco di un feedback davvero consistente potrebbe davvero essere in grado di sconvolgere tutti i possibili scenari climatici disegnati fino ad oggi. Tra l’altro, essendo la radiazione il fattore climatico per eccellenza, non serve aspettare un lasso temporale particolarmente lungo prima di vedere i primi effetti di una sua attenuazione, dapprima lievi e via via sempre più evidenti. Se è vero che una minore attività solare comporta la presenza di più nuvolosità grazie all’abbondanza di ioni di atmosfera, generatisi dalla maggiore interazione dei raggi cosmici con le particelle d’aria, ecco che la lunga fase piovosa di quest’anno, durata da fine ottobre ad inizio febbraio, nonché l’ultima ondata di pesante maltempo di questa prima settimana di marzo, potrebbero costituire elementi in grado di avvalorare l’ipotesi che sulle dinamiche del clima, riferite all’ultimo semestre, pesi maggiormente la continua mancanza del numero di macchie solari degli ultimi 18 mesi piuttosto che i fattori interni al nostro sistema. Potrebbe essere: nulla è escluso.

Mio modesto parere personale. I prossimi mesi saranno un autentico banco di prova. Se la primavera si rivelerà piovosa (secondo me è probabile) e ricalcherà a grandi linee una dinamica invernale ben nota che ha avuto il sapore di autunno, allora questo comportamento potrebbe davvero metterci la fatidica “pulce nell’orecchio” che ci inviterebbe a seguire con estrema attenzione anche l’evoluzione meteorologica estiva. Il tutto, sempre che il sole continui a dormire. Se riprendesse l’attività, molto probabilmente la “perturbazione astronomica” innescata dalla minima attività, attualmente in fase di propagazione ed amplificazione, dovrebbe essere riassorbita abbastanza velocemente.

Vedremo…

Saluti
Andrea
E' proprio la frase da me evidenziata che rappresenta un'apertura di mente, un progresso, capacità di mettersi in discussione ed accettare nuove realtà, nuovi cambiamenti. In Italia, più che in altre nazioni, ciò è ancora più difficile e così si dice: "Non abbandonare mai la strada vecchia, se non si conosce quella nuova". A volte la paura di cambiare od esprimere nuove vedute, o addirittura di cercarle genera insicurezza. Tale insicurezza e mancanza di fiducia genera un fenomeno che ormai nei mass media è utilizzatissimo e si chiama "crisi". Anche nel riscaldamento globale apparentemente inarrestabile potrebbe intervenire "una perturbazione" che metta in crisi le previsioni. Anche nel periodo dei "The roaring twenties", gli Usa conobbero un periodo di forte crescita economica che si interruppe drammaticamente nel 1929. Tali inversioni di rotta potrebbero essere dovuti probabilmente al superamento del livello di sostenibilità che porterebbero conseguenze a catena che paradossalmente farebbero invertire la rotta di un fenomeno. A volte anche l'economia sa essere caotica così come lo è la meteo. Questo sarebbe un mio parere.