Inoltre, aggiungo, la Lingua è molto più che uno "strumento" per comunicare.
La Lingua codifica il pensiero, l'omologazione ad un'unica lingua extra-nazionale (es. l'Inglese, ma anche l'Italiano se consideriamo l'Italia come un insieme di culture nettamente divise) porta a una pericolosa omologazione di pensiero. La lingua extra-nazionale deve essere lo "strumento" da usare solo in quei casi in cui non si può usare la lingua madre, lingua madre che riflette il pensiero e l'humus culturale della regione in cui è parlata.
Uno Scozzese non pensa allo stesso modo di un Inglese, un Italiano non pensa al pari di un Russo e un Veneto non pensa come un Calabrese o un Marchigiano etc... Trovo inoltre pericoloso il tentativo di calare nel contesto Italiano il modello culturale-sociale-linguistico Anglosassone, ma questo è un altro discorso...
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Difatti la Francia ha un concetto di Nazione molto diverso da quello Italiano.
Concetto che fonda le sue origini in un tipo di politica ben precisa, che ha permesso la Francia già dalla fine del 1500 di essere un popolo piuttosto omogeneo a livello religioso e culturale e che quindi si è identificato da qualche secolo ormai nello Stato.
In Italia non è così e 150 anni non mi sembrano abbiano portato miglioramenti sostanziali, quindi, forse, sarebbe meglio fare un passo indietro e rivedere le istituzioni politiche Italiane, valorizzando le diversità piuttosto di tentare ciecamente di trovare l'omologazione.
Non si può più fare come hanno fatto i Francesi, ovvero scegliere una parte della popolazione maggioritaria (cattolici) e mandare via i "diversi" (ugonotti) per omologare un territorio ampio, anche perchè al giorno d'oggi, oltre alle culture locali, grande impatto hanno i flussi migratori. Indi sarebbe più opportuno valorizzare TUTTE le dversità e non omologare tutti a un unico modello.
i dialetti sono accessori preziosi e romantici che servono a riconoscersi in un gruppo piccolo o grande che sia. il senso di appartenenza si fonda anche sul dialetto, oltre che su valori condivisi ($$, religione..). ogni comunità ha dei punti di forza e di debolezza; si potrebbe ipotizzare che tra i punti di forza della comunità veneta ci sia il dialetto come forte valore culturale condiviso. per dire qui da noi non è affatto così, il dialetto è perso (sempre che sia esistito).
o comunque nel mio caso è stato il contrario. mio padre, quando ero piccolino, mi mortificava ogni volta che parlavo romano perchè a suo dire era sinonimo di parlar male e distintivo degli strati sociali degradati. ad oggi, si può ritenere soddisfatto, credo, sentendomi parlare. non so se anche altrove sia così, ma qui il dialetto e chi parla in dialetto è spesso definito "grezzo"!
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Nella Bergamasca il dialetto è abbastanza parlato tra i giovani, soprattutto nelle valli...un po' meno in città per via della presenza straniera e meridionale...comunque esiste ancora!!!![]()
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Non vedo francamente la necessità di abolire le lingue degli Stati Nazionali (?!)
ne tantomeno quella di rinunciare al dialetto, lingua che esprime delle specificità locali culturali
che non credo debbano andare perse.
Allo stesso tempo, è giusto il discorso di coltivare elementi di comunicazione trans-nazionale,
e vedo l'inglese sufficiente per lo scopo (l'esperanto mi sembra francamente inutile e "bizzarro")
Chi parla bene Italiano e un dialetto della sua Regione può benissimo imparare anche l'Inglese e diventare "Internazionale"...
... che problema c'è ?
C.
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"S'è la notizia fossi confermata sarò zio."
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