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    Predefinito Re: Auto elettriche, ibride mild e plug in, parliamone

    Citazione Originariamente Scritto da Corry Visualizza Messaggio
    Editoriale quattro ruote di questo mese Quattroruote | News e listino auto nuove, usato, quotazioni e servizi come non sottoscrivere…

    Da un paio d'anni vado scrivendo che la scellerata idea di governare il mercato dell'auto attraverso quelle che gli anglosassoni definiscono "mandate policies" avrebbe gettato le basi per la deindustrializzazione dell'industria locale. Purtroppo sono stato facile profeta, ché le velleitarie intenzioni di Bruxelles sono andate ufficialmente a sbattere contro la realtà. Ad agosto, le immatricolazioni del continente sono crollate del 18,3% rispetto allo stesso mese del 2023 (l'Italia fa il -13,4%). Per le elettriche, poi, è stata un'ecatombe: il calo è arrivato a toccare il 43,9%. Trovano così giustificazione le grida di allarme che i costruttori andavano lanciando da mesi. Ed è ora palpabile il terrore che l'automotive europeo possa implodere da un momento all'altro. Bisogna essere chiari: il disastro in cui l'Europa si è cacciata è in gran parte addebitabile all'approccio ideologico con cui Bruxelles, in ossequio a uno spirito dirigistico autolesionistico, ha obbligato un intero comparto industriale ad assecondarne le irrealizzabili (per quanto senz'altro commendevoli) intenzioni. Questo non solleva i produttori dalle loro responsabilità, anche al netto dell'eccessiva accondiscendenza verso i dogmatismi di politici che ora, vista la malaparata, scappano dalla scena del crimine (l'ultimo in ordine di sparizione è Thierry Breton). Nel tentativo di traghettare il modello di business da una logica di magnitudo industriale a una focalizzata sui ricavi, le Case hanno aumentato a dismisura i prezzi (al fenomeno dedichiamo l'approfondimento di pagina 44) in un momento storico in cui cala il potere d'acquisto e l'inflazione rende più costoso il ricorso al credito. E hanno probabilmente ritenuto l'elettrico funzionale a tale trasformazione, oltre che un buon modo per costringere la gente a cambiare la macchina, in un mercato che per ragioni demografiche e sociali non esprimerà più i volumi di prima. Accettando le ubbie di una classe dirigente miope (continuo a ritenere improbabile che dietro la teoria di sbagli ci sia stato un indicibile disegno: è stata proprio una deplorevole incapacità strategica) e mettendo il proprio tornaconto di fronte agl'interessi dei clienti, i costruttori si sono stretti attorno al collo una corda il cui nodo va stringendosi.
    Se la contrazione delle vendite non bastasse, nel 2025, infatti, entreranno in vigore le nuove norme Cafe, che prevedono un'ulteriore riduzione della CO2 media, pena multe salatissime. Tutti erano convinti che l'incidenza delle Bev sarebbe cresciuta al punto da scansare tali sanzioni. Invece i consumatori, a cui nessuno ha chiesto se fossero d'accordo con la rivoluzione, si sono messi di traverso: la quota delle elettriche è al 12,6%, che è più o meno la metà di dove avrebbe dovuto essere. Siccome mancano all'appello mezzo milione di "pezzi", l'Acea, l'associazione dei costruttori, ha stimato in 18 miliardi di euro le contravvenzioni che le Case dovranno pagare l'anno prossimo a causa del flop dell'elettrico. Altro che 2035: è una cifra che potrebbe far saltare per aria il comparto auto europeo domani. Soluzioni? O regali le Bev in stock, ma non si può fare perché affosserebbe il valore residuo di quelle in circolazione, oppure sei costretto a non vendere le termiche, così da alzare artificialmente lo share delle vetture a pile, il che significherebbe rinunciare a due milioni e mezzo di auto che potrebbero altrimenti essere vendute. Quei 2,5 milioni in meno equivalgono a otto fabbriche. Da qui la richiesta in zona Cesarini dell'Acea di spostare al 2027 l'inseverimento dei vincoli Cafe. Due anni saranno sufficienti per ribaltare la situazione? Difficile. L'impressione è che si cerchi di guadagnare tempo, nella speranza che la politica intervenga con generose prebende. Di certo, l'automotive europeo è all'angolo per una serie di errori strategici e dell'irruenza dei cinesi: il loro mercato domestico è un disastro per gli stranieri, in Europa aggrediscono i segmenti lasciati sguarniti dai marchi locali e hanno lanciato l'offensiva pure in Sud America e in Asia. La Volkswagen ha annunciato 15 mila licenziamenti e chiuso la fabbrica belga dell'Audi, chiedendo che Berlino rinnovi gl'incentivi sospesi l'anno scorso (il ministro dell'Economia, Robert Habeck, ha già detto di sentirsi «in obbligo di fare qualcosa»). Però ogni governo si muove per sé (la Spagna non vuole i dazi perché la Cina minaccia di tassarle la carne di maiale e l'Italia chiede di anticipare di un anno la clausola di revisione prevista per il 2026) e comunque il fronte delle Case ha perso una pedina essenziale nei negoziati, ovvero Stellantis. Carlos Tavares ha bocciato la proposta Acea commentando che «sarebbe surreale cambiare le regole adesso» (come sia certo di evitare le multe non è dato sapere).
    Che cosa accadrà lo vedremo presto. E si capirà anche se Bruxelles vorrà accogliere i suggerimenti di Mario Draghi, che nel suo documento per la difesa della competitività europea ritiene necessario introdurre il metodo "dalla culla alla tomba" per misurare le emissioni (e sarebbe ora). Di certo, le parole dell'ex premier sono una bocciatura generalizzata: «Il settore automobilistico è un esempio della mancanza di pianificazione dell'Unione e dell'applicazione di una politica climatica senza quella industriale». Ora, sarebbe facile dare la colpa di questo disastro alla sola follia dell'elettrico imposto senza considerarne le implicazioni oggi evidenti. Ma l'impressione è che la transizione – inevitabile, per quanto sbagliata nei modi e nei tempi – abbia semplicemente amplificato i problemi di un ecosistema autoreferenziale, che ha sottovalutato non soltanto i nuovi player, ma anche – e soprattutto – il ruolo decisivo dei consumatori.
    Ecco qui di comincia a centrare un po' meglio il punto fondamentale.

    Il resto del mondo protegge la sua industria, offre sussidi e mette barriere commerciali, l'Europa al contrario ha imposto obiettivi di abbattimento delle emissioni ambiziosi (con un decennio di anticipo, ma l'industria li ha ignorati sperando che non sarebbero stati applicati) che prevedono sanzioni alle aziende e non supporto e protezione come fanno gli altri.


    Quindi l'industria europea si ritrova indietro rispetto al resto del mondo sulle tecnologie alternative e non riesce ad offrire macchine elettriche a prezzi competitivi come fanno i cinesi, che hanno un quasi monopolio su gran parte della filiera e volumi di produzione molto più alti.


    Le polemiche si concentrano sul 2035, ma il problema è ora, con i produttori che devono fare investimenti enormi nello stesso momento in cui dovrebbero pagare sanzioni devastanti e abbassare i prezzi per reggere la concorrenza cinese.


    Sui prodotti industriali i costi si abbattono con la produzione di massa, rallentare la transizione non aiuta a recuperare terreno sui cinesi ma solo ad alleviare i problemi di bilancio delle case automobilistiche europee.
    Ultima modifica di snowaholic; 03/10/2024 alle 19:27

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