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  1. #61
    Bava di vento L'avatar di ilbonardi
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da Lou_Vall Visualizza Messaggio
    Ok,ora ho capito
    Questo però è abbastanza sconvolgente visto che,proprio in quel periodo,avrebbe dovuto esserci il Periodo Caldo Medievale
    In effetti per gli anni (decenni) che abbiamo considerato finora dovremmo parlare, per quanto riguarda le Alpi, di "Periodo Freddo Medievale".
    Più in là cercheremo di capire anche se e come tutto ciò si correli ad andamenti climatici più generali, europei e dell'emisfero Nord.

    "Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente"
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  2. #62
    Vento forte L'avatar di brenva'20
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da Lou_Vall Visualizza Messaggio
    Ok,ora ho capito
    Questo però è abbastanza sconvolgente visto che,proprio in quel periodo,avrebbe dovuto esserci il Periodo Caldo Medievale
    No dal 1250 al 1280 se non sbaglio vi è stato un periodo molto fresco, circa 1-0,9°C in meno di adesso...
    André

  3. #63
    Bava di vento L'avatar di ilbonardi
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da brenva'20 Visualizza Messaggio
    No dal 1250 al 1280 se non sbaglio vi è stato un periodo molto fresco, circa 1-0,9°C in meno di adesso...
    Interessante. Ricordi la fonte e l'area a cui si riferisce questo dato? NH? Europa?
    Nella mia curva in costruzione, esattamente per quei tre decenni (coincidenza perfetta) sono sotto addirittura di 1,3/1,5 °C, ma con riferimento alla sola stagione estiva. Per gli inverni, invece, escludo uno scostamento della stessa ampiezza.
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  4. #64
    Uragano L'avatar di Lou_Vall
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da brenva'20 Visualizza Messaggio
    No dal 1250 al 1280 se non sbaglio vi è stato un periodo molto fresco, circa 1-0,9°C in meno di adesso...
    Quindi il famoso periodo caldo dove dovrebbe collocarsi? Se non sbaglio viene generalmente inserito tra il 900 e il 1300,e,a partire dal 1300 le temperature hanno iniziato a scendere o sbaglio?
    Lou soulei nais per tuchi

  5. #65
    Vento forte L'avatar di brenva'20
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    In questi giorni sono a scuola ma il fine settimana sono sempre a casa quindi cercherò bene e fornirò informazioni piu precise e le fonti perché qui ad Aosta non ho niente purtroppo...

    André

  6. #66
    Vento forte L'avatar di brenva'20
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    E comunque anche M.Pinna nella "Storia del clima" cita un periodo di fresco nel medioevo mi sembra proprio a livello alpino comunque devo controllare bene. Queste affermazioni prendetele con le dovute precauzioni perchè nn sono ancora sicuro ma mi sembra sia proprio cosi
    André

  7. #67
    Bava di vento L'avatar di ilbonardi
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Il lungo Duecento dei ghiacciai alpini

    Come abbiamo visto, le posizioni raggiunte dai ghiacciai alpini nell’ultima parte del XIII secolo rendono incompatibile, anche per i decenni immediatamente precedenti, ogni ipotesi di equivalenza con l’attuale stato del glacialismo alpino. Per trovare qualcosa di paragonabile alla situazione del 1270 ca. è probabilmente necessario spingersi nel bel mezzo della PEG: ad esempio, nella seconda metà del Settecento o nei decenni che ne precedettero l’acme di inizio Seicento o, anche, al periodo a cavallo tra XIX e XX secolo (per intenderci, fasi non certo di massima ma, in quanto a espansione delle masse glaciali, incomparabilmente più favorevoli degli attuali).
    Altresì, ho ipotizzato che quelle posizioni, obbligate per spiegare le punte del Rutor (1284) e dell’Allalin (1300), fossero a loro volta il frutto di uno stato favorevole (inteso come decisamente migliore dell’attuale) di lungo periodo, ossia esteso anche alla prima metà del secolo (1). Beninteso, “migliore” non significa di “costante avanzata”…
    Quali furono dunque i caratteri climatici prevalenti nella prima metà del Duecento? E a quali condizioni essi spiegano gli eventi glaciologici di alcuni decenni più tardi?

    La questione è tutt’altro che semplice, data la difficoltà ad inserire in quadri omogenei ciò che, per l’appunto, omogeneo non fu. L’intervallo che va all’incirca dal 1210 al 1250 è costellato di continue alternanze tra brevi fasi (o semplicemente annate) fredde ed altrettanto brevi periodi caldi; tra eventi favorevoli ed altri sfavorevoli al glacialismo alpino. Tra questi ultimi, la prevalenza di estati calde, in particolare attorno a metà secolo, pur senza quelle punte estreme che conosciamo oggi o che, per un periodo più breve, interessarono la fase 1279-86. Interessanti, inoltre, i caratteri decisamente estivi che, in molti casi, ebbe ad assumere il mese di settembre.
    Per contro, sparpagliati tra i primi anni del secolo e il 1240, diversi inverni “glaciali” (gli esempi più grandiosi sono quelli del 1216 e del 1234) “assaltano” Alpi e Pianura Padana (non sempre contemporaneamente), ma in ogni caso con ben pochi esiti in termini glaciologici, se non quando accompagnati da prolungate fasi siccitose.
    Il vero marchio al periodo, con non irrilevanti conseguenze sui ghiacciai, proviene però a mio avviso dalla notevole (notevolissima a tratti) piovosità (concentrata) delle stagioni autunnali. In questi anni, forti precipitazioni (e conseguenti eventi alluvionali) tra settembre e novembre si traducono in qualche caso in accumuli nevosi abbondanti (…. sopra a tutti, almeno per quanto riguarda Alpi centrali e orientali), ma, più spesso, per quanto difficile da quantificare, in una significativa “erosione” delle superfici glaciali: è l’evenienza che, con buona probabilità, si verificò ripetutamente nel 1220, 1230, 1239 e 1249. Altrove avevo già presentato un’ipotesi analoga come possibile spiegazione (concausa) della contrazione dei ghiacciai nel periodo 1855-1885.

    Da un punto di vista climatico il periodo si sintetizza dunque nella forte variabilità interannuale, nella debole estremizzazione termica e in quella, altrettanto esile, dei caratteri pluvio-nivometrici invernali, soprattutto in paragone agli ultimi decenni del XIII secolo.

    Complessivamente, l’andamento climatico della prima metà del Duecento manifestò poi caratteri moderatamente sfavorevoli al glacialismo alpino. Complici i ripetuti eventi alluvionali che interessarono la stagione autunnale (accompagnati da temperature elevate), le masse glaciali raggiunsero probabilmente in questa fase le loro dimensioni minime di tutto il Basso Medioevo.
    Anche nel momento peggiore (probabilmente attorno alla metà del secolo), però, i ghiacciai alpini si mantennero ben lontani dalle posizioni di minimo attuale (e per quanto abbiamo visto sino a oggi e per quanto avremo modo di vedere nella prossime puntate).

    Prima del successivo salto indietro, sarà però necessario soffermarci ancora un poco sui ghiacciai di inizio secolo. Il lungo Duecento dei ghiacciai alpini, infatti, non è ancora terminato…

    ---continua---


    (1) In alternativa dobbiamo “immaginare l'inimmaginabile”, con il ghiacciaio che percorre almeno un chilometro e mezzo in circa tre decenni, pari a un trend medio di avanzata di ca. 45-50 m/n, senza rallentamenti e senza interruzioni: il che, anche volendo, non sarebbe compatibile con le condizioni climatiche del periodo 1250-1284 (tanto più che in tale intervallo si inserisce la fase decisamente negativa post-1279 che, a margine, porta a considerare che nel 1284 il Rutor fosse probabilmente in fase di ritiro).
    "Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente"
    ZDENEK ZEMAN

  8. #68
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da ilbonardi Visualizza Messaggio
    Il lungo Duecento dei ghiacciai alpini

    Come abbiamo visto, le posizioni raggiunte dai ghiacciai alpini nell’ultima parte del XIII secolo rendono incompatibile, anche per i decenni immediatamente precedenti, ogni ipotesi di equivalenza con l’attuale stato del glacialismo alpino. Per trovare qualcosa di paragonabile alla situazione del 1270 ca. è probabilmente necessario spingersi nel bel mezzo della PEG: ad esempio, nella seconda metà del Settecento o nei decenni che ne precedettero l’acme di inizio Seicento o, anche, al periodo a cavallo tra XIX e XX secolo (per intenderci, fasi non certo di massima ma, in quanto a espansione delle masse glaciali, incomparabilmente più favorevoli degli attuali).
    Altresì, ho ipotizzato che quelle posizioni, obbligate per spiegare le punte del Rutor (1284) e dell’Allalin (1300), fossero a loro volta il frutto di uno stato favorevole (inteso come decisamente migliore dell’attuale) di lungo periodo, ossia esteso anche alla prima metà del secolo (1). Beninteso, “migliore” non significa di “costante avanzata”…
    Quali furono dunque i caratteri climatici prevalenti nella prima metà del Duecento? E a quali condizioni essi spiegano gli eventi glaciologici di alcuni decenni più tardi?

    La questione è tutt’altro che semplice, data la difficoltà ad inserire in quadri omogenei ciò che, per l’appunto, omogeneo non fu. L’intervallo che va all’incirca dal 1210 al 1250 è costellato di continue alternanze tra brevi fasi (o semplicemente annate) fredde ed altrettanto brevi periodi caldi; tra eventi favorevoli ed altri sfavorevoli al glacialismo alpino. Tra questi ultimi, la prevalenza di estati calde, in particolare attorno a metà secolo, pur senza quelle punte estreme che conosciamo oggi o che, per un periodo più breve, interessarono la fase 1279-86. Interessanti, inoltre, i caratteri decisamente estivi che, in molti casi, ebbe ad assumere il mese di settembre.
    Per contro, sparpagliati tra i primi anni del secolo e il 1240, diversi inverni “glaciali” (gli esempi più grandiosi sono quelli del 1216 e del 1234) “assaltano” Alpi e Pianura Padana (non sempre contemporaneamente), ma in ogni caso con ben pochi esiti in termini glaciologici, se non quando accompagnati da prolungate fasi siccitose.
    Il vero marchio al periodo, con non irrilevanti conseguenze sui ghiacciai, proviene però a mio avviso dalla notevole (notevolissima a tratti) piovosità (concentrata) delle stagioni autunnali. In questi anni, forti precipitazioni (e conseguenti eventi alluvionali) tra settembre e novembre si traducono in qualche caso in accumuli nevosi abbondanti (…. sopra a tutti, almeno per quanto riguarda Alpi centrali e orientali), ma, più spesso, per quanto difficile da quantificare, in una significativa “erosione” delle superfici glaciali: è l’evenienza che, con buona probabilità, si verificò ripetutamente nel 1220, 1230, 1239 e 1249. Altrove avevo già presentato un’ipotesi analoga come possibile spiegazione (concausa) della contrazione dei ghiacciai nel periodo 1855-1885.

    Da un punto di vista climatico il periodo si sintetizza dunque nella forte variabilità interannuale, nella debole estremizzazione termica e in quella, altrettanto esile, dei caratteri pluvio-nivometrici invernali, soprattutto in paragone agli ultimi decenni del XIII secolo.

    Complessivamente, l’andamento climatico della prima metà del Duecento manifestò poi caratteri moderatamente sfavorevoli al glacialismo alpino. Complici i ripetuti eventi alluvionali che interessarono la stagione autunnale (accompagnati da temperature elevate), le masse glaciali raggiunsero probabilmente in questa fase le loro dimensioni minime di tutto il Basso Medioevo.
    Anche nel momento peggiore (probabilmente attorno alla metà del secolo), però, i ghiacciai alpini si mantennero ben lontani dalle posizioni di minimo attuale (e per quanto abbiamo visto sino a oggi e per quanto avremo modo di vedere nella prossime puntate).

    Prima del successivo salto indietro, sarà però necessario soffermarci ancora un poco sui ghiacciai di inizio secolo. Il lungo Duecento dei ghiacciai alpini, infatti, non è ancora terminato…

    ---continua---


    (1) In alternativa dobbiamo “immaginare l'inimmaginabile”, con il ghiacciaio che percorre almeno un chilometro e mezzo in circa tre decenni, pari a un trend medio di avanzata di ca. 45-50 m/n, senza rallentamenti e senza interruzioni: il che, anche volendo, non sarebbe compatibile con le condizioni climatiche del periodo 1250-1284 (tanto più che in tale intervallo si inserisce la fase decisamente negativa post-1279 che, a margine, porta a considerare che nel 1284 il Rutor fosse probabilmente in fase di ritiro).
    Accuratissimo,bravo.

  9. #69
    Brezza tesa L'avatar di guid49
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    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da ilbonardi Visualizza Messaggio
    Rieccoci per un passaggio un po' noioso, ma fondamentale.

    Nel corso dell'ultimo millennio, sono stati innumerevoli i casi di formazione di laghi di sbarramento (diga in ghiaccio) prodotti dall'avanzata dei ghiacciai alpini. Le situazioni morfologiche che danno origine a tali eventi sono le più varie, ma sempre, a essi, è seguito lo svuotamento, più o meno improvviso, dei bacini così generatisi. Vale la pena ricordare che i primi esempi di protocartografia glaciologica traggono origine proprio da fatti di questo genere (le rappresentazioni del Vernagtferner dei primi anni del Seicento).

    3) “Les glaces” del Rutor
    Nel 1284, le acque del Lago del Rutor rompono lo sbarramento “des glaces” dell’omonimo ghiacciaio provocando danni agli insediamenti sottostanti del vallone di La Thuile (sono proprio questi danni a dare origine al documento che testimonia i fatti). Si tratta di un segno inequivocabile della posizione molto avanzata raggiunta dal ghiacciaio. Non siamo a conoscenza di precedenti analoghi, comunque possibili; sappiamo che la medesima circostanza si produrrà ripetutamente durante la PEG, con forti spinte a partire dalla fine del XVI secolo (1594-1598), ma già prima nel 1371 e nel 1430.
    Abbiamo quindi testimonianza del fatto che nel 1284 la posizione raggiunta da questo ghiacciaio fosse già molto simile a quella tipica delle fasi di massima della PEG. Con pochi dubbi, anche qui possiamo leggere gli indiscutibili effetti positivi del decennio climatico ‘70-’79 (e nella rottura dello sbarramento quelli delle calde estati che seguirono?). Rispetto all’Allalin, però, l’analisi del caso del Rutor, con il suo quindicennio abbondante di anticipo, ci costringe a ricercarne le cause più indietro nel tempo. Analogamente a quanto abbiamo visto con il “caso Allalin”, anche qui risulta inimmaginabile una posizione di partenza, negli anni immediatamente precedenti il 1270, analoga a quella attuale. Ciò, infatti, comporterebbe che in un solo decennio si sia prodotta un’avanzata capace, grossomodo, di trasformare il ghiacciaio come rappresentato, ma ad andamento invertito (prima la fase di minima e poi quella di massima), nella ricostruzione di F. Villa et al. che riporto in calce (F. Villa et al., L’analisi dei ghiacciai alpini attraverso l’utilizzo di sistemi informativi territoriali). Ancor più, tenendo conto che la situazione attuale del ghiacciaio è anche ben peggiore di quella che si registrava nel 1954!
    Anche se non conosciamo con certezza l'ubicazione del lago svuotatosi nel 1284 (sono almeno un paio le aree in cui, nel corso degli ultimi secoli, le avanzate del Rutor hanno prodotto eventi di questo tipo) è fuori di dubbio che la porzione di ghiacciaio responsabile con la sua presenza del lago, è quella finale, all'incirca corrispondente allo stretto lobo prefrontale ben visibile nella ricostruzione di sinistra (PEG).
    Da queste considerazioni, appare a mio avviso evidente il fatto che, se si volesse ipotizzare una situazione di minimo iniziale del ghiacciaio analoga a quella attuale, il raggiungimento di una posizione “simil-PEG” dovrebbe aver comportato svariati decenni di pressoché ininterrotta avanzata, necessari per coprire i circa due chilometri che separano le morene frontali della PEG dalla fronte attuale e necessari al recupero di circa 400 ettari di superficie glacializzata. Il risultato, in questo caso, sarebbe quello di trasformare tutto il XIII secolo (e fors'anche una parte del precedente) nel primo secolo di conclamatissima PEG, anziché nell'ultimo del MWP!
    In alternativa, e a mio parere più credibilmente, possiamo immaginare uno status di partenza decisamente meno drammatico ma, conseguentemente, una condizione di espansione dell'apparato, per buona parte del Duecento, migliore dell'attuale.
    Come che sia, abbiamo già abbondantemente raggiunto, all’indietro, la metà del secolo.

    Il Duecento, e con esso l'AMWP, si accorcia inesorabilmente…

    --- continua ---
    Leggo solo ora queste interessanti note che però mi lasciano alcuni dubbi riguardo la localizzazione dello sbarramento del Ruitor che provocò la successiva inondazione a valle. Infatti potrebbe essere avvenuto in zone oggi non visibili e coperte dal ghiaccio oppure potrebbe aver avuto cause non glaciali, come ad esempio l'ostruzione del corso d'acqua da parte di materiali instabili. Ricordo un evento simile in Val Sissone negli anni '50 del secolo scorso dovuto al crollo di un'instabile morena con il ghiacciaio su posizioni più elevate di quota. Dubito che l'uomo medievale frequentasse l'alta montagna e nel 1284 avesse la curiosità di compiere un accurato sopraluogo in quota. Quello era il mondo dei ghiacci a lui ostile e così lo chiamava.
    Sarebbe molto interessante leggere l'originale.

  10. #70
    Josh
    Ospite

    Predefinito Re: Clima e ghiacciai nel Medioevo alpino.

    Citazione Originariamente Scritto da FilTur Visualizza Messaggio
    Evidentemente non conosci il clima siciliano...a parte che l'estate 2003 non fu eccezionale localmente in Sicilia (come non lo fu nemmeno in Inghilterra, 4-5a in lista), almeno non come la intendiamo qui nell'area alpina, ma l'estate siciliana è sempre stata molto calda e molto secca, mentre le precipitazioni sono sempre state concentrate nei mesi tra ottobre ed aprile: a meno che la Sicilia non sia raggiunta dal clima del Sahara (cioè, oltre a riscaldarsi ben oltre la 2003 in estate, diventi anche molto ma molto più secca), non vedo proprio che problemi ci sarebbero con un clima mediamente più caldo (1°C annuo?) ma con piovosità normale o al limite di poco inferiore.

    Sul vino svedese, valgono le cose già dette per quello inglese.
    Per la Sicilia le estati più calde sono state quelle del 1982-1994-1998-2007...però anche quella del 2003 mica sfigura.
    E' possibile che il clima siculo nell'optimum medievale fosse paragonabile a quello della Tunisia centrale.Teniamo anche presente che molti sostengono che l'intensità del riscaldamento sarebbe inversamente proporzionale alla latitudine...

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