
Originariamente Scritto da
galinsoga
Ma infatti, relativamente al punto 3, ho il sospetto che a favorire la risalta a quote montane di specie tipiche dei rilievi più bassi sia stato, principalmente, l'aumento delle temperature estive e il relativo allungamento del periodo vegetativo, ossia l'esordio anticipato della stagione estiva e quello posticipato della stagione autunnale, trend che almeno per l'Italia settentrionale, sembra essersi consolidato a partire dal periodo successivo all'evento di Nino strong dell'estate 1987 e soprattutto dopo il 1998. Il limite superiore di Acer pseudoplatanus e Fraxinus excelsior sul versante interno delle Alpi coincide grossomodo con quello del faggio, che sull'arco alpino non è (potenzialmente) mai inferiore ai 1600 m (se non forse nel settore più interno delle Alpi Carniche). Le notevoli estensioni di conifere, nel piano montano inferiore e medio, che si osservano in alcune aree delle Alpi centro-orientali sono state, probabilmente, favorite da tagli selettivi a danno di specie meno "interessanti" come il faggio (nei distretti a clima suboceanico) e il pino silvestre (in quelli a clima continentale). Nelle Alpi sud-occidentali il larice è stato favorito, a discapito dell'abete bianco e del faggio, in tutto il piano montano, fino ai 1600-1700 m. Infatti capita sempre più spesso di vedere forte rinnovo di abete bianco e faggio modesto rinnovo di larice in gran parte delle zone delle Alpi Liguri, Marittime e Cozie al di sotto dei 1500 m. il larice è interessante da un punto di vista silvicolturale perché specie eliofila, per cui i boschi di larice, a differenza delle abetaie e delle faggete, sono pascolabili. Viceversa il larice si espande nuovamente nel piano subalpino e nella fascia 2000-2300 m, ossia in quella che era essenzialmente la fascia dei pascoli, in gran parte favoriti dall'uomo, a danno delle specie legnose (conifere ma anche lande subalpine di ericacee come rododendro e mirtilli). Tuttavia la fascia subalpina (1700-2300 m) risulta molto interessante, dal punto di vista delle dinamiche evolutive della vegetazione, perché influenzata in modo significativo, ma comunque inferiore rispetto a quella montana o collinare/basale. Ti racconto un aneddoto curioso: qualche anno fa, all'Archivio di Stato di Genova, mi mostrarono un foglio di una mappa della Liguria risalente al periodo napoleonico, quando la Repubblica di Genova (assieme al Piemonte) divenne parte dell'Impero francese, il foglio riguardava il territorio dell'alta Val Tanarello (oggi quasi tutta in territorio imperiese) e riportava la ripartizione del territorio, ebbene rimasi impressionato da come, buona parte di zone oggi coperte da lariceto, ad altitudini comprese tra i 1400 e i 1700 m, fossero destinati alle coltivazioni... mi chiesi allora quali coltivazioni potessero essere adatte a un territorio posto a quella quota, posto che certamente non si trattava di grano e nemmeno di patate (che nel primo decennio del XIX secolo erano quasi sconosciute in Italia e che comunque a quelle altitudini hanno una resa molto bassa), ebbene: erano campi di segale... mentre il bosco (presumo lariceto rado e pascolato) aveva un'estensione molto modesta rispetto a quella attuale...
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