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  1. #1
    Vento fresco L'avatar di Jadan
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da simone3500 Visualizza Messaggio
    l'altro che i ghiacciai valdostani come li conosciamo in epoca medievale non c'erano!).
    Quantomeno questa cosa è "certa" per l'area Alpina.
    Citazione Originariamente Scritto da Enrico_3bmeteo Visualizza Messaggio
    anche se la sua assenza dalla conca di La Thuile è probabile al 99% sia dovuta alla pesante deforestazione di cui è stata oggetto la VdA nei millenni passati..
    Non discuto questi dati. Dico solo che il sistema alpino ci mette decenni ad abituarsi alle nuove attuali condizioni. L'attuale estensione dei ghiacci alpini NON E' COMPATIBILE con queste temperature: prova ne è che si ritirano anno dopo anno. Il punto di equilibrio compatibile lo raggiungerà quando i ghiacciai avranno smesso di ritirarsi e diranno (come a sette e mezzo) "Sto".

    Ma tra quanti anni e quanti metri arriverà questo momento? Non mi pare che ci siamo nemmeno vicini: i ghiacci non solo si ritirano, ma mi pare d'aver letto qua e là, che lo fanno a ritmo crescente. Ma voi mi insegnate che un ghiacciaio è un sistema molto inerziale: non si adegua agli sbalzi di temperatura in tempo reale (cioè in un decennio).

    Perciò dico che alcune ricostruzioni del passato mi fanno riflettere. Lo so che nel medioevo la situazione era diversa e che certi passi alpini ora chiusi per 9 mesi all'anno erano aperti per molto più. Ma il mio sacro timore è che il solo effetto persistenza (senza quindi dover ricorrere ad ulteriori aumenti di temperature) sia sufficiente a creare una situazione e un paesaggio totalmente differente da quello odierno. Cioè: lasciamo le temperature dell'ultimo decennio per 100 anni (l'ottimo medievale ne durò 300, se non ricordo male) e vediamo cosa resta.

    Per la deforestazione: ha agito pesantemente in Valle, almeno sino alla peste, quando la popolazione in quota era molto maggiore sia di quella di ora (e non ci vuole molto) ma sia a quella che all'epoca abitava il fondovalle. Le montagne erano enormemente più sfruttate, e così il terreno. La stessa limitazione dei boschi (mi è stato detto da autorevoli forestali locali) è stata in larga misura imposta. Oggi c'è un limite (più o meno intorno ai 1000 metri) di brusco passaggio da latifoglie a conifere. In origine la cosa doveva essere più graduale, con boschi misti sino a quote più elevate. Così le esigenze di pascolo sopra i 2000 hanno portato alla deforestazione di tutto ciò che non fosse in forte pendio.

    Insomma: ci sono molti discorsi connessi tra loro. Dulcis in fundo, la persistenza avviene anche in acqua. Se il mare, anche lui un sistema inerziale, alla fine si riscalda "in misura compatibile" con le attuali temperature, è possibile che risulti più caldo di oggi. E un mare più caldo provoca effetti su lunga scala.
    Mescolando tutti i fattori, ripeto, non mi stupirei che già fossimo arrivati, ora, alle temperature dell'optimum (o comunque da quell parti) e che ciò che ci manchi sia solo qualche decennio. Il tutto, come dicevo all'inizio, con un panorama che è fatto di 6 miliardi di persone e di vaste zone del pianeta deforestate e convertite a uso agricolo.
    Maurizio
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  2. #2
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da Jadan Visualizza Messaggio
    Mescolando tutti i fattori, ripeto, non mi stupirei che già fossimo arrivati, ora, alle temperature dell'optimum (o comunque da quell parti) e che ciò che ci manchi sia solo qualche decennio. Il tutto, come dicevo all'inizio, con un panorama che è fatto di 6 miliardi di persone e di vaste zone del pianeta deforestate e convertite a uso agricolo.
    Se per ora intendi questo ultimo anno in varie parti d'Europa, direi che abbiamo anche superato quello medievale.
    Probabilmente siamo ai limiti massimi olocenici.
    Bisogna vedere, come tu dici, quanto resterà cosi o come muterà..anche in periodi più caldi ci saranno state fluttuazioni da un anno all'altro attorno ad una media.
    Ci accorgeremo presto se abbiamo varcato il Rubicone...


    ciao

  3. #3
    Burrasca L'avatar di steph
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da simone3500 Visualizza Messaggio
    Se per ora intendi questo ultimo anno in varie parti d'Europa, direi che abbiamo anche superato quello medievale.
    Probabilmente siamo ai limiti massimi olocenici.
    Bisogna vedere, come tu dici, quanto resterà cosi o come muterà..anche in periodi più caldi ci saranno state fluttuazioni da un anno all'altro attorno ad una media.
    Ci accorgeremo presto se abbiamo varcato il Rubicone...


    ciao
    Da PFISTER e LUTERBACHER,

    Variazioni CLIMATICHE IN europa DOPO L'ALTO medioevo: NUOVI APPROCCI E RISULTATI



    "quanto FU CALDO IL periodo caldo medievale (PCM)?

    Il termine PCM designa un intervallo (dal 900 d.C. al 1300) di temperature elevate identificato per la prima volta nel nord Europa. Per questa ragione il progetto principale della Intemational Geosphere-Biosphere Program (IGBP), noto con il nome di PAGES (Past Global Changes) identifica il PCM come periodo focale per ricostruzioni dettagliate di parametri climatici, per mezzo di comparazioni con i valori attuali. Una migliore comprensione dei regimi del clima che fu in un periodo caldo, può essere veramente vitale se vogliamo distinguere tra variabilità naturale e risultato delle influenze antropogeniche sul sistema climatico. In questo senso, i cambiamenti regionali e stagionali durante il PCM forniscono uno scenario climatico per il XX secolo senza perturbazioni antropogeniche. La maggior parte delle ricostruzioni climatiche del PCM si basano su indicatori indiretti, come gli anelli di accrescimento degli alberi, antiche morene glaciali, ecc. che sono però relativi al periodo caldo dell'anno. Pochi sforzi sono stati fatti, invece, nella ricostruzione delle temperature invernali. Con Jürg Luterbacher abbiamo tentato una ricostruzione, su un arco di tempo di 550 anni, delle temperature invernali del Primo e Alto Medioevo nell'Europa centro-occidentale, a partire da dati documentari indiretti che si riferiscono a processi in atto nell'ambiente naturale connessi all'andamento delle temperature (ghiaccio, neve e attività delle piante). In seguito mi sono dedicato al periodo 1100/1300. Al fine di risparmiare tempo non starò in questa sede a spiegare come sono state prodotte le stime della temperatura, per le quali rimando al nostro lavoro (Pfister et al., 1998).

    Innanzitutto si è potuto concludere che il PCM non è stato un periodo durante cui gli inverni erano omogeneamente caldi; piuttosto esso consiste in un'alternanza di periodi caldi e freddi come nella Piccola Età Glaciale (PEG). La lunghezza d'onda di queste fluttuazioni varia fra 20 e 40 anni, dato questo che si accorda con quello della circolazione termoalina sull'Oceano Atlantico Settentrionale (Stocker, 1995). Il clima invernale nel corso dei 240 anni tra 1090 e 1329 può essere diviso in tre periodi. Durante il primo, dal 1090 al 1179 le temperature medie invernali dell'aria, erano a livello dell'ultima fase della PEG (1700-1900). Nel secondo periodo (1180-1299) l'inverno medio era caldo come quello del periodo 1961-1990. Nella parte iniziale di questo periodo caldo (1180-1209) le temperature invernali erano perfino un po' più alte di quelle del periodo 1961-1990, ma sotto il livello degli anni '90. Nel periodo 1210-1299 esse erano vicine al periodo 1961-1990. Riassumendo: gli inverni dal 1180 al 1300 furono caldi come quelli del XX secolo. In questo senso, il clima invernale in questa fase del PCM era fondamentalmente diverso da quello della PEG. Il raro verificarsi di inverni rigidi nel periodo 1180-1300 sembra aver promosso la coltivazione di alberi subtropicali nella Valle del Po e perfino nella Valle del Rodano e in Germania, dove essi non sono più ricresciuti. Ciò è desumibile da varie evidenze. Il più autorevole testimone è St. Alberto Magno, noto come teologo, filosofo e naturalista. Nel trattato "De vegetalibus" descrive gli alberi noti nella Valle del Reno. Nella lista include melograni e fichi "che sono abbondanti a Colonia e in alcune parti della Valle del Reno vicino alla città. Gli alberi di fico fruttificavano tre volte l'anno, eccetto che negli autunni freddi. St. Alberto descrive anche la coltivazione dell'ulivo. Un cronista di Colonia riporta il congelamento di "viti, fichi e ulivi in Italia, Francia e Germania" per effetto dei forti ghiacci. Un altro cronista menziona un'estesa moria di fichi e ulivi attorno alla città di Parma nello stesso anno.
    I modelli di temperatura invernale derivati dallo spostamento verso nord delle piante mediterranee si accordano, di conseguenza, con quelli derivati da evidenze documentarie., indicanti un regime climatico dove i freddi estremi erano meno frequenti e meno pronunciati. Attorno al 1300, si realizzò un improvviso passaggio da inverni caldi a inverni freddi. Dal 1300 al 1329 gli inverni furono di circa 1°C più freddi di quelli del periodo 1961-1990. Tale raffreddamento degli inverni, segna la transizione tra PCM e PEG nel centro Europa."




    PFISTER, Christian; LUTERBACHER, Jürg; SCHWARZ-ZANETTI, Gabriela; WEGMANN, Milène: Winter air temperature variations in Central Europe during the Early and Highe Middle Ages (A.D. 750–1300). in: The Holocene 8/1: 547–564.
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  4. #4
    Burrasca L'avatar di steph
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Poi, certo, non bisogna cadere nel determinismo climatico tout court, che è sempre sinonimo di riduzionismo.

    Come ci ricorda Le Roy Ladurie, ad es. il confine settentrionale della coltivazione dell'ulivo risale verso nord per tutta la durata della PEG, e in particolare durante i decenni particolarmente freddi tra il 1550 e il 1600.

    Questo apparente paradosso sarebbe dovuto agli sforzi degli ulivicoltori, nel tentativo di estendere le loro piantagioni verso nord per soddisfare le richieste del mercato (una sorta di globalizzazione ante litteram!).

    Ergo: diffiderei di teorie che cercano di dare una spiegazione climatica ad ogni sorta di attività umana (crisi o sviluppo che implichi).
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  5. #5
    Enrico_3bmeteo
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da steph Visualizza Messaggio
    Da PFISTER e LUTERBACHER,

    Variazioni CLIMATICHE IN europa DOPO L'ALTO medioevo: NUOVI APPROCCI E RISULTATI



    "quanto FU CALDO IL periodo caldo medievale (PCM)?

    Il termine PCM designa un intervallo (dal 900 d.C. al 1300) di temperature elevate identificato per la prima volta nel nord Europa. Per questa ragione il progetto principale della Intemational Geosphere-Biosphere Program (IGBP), noto con il nome di PAGES (Past Global Changes) identifica il PCM come periodo focale per ricostruzioni dettagliate di parametri climatici, per mezzo di comparazioni con i valori attuali. Una migliore comprensione dei regimi del clima che fu in un periodo caldo, può essere veramente vitale se vogliamo distinguere tra variabilità naturale e risultato delle influenze antropogeniche sul sistema climatico. In questo senso, i cambiamenti regionali e stagionali durante il PCM forniscono uno scenario climatico per il XX secolo senza perturbazioni antropogeniche. La maggior parte delle ricostruzioni climatiche del PCM si basano su indicatori indiretti, come gli anelli di accrescimento degli alberi, antiche morene glaciali, ecc. che sono però relativi al periodo caldo dell'anno. Pochi sforzi sono stati fatti, invece, nella ricostruzione delle temperature invernali. Con Jürg Luterbacher abbiamo tentato una ricostruzione, su un arco di tempo di 550 anni, delle temperature invernali del Primo e Alto Medioevo nell'Europa centro-occidentale, a partire da dati documentari indiretti che si riferiscono a processi in atto nell'ambiente naturale connessi all'andamento delle temperature (ghiaccio, neve e attività delle piante). In seguito mi sono dedicato al periodo 1100/1300. Al fine di risparmiare tempo non starò in questa sede a spiegare come sono state prodotte le stime della temperatura, per le quali rimando al nostro lavoro (Pfister et al., 1998).

    Innanzitutto si è potuto concludere che il PCM non è stato un periodo durante cui gli inverni erano omogeneamente caldi; piuttosto esso consiste in un'alternanza di periodi caldi e freddi come nella Piccola Età Glaciale (PEG). La lunghezza d'onda di queste fluttuazioni varia fra 20 e 40 anni, dato questo che si accorda con quello della circolazione termoalina sull'Oceano Atlantico Settentrionale (Stocker, 1995). Il clima invernale nel corso dei 240 anni tra 1090 e 1329 può essere diviso in tre periodi. Durante il primo, dal 1090 al 1179 le temperature medie invernali dell'aria, erano a livello dell'ultima fase della PEG (1700-1900). Nel secondo periodo (1180-1299) l'inverno medio era caldo come quello del periodo 1961-1990. Nella parte iniziale di questo periodo caldo (1180-1209) le temperature invernali erano perfino un po' più alte di quelle del periodo 1961-1990, ma sotto il livello degli anni '90. Nel periodo 1210-1299 esse erano vicine al periodo 1961-1990. Riassumendo: gli inverni dal 1180 al 1300 furono caldi come quelli del XX secolo. In questo senso, il clima invernale in questa fase del PCM era fondamentalmente diverso da quello della PEG. Il raro verificarsi di inverni rigidi nel periodo 1180-1300 sembra aver promosso la coltivazione di alberi subtropicali nella Valle del Po e perfino nella Valle del Rodano e in Germania, dove essi non sono più ricresciuti. Ciò è desumibile da varie evidenze. Il più autorevole testimone è St. Alberto Magno, noto come teologo, filosofo e naturalista. Nel trattato "De vegetalibus" descrive gli alberi noti nella Valle del Reno. Nella lista include melograni e fichi "che sono abbondanti a Colonia e in alcune parti della Valle del Reno vicino alla città. Gli alberi di fico fruttificavano tre volte l'anno, eccetto che negli autunni freddi. St. Alberto descrive anche la coltivazione dell'ulivo. Un cronista di Colonia riporta il congelamento di "viti, fichi e ulivi in Italia, Francia e Germania" per effetto dei forti ghiacci. Un altro cronista menziona un'estesa moria di fichi e ulivi attorno alla città di Parma nello stesso anno.
    I modelli di temperatura invernale derivati dallo spostamento verso nord delle piante mediterranee si accordano, di conseguenza, con quelli derivati da evidenze documentarie., indicanti un regime climatico dove i freddi estremi erano meno frequenti e meno pronunciati. Attorno al 1300, si realizzò un improvviso passaggio da inverni caldi a inverni freddi. Dal 1300 al 1329 gli inverni furono di circa 1°C più freddi di quelli del periodo 1961-1990. Tale raffreddamento degli inverni, segna la transizione tra PCM e PEG nel centro Europa."

    PFISTER, Christian; LUTERBACHER, Jürg; SCHWARZ-ZANETTI, Gabriela; WEGMANN, Milène: Winter air temperature variations in Central Europe during the Early and Highe Middle Ages (A.D. 750–1300). in: The Holocene 8/1: 547–564.
    Alla fine, se sovrapponi le pestilenze europee ai cicli climatici mi sa tanto che fai bingo..

  6. #6
    Burrasca L'avatar di steph
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da steph Visualizza Messaggio
    Da PFISTER e LUTERBACHER,

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    "quanto FU CALDO IL periodo caldo medievale (PCM)?

    Il termine PCM designa un intervallo (dal 900 d.C. al 1300) di temperature elevate identificato per la prima volta nel nord Europa. Per questa ragione il progetto principale della Intemational Geosphere-Biosphere Program (IGBP), noto con il nome di PAGES (Past Global Changes) identifica il PCM come periodo focale per ricostruzioni dettagliate di parametri climatici, per mezzo di comparazioni con i valori attuali. Una migliore comprensione dei regimi del clima che fu in un periodo caldo, può essere veramente vitale se vogliamo distinguere tra variabilità naturale e risultato delle influenze antropogeniche sul sistema climatico. In questo senso, i cambiamenti regionali e stagionali durante il PCM forniscono uno scenario climatico per il XX secolo senza perturbazioni antropogeniche. La maggior parte delle ricostruzioni climatiche del PCM si basano su indicatori indiretti, come gli anelli di accrescimento degli alberi, antiche morene glaciali, ecc. che sono però relativi al periodo caldo dell'anno. Pochi sforzi sono stati fatti, invece, nella ricostruzione delle temperature invernali. Con Jürg Luterbacher abbiamo tentato una ricostruzione, su un arco di tempo di 550 anni, delle temperature invernali del Primo e Alto Medioevo nell'Europa centro-occidentale, a partire da dati documentari indiretti che si riferiscono a processi in atto nell'ambiente naturale connessi all'andamento delle temperature (ghiaccio, neve e attività delle piante). In seguito mi sono dedicato al periodo 1100/1300. Al fine di risparmiare tempo non starò in questa sede a spiegare come sono state prodotte le stime della temperatura, per le quali rimando al nostro lavoro (Pfister et al., 1998).

    Innanzitutto si è potuto concludere che il PCM non è stato un periodo durante cui gli inverni erano omogeneamente caldi; piuttosto esso consiste in un'alternanza di periodi caldi e freddi come nella Piccola Età Glaciale (PEG). La lunghezza d'onda di queste fluttuazioni varia fra 20 e 40 anni, dato questo che si accorda con quello della circolazione termoalina sull'Oceano Atlantico Settentrionale (Stocker, 1995). Il clima invernale nel corso dei 240 anni tra 1090 e 1329 può essere diviso in tre periodi. Durante il primo, dal 1090 al 1179 le temperature medie invernali dell'aria, erano a livello dell'ultima fase della PEG (1700-1900). Nel secondo periodo (1180-1299) l'inverno medio era caldo come quello del periodo 1961-1990. Nella parte iniziale di questo periodo caldo (1180-1209) le temperature invernali erano perfino un po' più alte di quelle del periodo 1961-1990, ma sotto il livello degli anni '90. Nel periodo 1210-1299 esse erano vicine al periodo 1961-1990. Riassumendo: gli inverni dal 1180 al 1300 furono caldi come quelli del XX secolo. In questo senso, il clima invernale in questa fase del PCM era fondamentalmente diverso da quello della PEG. Il raro verificarsi di inverni rigidi nel periodo 1180-1300 sembra aver promosso la coltivazione di alberi subtropicali nella Valle del Po e perfino nella Valle del Rodano e in Germania, dove essi non sono più ricresciuti. Ciò è desumibile da varie evidenze. Il più autorevole testimone è St. Alberto Magno, noto come teologo, filosofo e naturalista. Nel trattato "De vegetalibus" descrive gli alberi noti nella Valle del Reno. Nella lista include melograni e fichi "che sono abbondanti a Colonia e in alcune parti della Valle del Reno vicino alla città. Gli alberi di fico fruttificavano tre volte l'anno, eccetto che negli autunni freddi. St. Alberto descrive anche la coltivazione dell'ulivo. Un cronista di Colonia riporta il congelamento di "viti, fichi e ulivi in Italia, Francia e Germania" per effetto dei forti ghiacci. Un altro cronista menziona un'estesa moria di fichi e ulivi attorno alla città di Parma nello stesso anno.

    I modelli di temperatura invernale derivati dallo spostamento verso nord delle piante mediterranee si accordano, di conseguenza, con quelli derivati da evidenze documentarie., indicanti un regime climatico dove i freddi estremi erano meno frequenti e meno pronunciati. Attorno al 1300, si realizzò un improvviso passaggio da inverni caldi a inverni freddi. Dal 1300 al 1329 gli inverni furono di circa 1°C più freddi di quelli del periodo 1961-1990. Tale raffreddamento degli inverni, segna la transizione tra PCM e PEG nel centro Europa."







    PFISTER, Christian; LUTERBACHER, Jürg; SCHWARZ-ZANETTI, Gabriela; WEGMANN, Milène: Winter air temperature variations in Central Europe during the Early and Highe Middle Ages (A.D. 750–1300). in: The Holocene 8/1: 547–564.
    Citazione Originariamente Scritto da steph Visualizza Messaggio
    Poi, certo, non bisogna cadere nel determinismo climatico tout court, che è sempre sinonimo di riduzionismo.

    Come ci ricorda Le Roy Ladurie, ad es. il confine settentrionale della coltivazione dell'ulivo risale verso nord per tutta la durata della PEG, e in particolare durante i decenni particolarmente freddi tra il 1550 e il 1600.

    Questo apparente paradosso sarebbe dovuto agli sforzi degli ulivicoltori, nel tentativo di estendere le loro piantagioni verso nord per soddisfare le richieste del mercato (una sorta di globalizzazione ante litteram!).

    Ergo: diffiderei di teorie che cercano di dare una spiegazione climatica ad ogni sorta di attività umana (crisi o sviluppo che implichi).
    Quindi il lavoro di questi autori (Pfister, Luterbacher, Le Roy Ladurie...certo non degli sprovveduti!!!) confuterebbe pienamente certe leggende che girano da tempo sul forum in ordine a favoleggiati periodi caldi medievali estremi e prolungati tali per cui, ad es., i ghiacciai alpini nell'attuale comprensorio elvetico sarebbero stati inesistenti (misteriose raffigurazioni sull'alta valle del Rodano risalenti a circa un millennio fa, qualcuno ci ha giurato, lo avrebbero provato...?!?), permettendo il transito dei walser per buona parte dell'anno , oppure tali per cui la sola testimonianza di una diffusione a più elevate latitudini di una specie coltivata sarebbe un'ulteriore prova provata...










































    ...ah, dimenticavo: quel tale che giurava di prestar fede a queste considerazioni, nel frattempo, avrà accumulato già una trentina di nick......
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  7. #7
    Bava di vento L'avatar di ilbonardi
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da steph Visualizza Messaggio
    Quindi il lavoro di questi autori (Pfister, Luterbacher, Le Roy Ladurie...certo non degli sprovveduti!!!) confuterebbe pienamente certe leggende che girano da tempo sul forum in ordine a favoleggiati periodi caldi medievali estremi e prolungati tali per cui, ad es., i ghiacciai alpini nell'attuale comprensorio elvetico sarebbero stati inesistenti (misteriose raffigurazioni sull'alta valle del Rodano risalenti a circa un millennio fa, qualcuno ci ha giurato, lo avrebbero provato...?!?), permettendo il transito dei walser per buona parte dell'anno , oppure tali per cui la sola testimonianza di una diffusione a più elevate latitudini di una specie coltivata sarebbe un'ulteriore prova provata...

    ...ah, dimenticavo: quel tale che giurava di prestar fede a queste considerazioni, nel frattempo, avrà accumulato già una trentina di nick......

    Prima che sconvolgenti scoperte di raffigurazioni alto-medievali del bacino superiore del Ghiacciaio del Rodano senza ghiaccio con qualche walser a zonzo in maglietta e braghe corte mi costringano a farmi frate ne approfitterei per tentare di fissare qualche punto metodologico, e non.

    1) i transiti tra nord e sud delle Alpi, in corrispondenza di alcuni passaggi di elevato significato economico, erano già dal Medioevo (ma soprattutto dal Basso Medioevo) relativamente intensi. Gli stessi erano tra l'altro resi possibili dall'esistenza, a livello locale, di manodopera, pagata dalla/e comunità, con il compito di mantenere costantemente percorribili, anche d'inverno, le principali vie di comunicazione (nelle Alpi centrali i cosiddetti rotéri o rotteri ...; da rompere, la neve ovviamente). Era prassi e necessità, quindi, muoversi su neve o, del caso, su ghiaccio: estate e inverno. Ciò era valido per i walser come per ogni altro gruppo umano (i walser, ancorché mitizzati da una certa letteratura, non erano né dei né semidei ...) che, insediato nelle Alpi, avesse la necessità di spostarsi o spostare merci.
    L'esistenza o l'intensità dei transiti intralpini in una data area non costituisce di per sé prova storica di un certo status climatico o di un altro.

    2) la colonizzazione di alcune alte terre alpine da parte dei walser può aver trovato terreno fertile in un clima di certo più mite rispetto a quello della PEG (ma non di necessità più mite dell'attuale). Ma l'origine delle colonie walser, a nord come a sud delle Alpi, è da considerarsi come un fatto di natura squisitamente politico-economica : nella maggioranza dei casi, il frutto di una "chiamata" signorile testimoniata da atti scritti (che anche in questo caso, peraltro, non fu prerogativa dei soli walser, seppure va dato loro atto di aver costituito sistemi che oggi definiremmo "sostenibili" in contesti ambientali decisamente difficili).

    3) non sono note allo stato attuale fonti documentarie o iconografiche di alcun tipo direttamente inerenti i ghiacciai alpini durante il PCM.

    4) le ricostruzioni di Christian Pfister sul PCM in area centroeuropea e alpina sono a oggi tra le più precise e attendibili. Derivano dalla maggior banca dati documentaria tematica (sia per il PCM sia per la PEG) esistente al mondo (la sua …).

    5) le considerazioni di Le Roy Ladurie sono un esempio paradigmatico di metodo storico e altresì scientifico: all’equazione deterministica “risalita latitudinale di una coltivazione = riscaldamento climatico” si sostituisce quella, opposta e apparentemente assurda, “risalita latitudinale di una coltivazione = raffreddamento climatico” in virtù della presa in esame dei fattori umani (qui di tipo economico, ma in altri casi di carattere culturale, sociale o psicologico) che hanno interagito, sovrapponendovisi, con quelli ambientali. Qualcosa di analogo potrebbe essersi verificato in Valtellina con l’espansione altitudinale del vigneto durante la PEG. In un conteso antropico, difficilmente (se non in situazioni estreme) i mutamenti climatici danno vita a nuove forme di organizzazione del territorio senza che l’uomo ne sia parte attiva, con risultati finali che, di conseguenza, possono mascherare la natura del cambiamento climatico. Come insegnava lo stesso Le Roy Ladurie quarant’anni fa, la storia del clima la si fa con materiali climatici e non con gli effetti, presunti, di presunte variazioni climatiche.

    "Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente"
    ZDENEK ZEMAN

  8. #8
    Burrasca L'avatar di Aliseo
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    Per antropocentrismo darwiniano, se mi si fa passare questa terminologia, intendo il senso di protagonismo sfacciato che ha assunto l'uomo in qualità di miglior bestia adattata all'ambiente. Questo è sbagliatissimo ai fini della salubrità del nostro pianeta ed anche ai fini di un rispetto delle parti (Dio-uomo come sua creatura).
    "....[I]E vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della Potenza, venire con le nubi del cielo[/I]."
    [B]Gesù Cristo[/B] (Marco 14,62)

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  9. #9
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da thunderstorms
    L'uomo non può far nulla se si tratta di una reazione e se l'equilibrio è destinato ad escluderlo.
    Se sei lungo una discesa con un'auto, e stai portandoti, accelerando per giunta, verso il nuovo equilibrio = "spiaccicamento contro un muro", se usi i freni e rallenti cosa accade? E se ti fermi del tutto?
    I modelli fanno e disfanno. I santoni del web cianciano.

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  10. #10
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    Predefinito Re: Adesso ditemi secondo voi...

    Citazione Originariamente Scritto da ilbonardi Visualizza Messaggio
    Prima che sconvolgenti scoperte di raffigurazioni alto-medievali del bacino superiore del Ghiacciaio del Rodano senza ghiaccio con qualche walser a zonzo in maglietta e braghe corte mi costringano a farmi frate ne approfitterei per tentare di fissare qualche punto metodologico, e non.

    1) i transiti tra nord e sud delle Alpi, in corrispondenza di alcuni passaggi di elevato significato economico, erano già dal Medioevo (ma soprattutto dal Basso Medioevo) relativamente intensi. Gli stessi erano tra l'altro resi possibili dall'esistenza, a livello locale, di manodopera, pagata dalla/e comunità, con il compito di mantenere costantemente percorribili, anche d'inverno, le principali vie di comunicazione (nelle Alpi centrali i cosiddetti rotéri o rotteri ...; da rompere, la neve ovviamente). Era prassi e necessità, quindi, muoversi su neve o, del caso, su ghiaccio: estate e inverno. Ciò era valido per i walser come per ogni altro gruppo umano (i walser, ancorché mitizzati da una certa letteratura, non erano né dei né semidei ...) che, insediato nelle Alpi, avesse la necessità di spostarsi o spostare merci.
    L'esistenza o l'intensità dei transiti intralpini in una data area non costituisce di per sé prova storica di un certo status climatico o di un altro.

    2) la colonizzazione di alcune alte terre alpine da parte dei walser può aver trovato terreno fertile in un clima di certo più mite rispetto a quello della PEG (ma non di necessità più mite dell'attuale). Ma l'origine delle colonie walser, a nord come a sud delle Alpi, è da considerarsi come un fatto di natura squisitamente politico-economica : nella maggioranza dei casi, il frutto di una "chiamata" signorile testimoniata da atti scritti (che anche in questo caso, peraltro, non fu prerogativa dei soli walser, seppure va dato loro atto di aver costituito sistemi che oggi definiremmo "sostenibili" in contesti ambientali decisamente difficili).
    ................
    4) le ricostruzioni di Christian Pfister sul PCM in area centroeuropea e alpina sono a oggi tra le più precise e attendibili. Derivano dalla maggior banca dati documentaria tematica (sia per il PCM sia per la PEG) esistente al mondo (la sua …).

    5) le considerazioni di Le Roy Ladurie sono un esempio paradigmatico di metodo storico e altresì scientifico: all’equazione deterministica “risalita latitudinale di una coltivazione = riscaldamento climatico” si sostituisce quella, opposta e apparentemente assurda, “risalita latitudinale di una coltivazione = raffreddamento climatico” in virtù della presa in esame dei fattori umani (qui di tipo economico, ma in altri casi di carattere culturale, sociale o psicologico) che hanno interagito, sovrapponendovisi, con quelli ambientali. Qualcosa di analogo potrebbe essersi verificato in Valtellina con l’espansione altitudinale del vigneto durante la PEG. In un conteso antropico, difficilmente (se non in situazioni estreme) i mutamenti climatici danno vita a nuove forme di organizzazione del territorio senza che l’uomo ne sia parte attiva, con risultati finali che, di conseguenza, possono mascherare la natura del cambiamento climatico. Come insegnava lo stesso Le Roy Ladurie quarant’anni fa, la storia del clima la si fa con materiali climatici e non con gli effetti, presunti, di presunte variazioni climatiche.





    Citazione Originariamente Scritto da ilbonardi Visualizza Messaggio
    3) non sono note allo stato attuale fonti documentarie o iconografiche di alcun tipo direttamente inerenti i ghiacciai alpini durante il PCM.
    E quelle "famose" e impressionanti raffigurazioni presentate alla "famosa" mostra di Sion?

    Sempre quel tale, che nel frattempo avrà collezionato una quarantina di nick, pareva così sicuro di averle viste.

    Nel frattempo, prima che ti possa far frate e dopo le tue sacrosanti puntualizzazioni, continuiamo ad attendere di poter essere partecipi di una tale visione.

    Nella speranza che l'attesa non sia vana, ovviamente.




























    ...ma qualcosa mi dice che lo sarà.

    Ricordo la mostra che presentava fotografie raffiguranti il viaggio di Colombo...

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