domanda da un milione di euro.....qualcuno mi sa dire chi e' che vanta crediti verso l'italia?
no perche' e' inutile scrivere fiumi di paroloni roboanti sulla crisi,le cause i colpevoli ,su come ridurre sto benedetto debito se non si parte dal conoscere il problema e percio' trovare una risposta alla prima domanda che anche ad un bambino di 7 anni verrebbe in mente....quindi ogni cittadino dovrebbe capire verso chi la propria nazione e' debitrice...
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Ultima modifica di original pio; 20/11/2014 alle 22:44
Debito pubblico italiano, all'estero chi ci conta di più è in Francia e in Germania - Il Fatto Quotidiano
In gran parte in mano alle banche Italiane, tra cui su tutti Intesa e Unicredit (come ovvio considerata anche la loro dimensione). All'estero 29 miliardi di euro sono in Germania e 65 in Francia. Ma generalmente la dimensione di debito in mano estera e' minoritaria (non più del 30%) e in calo rispetto a 2/3 anni fa.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Ti ringrazio, e ci tengo a dire che il piacere è mio.
Spero di poter continuare così su questo forum, nell'ottica di un sano contraddittorio che funga da stimolo a tutte le discussioni.
Ho letto i commenti di tutti coloro che sono intervenuti e che mi hanno citato. Questa sera non riesco a rispondere ed a portare avanti il discorso ma, certamente, lo farò nei prossimi giorni. Ringrazio anche loro in quanto, da amante della critica (soprattutto se rispettosa dell'interlocutore e propositiva, come in questo caso), mi fa sempre piacere veder crescere l'interesse attorno ad un ragionamento.
Notte a tutti.
Il caso del Giappone e degli Stati Uniti non e' emblematico tanto del mantra della crescita ma della fallacia secondo cui il maggior benessere economico e sociale si può ottenere semplicemente affidando la proprietà della moneta, un bene che dovrebbe essere di proprietà dei privati individui e il cui valore dovrebbe essere determinato dal libero mercato, a un monopolio coercitivo detenuto dalla banca centrale (che non solo e' l'unico soggetto in grado di decidere i tassi e di stampare la moneta ma ha anche la garanzia della legge che quella moneta sia imposta all'intera nazione che la usa: ad esempio non posso acquistare prodotti in usa pagandoli in euro).
A livello internazionale inoltre la decisione arbitraria per cui il dollaro e' valuta di riferimento degli scambi ha conferito un vantaggio di base alle industrie americane e agli Stati Uniti in genere, i quali sapendo di avere la valuta di riferimento mondiale sono molto più votati a comportamenti di azzardo morale rispetto ad altri Paesi (ad esempio stampare di più moneta esternalizzando i costi della svalutazione del dollaro,in corso da tre decenni, sul resto del globo).
Questi due Paesi hanno perseguito la politica dei pasti gratis secondo la quale stampando più denaro si ottiene più benessere per tutti, abbassando i tassi dal 6 all'1% si può dare una casa a tutti e rilanciare l'economia dopo la bolla delle dot com e così via. E' stata mantenuta per anni e anni una cieca fede nella teoria dominante neo-keynesiana e monetarista secondo cui le crisi sono causate dall'assenza di domanda, ossia da carenza di consumi, e che per risolverle si debba spingere gli individui a consumare di più e risparmiare meno, tramite maggiore indebitamento pubblico e privato.
Durante questo processo in realtà non si fa altro che trasferire continuamente ricchezza dai settori produttivi dell'economia a quelli sovrastimati e meno produttivi; la manipolazione dei tassi e della quantità di moneta in altre parole produce una distorsione dei segnali che arrivano agli individui, orientandone gli investimenti in modo via via più inefficiente man mano che la stampa monetaria e la manipolazione dei tassi procede.
Finche i tassi rimangono mantenuti in basso si ha credito a buon mercato che maschera la situazione di inefficienza creatasi; a lungo andare pero la crescita di quei settori sovrastimati si trasmette ai beni di consumo provocando una risalita moderata dell'inflazione, che spinge le banche centrali a alzare i tassi. A quel punto crolla il castello di carte e le inefficienze tornano a galla, cosicché gli investimenti cattivi vengono liquidati e si ha una fase di crisi/deflazione.
Che e' appunto una fase sana, se accompagnata da una riallocazione delle risorse dettata dal mercato e dal fallimento degli investimenti più inefficienti per sostituirli con nuovi investimenti. Il problema e' che le banche centrali sanno bene che gli investimenti inefficienti (tra cui il welfare state che hai citato) hanno un costo anche sociale troppo alto per poter essere liquidati.
C'e poco da raccontarcela: oggi ci sono troppe persone che dipendono dalla spesa pubblica e da altre forme di sprechi o di malinvestment tali da far ridimensionare nettamente o fallire chi li ha effettuati, dunque si continuerà e si continua a mantenere in vita tali malinvestment tramite lo stesso fenomeno che ha generato il problema, cioè il monopolio coercitivo della banca centrale. Questo perché le alternative hanno un costo troppo elevato per chi e' vicino al centro di potere, e pertanto finche si può tali enti tireranno a campare.
Il motivo dei grafici che hai postato e' essenzialmente questo.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
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Dal 1987, quando è stato nominato Alan Greenspan presidente della FED x succedere a Volcker, mentre a livello politico l'ideologia liberale/liberista negli USA è stata progressivamente abbandonata dal 1989, quando Reagan ha lasciato la Casa Bianca (in maniera ancor più palese da quando c'è Obama).
Per il Giappone il discorso è diverso, la storia giapponese l'ho letta circa un anno fa su un bellissimo libro di Raghuram Rajan (Terremoti finanziari). L'economia giapponese ha goduto di un boom straordinario dopo la fine della seconda guerra mondiale, legato a: bassi salari, exploit demografico e orientamento fortemente all'export della politica industriale; il che si è tradotto in restrizioni alla concorrenza nei mercati interni tramite innalzamento del tetto minimo di prezzi e barriere legali all'entrata. Meno offerta nei mercati interni = minore domanda interna...Say anche stavolta non fa una piega.Il tutto venne fatto al fine di far concentrare le imprese sui mercati esteri e sull'export senza preoccuparsi della concorrenza nei mercati interni ma solo di quella estera.
L'approccio di questa politica fu sensazionale nella fase iniziale, infatti proprio grazie al binomio bassi salari + ridotta concorrenza interna le aziende giapponesi divennero molto efficienti nell'export e trainarono una crescita economica a ritmi del 5-6-7% l'anno quando andava male e fino al 10 quando andava bene x circa 30 anni. Il problema è che con la crescita economica e industriale i salari sono saliti e, quando negli anni '80 sono emersi nuovi attori sul mercato globale che operavano a salari più bassi e maggior produttività (ad es. la Cina), il fatto di avere un'offerta insufficiente nel mercato interno è diventato un problema (a cui bisognava pensare assai prima): la crescita era trainata solo dall'export, ma ora che il vantaggio competitivo verso l'estero si era esaurito occorreva un processo di riallocazione delle risorse sul mercato interno, che avrebbe richiesto un po' di tempo, una crisi economica e la liquidazione delle attività estere ormai inefficienti.
Tutto ciò però era considerato dalla politica un costo troppo alto, per cui si è preferito rinviare il più possibile in avanti questo processo esternalizzando il costo del rinvio sull'intera popolazione. E' a partire da lì, dalla prima metà degli anni '80 che inizia il carosello delle svalutazioni giapponesi e dei conseguenti cicli di boom and bust volti a sostenere un intero settore ormai sopravvalutato. Seguono le varie crisi cicliche dell'economia giapponese, tutte con lo stesso denominatore comune: svalutazione e abbassamento artificiale dei tassi fine anni '80 => crisi del 1991-1993 con tracollo dei mercati immobiliari e azionari; svalutazione nuova dello yen 1993-1994 => crisi del 1997-1999; svalutazione ulteriore dal 2001 in avanti => crisi del 2008-2011; svalutazione ulteriore nel 2011-12-13 => crisi del 2014.![]()
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
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