
Originariamente Scritto da
John
Ogni promesso è debito:ecco a voi l'agenda Bagnai,tratta dal web.
Domani vi dirò cosa ne penso(intanto potete dirmi la vostra):
"quattro linee guida:
1) Uscire dall’euro, come affermazione di sovranità e di democrazia, riprendendo il controllo della politica valutaria.
2) Ristabilire il principio che la Banca centrale è uno strumento del potere esecutivo, e non un potere indipendente all’interno dello Stato.
3) Riprendere il pieno controllo della politica fiscale, non più costretta ad agire in funzione prociclica (cioè a rispondere alle crisi con tagli).
4) Adottare, nella misura consentita dagli atteggiamenti dei partner commerciali, e propugnare nelle sedi istituzionali, una politica di scambi con l’estero basata sul principio che squilibri persistenti della bilancia dei pagamenti, quale ne sia il segno, cioè siano essi surplus o deficit, devono essere simmetricamente combattuti, secondo il principio che abbiamo definito dell’External Compact.
Queste quattro linee guida hanno una serie d’implicazioni. Precisiamo subito le più importanti.
Riprendere il controllo della politica valutaria significa, in primo luogo, lasciare che il tasso di cambio nominale torni a un valore più allineato con i fondamentali dell’economia. Per l’Italia, oggi, ciò implica una svalutazione non catastrofica, di un ordine di grandezza verosimilmente inferiore a quello sperimentato dalla lira dopo la crisi del 1992, o dall’euro nei primi due anni della sua introduzione. In nessuno di questi due precedenti storici l’Italia è stata devastata dall’iperinflazione. Discuteremo fra breve, razionalmente, quale sarebbe l’impatto di questo provvedimento sul nostro tenore di vita. Ma riprendere il controllo della politica valutaria significa anche rientrare in possesso di uno strumento che consenta di difendersi da shock esterni, siano essi determinati da crisi economiche, siano essi il risultato di politiche deliberate di aggressione commerciale (nelle pagine precedenti abbiamo visto esempi dell’uno e dell’altro caso).
Riprendere il controllo della politica monetaria significa:
1) Rifiutare il dogma dell’indipendenza della Banca centrale, e quindi l’art. 104 del Trattato di Maastricht, il quale al primo comma recita:È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle Banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate “Banche centrali nazionali”), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle Banche centrali nazionali.
Se ciò comporti un’uscita dall’Unione, o solo una sospensione dell’applicazione del Trattato, è materia controversa, la cui soluzione dipende comunque dall’atteggiamento delle controparti europee (ne parleremo più avanti). Certo, alla luce di quanto abbiamo detto finora, l’Italia, se intende difendere i valori fondanti della propria Costituzione, non può più permettersi di aderire a un progetto d’integrazione continentale fondato sul principio antidemocratico della costituzione di un “quarto potere” monetario indipendente. L’insofferenza crescente nelle sedi internazionali verso questo principio e verso l’ideologia ad esso sottostante potrebbero consigliare atteggiamenti interlocutori alle controparti europee.
2) Rivedere la riforma bancaria del 1994, ripensando il concetto di banca “universale” o “mista”, di derivazione tedesca, da essa introdotto, e ristabilendo la separazione delle funzioni fra banca commerciale e banca d’affari, sancita in Italia dalla legge bancaria del 1936. Quest’ultima si ispirava al Glass-Steagall Act del 1933, che aveva riformato il sistema bancario statunitense smantellando i meccanismi che avevano fomentato la speculazione borsistica prima della crisi del 1929. Oggi numerosi commentatori (ad esempio, Stiglitz, 2012) attribuiscono all’abrogazione del Glass-Stegall Act una responsabilità diretta nella crisi finanziaria statunitense, e nei paesi anglosassoni è animato il dibattito sul cosiddetto ring fencing (separazione delle funzioni)[1].
3) Reintrodurre il “vincolo di portafoglio”, cioè l’obbligo per le banche di acquistare titoli di Stato fino a una certa quota del proprio attivo. Questa norma, introdotta nel 1973, aveva lo scopo di contenere il costo del debito pubblico, favorendone il collocamento. Essa venne abrogata nel 1983, “anche grazie all’incessante pressione di Mario Monti” (Zingales, 2012). Andreatta (1991) ricorda che il progetto complessivo di “divorzio” prevedeva la “costituzione di un consorzio di collocamento tra banche commerciali”, ma che “i tempi non erano maturi per affrontare questi aspetti e la Banca d’Italia preferì procedere solo sul nuovo regolamento della sua presenza nelle aste”. Prevalse insomma la “linea Monti”, che, come sempre, aveva motivazioni ideali “alte” (favorire l’efficienza allocativa del mercato), e conseguenze politiche più spicciole (orientare il conflitto distributivo). Vedremo che la reintroduzione di un simile vincolo viene data per scontata da tutte le proposte più sensate di smantellamento dell’euro, sia che provengano da economisti di sinistra come Sapir (2011b), sia da economisti espressione della comunità finanziaria come Bootle (2012).
Riprendere il controllo della politica fiscale significa evidentemente ripudiare gli obiettivi di pareggio di bilancio e di rientro coattivo del debito verso soglie prive di particolare valore economico, come quelle stabilite dal Fiscal Compact. Ciò posto, la politica fiscale dovrebbe:
1) Nel breve periodo, stimolare l’economia attraverso una politica di piccole opere volte:
a. alla riqualificazione del patrimonio pubblico (edilizia scolastica, patrimonio artistico e archeologico, ecc.);
b. alla messa in sicurezza del territorio (viabilità locale, monitoraggio e gestione del rischio idrogeologico, ecc.);
c. all’integrazione e riqualificazione degli organici della pubblica amministrazione, stabilizzando le posizioni precarie, normalizzando i percorsi di carriera e le procedure di reclutamento.Queste misure devono avere come obiettivo complementare quello di rilanciare l’occupazione, riportando rapidamente il tasso di disoccupazione sotto al 6%, e riattivando il tessuto economico del paese, tramite la valorizzazione del tessuto delle piccole e medie imprese.
2) Nel medio-lungo periodo, finanziare e gestire misure che favoriscano la crescita sostenibile e la competitività del paese, da orientare secondo i seguenti assi prioritari:
a. Definire le linee di un piano energetico nazionale che affronti il tema del contenimento degli sprechi e dell’incentivazione delle energie rinnovabili, adeguando il paese alle best practices europee, con l’obiettivo minimo di rispettare l’obiettivo definito dalla strategia europea 20-20-20 (Parlamento Europeo, 2008), rispetto alla quale l’Italia si trova in ritardo (Deutsche Bank, 2012), e l’obiettivo strategico di ridurre la dipendenza da fonti fossili, che vincola la crescita del paese.
b. Adeguare, anche in questa ottica, gli investimenti in istruzione e ricerca al livello dei partner europei, portando la spesa in ricerca e sviluppo dall’1% al 2% del Pil, riaffermando il ruolo chiave dello Stato nell’incentivazione e nella tutela della ricerca fondamentale.
c. Recuperare il digital divide (ritardo nell’uso delle tecnologie digitali) che separa l’Italia dagli altri paesi industrializzati e ne penalizza la crescita, adeguando il paese ai requisiti dell’Agenda Digitale Europea (Unione Europea, 2012c; Messora, 2011).
d. Adeguare la dotazione infrastrutturale del paese, con particolare riguardo alle reti di trasporto locale.
e. Promuovere una riforma strutturale della Pubblica Amministrazione volta all’abbattimento dei costi della politica e della corruzione, incidendo in particolare sulla disciplina delle società a partecipazione pubblica (disciplina delle nomine, ripristino dei controlli di legittimità sugli atti, ecc.), e su quella delle autonomie locali attuata con la riforma del Titolo V della Costituzione"
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