intanto articolo di ieri su Repubblica riguardo le mosse che ha in mente l'amministrazione USA per "stimolare" la crescita
sono preoccupati per l'inflazione bassa che sfocerebbe nella deflazione e vorrebbero che aumentasse (la Yellen sarebbe favorevole)
questo comporterebbe una facilitazione nel ripagare i debiti, una rivalutazione dell'Euro nei confronti del Dollaro e con una serie di conseguenze a cascata...
Prossima missione per la banca centrale: fabbricare inflazione. Alimentare l'aumento dei prezzi è forse l'ultima speranza per dare più vigore alla crescita? Sì, se è un modo per imprimere una spinta ai salari, ai consumi, e offrire un aiuto a chi deve ripagare i debiti. Da Ben Bernanke a Janet Yellen i timonieri della politica monetaria Usa sembrano convinti che l'attuale aumento dei prezzi (1,2% annuo, quasi un minimo storico) è malsano, pericoloso. Ma se passa la linea "pro-inflazione" qui negli Stati Uniti, accentua una divaricazione con l'Europa, rafforzando ulteriormente l'euro e penalizzando ancora le esportazioni dal Vecchio continente. Si apre una settimana di riunioni alla Federal Reserve, la prima dopo la fine dell'allarme default. La banca centrale più potente del mondo si appresta all'avvicendamento al vertice, negli ultimi due mesi dell'anno si chiude l'èra Bernanke e la guida della Fed passerà per la prima volta nelle mani di una donna, la Yellen (dopo che la sua nomina da parte di Barack Obama sarà confermata al Senato). Il New York Times anticipa il tema che sarà al centro dell'attenzione: l'inflazione troppo debole.
"Dentro e fuori la Fed c'è una crescente preoccupazione perché l'inflazione non è abbastanza forte". I vertici della Fed hanno espresso questo timore in modo esplicito. Bernanke: "Una bassa inflazione non fa bene all'economia, il rischio è la deflazione, che conduce verso la stagnazione". Un altro autorevole dirigente della banca centrale, Charles Evans che presiede la Federal Reserve di Chicago: "Un'inflazione che resta al di sotto del nostro obiettivo (2%), è costosa. Ripagare i propri debiti diventa più oneroso, e questo frena tutta l'attività economica". La Yellen si situa con le "colombe" monetarie, che vogliono un'azione più energica per rilanciare la crescita. E quest'azione, oggi, passa probabilmente attraverso ricette inedite, volte proprio a fabbricare inflazione.
E' una rivoluzione copernicana rispetto a decenni di rigore monetario, in cui le banche centrali si concentravano sull'obiettivo opposto: rallentare l'aumento dei prezzi.
Nostalgico di quell'epoca è rimasto Alan Greenspan, predecessore di Bernanke, che nel suo ultimo libro si scaglia contro l'eresìa attuale: "E' uno spettacolo senza precedenti,
vedere i banchieri centrali degli Stati Uniti in cerca di un rilancio dell'inflazione". Greenspan fa parte di una generazione segnata dallo shock degli anni Settanta, il carovita che aumentava a due cifre percentuali.
Oggi Bernanke e la Yellen sono convinti che il pericolo sia quello opposto: la sindrome euro-nipponica, cioè un periodo deflazionistico che impedisce una ripresa durevole. I colossi della grande distribuzione, da Wal-Mart a Costco, confermano come i prezzi troppo stabili coincidono con la stanchezza dei consumi.
Ma come fare per alimentare l'inflazione? Sul fronte salariale, l'indebolimento dei sindacati è un trend di lungo periodo che ha ridotto la capacità negoziale dei lavoratori dipendenti. La Fed non può intervenire su dati strutturali come questo. Sembra probabile però che sotto la Yellen venga prolungato l'esperimento del "quantitative easing", l'acquisto di bond che serve a pompare liquidità nell'economia. Più moneta, a lungo andare dovrebbe essere un carburante per il rialzo dei prezzi.
Un effetto collaterale è quello di indebolire il dollaro. Effetto benefico perché rende più competitivo l'export "made in America" e rafforza una re-industrializzazione degli Stati Uniti. A farne le spese è l'eurozona, in particolare la sua periferia debole. Il Wall Street Journal lancia l'allarma sulle conseguenze per gli europei di una moneta troppo forte, che ha raggiunto quota 1,40 sul dollaro. "L'attività economica nell'eurozona ha rallentato a ottobre - scrive il quotidiano economico - e tra i venti contrari c'è il rapido rafforzamento nel valore dell'euro che minaccia le esportazioni". Il Wall Street Journal rileva che questo complica gli sforzi della Bce.
Proprio come la sua consorella americana, anche la Bce di Mario Draghi dovrebbe cercare di generare inflazione, nella misura in cui questo significhi aumento dei salari e quindi dei consumi, nonché riduzione dell'onere dei debiti in termini reali. "L'euro è troppo tedesco", è la battuta del ministro francese dell'Industria, Arnaud Montebourg.
La Germania, per il tipo di produzione ad alta tecnologia, non deve la sua competitività ai bassi prezzi e quindi può reggere l'urto della moneta forte, che invece penalizza Italia e Francia.
you don't need the Weatherman to know where the wind blows - bob dylan
il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile - woody allen
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Il problema non sta tanto nella mancanza di inflazione, ma nel fatto che invece esiste una forte inflazione, la quale viene tutta scaricata sui mercati finanziari. Ci si ostina a non capirlo e questo purtroppo rischierà di causare altre bolle, una storia che si ripete ormai da tanto tempo.
Mi spiego meglio: dal 2001 a oggi la Federal Reserve (a parte nel biennio 2005-2006), non ha fatto altro che aumentare l'offerta di moneta nel sistema per superare le crisi prima della new economy (tassi di interesse ribassati dal 7 all'1% nel giro di pochi mesi), poi dei mutui sub-prime. Queste manovre già all'inizio degli anni '00 avrebbero dovuto portare un aumento dell'inflazione, che invece di fatto non si è verificato. Perchè?
Perchè la liquidità immessa, in eccesso rispetto alle dimensioni dell'economia reale (sulla quale si è intervenuti poco e male), è stata quasi interamente parcheggiata nei mercati finanziari, mentre ben poco è andato a finire all'economia reale. Di conseguenza la domanda di beni e servizi è rimasta stagnante o è aumentata poco, mentre quella relativa ai mercati mobiliari e immobiliari è schizzata in alto stimolata in parte dai bassi tassi di interesse, in parte dalla maggiore redditività in minor tempo che possono portare gli investimenti su tale mercato rispetto a quello dei beni e servizi. Questo ha causato il boom della bolla immobiliare, che poi è esplosa nel 2007, a seguito del rialzo dei tassi di interesse da parte della FED.
Ora, dopo la crisi dei mutui sub-prime la FED ha di nuovo immesso vagonate di liquidità ad un sistema che ne era già gonfio, parte di quella liquidità è stata usata in particolar modo per pulire i bilanci delle banche (ripieni di titoli tossici), mentre l'economia reale calava (2009). A quel punto, stante la crisi economica la FED ha continuato a mantenere bassi i tassi di interesse anche dopo che le banche si erano "ripulite" i bilanci.
E di nuovo si è presentato e si sta presentando lo stesso problema di prima. Economia reale che risponde sempre meno bene, economia finanziaria che vola.
Per dire: questo è l'indice Dow Jones: passato da 6700 p.b. del Marzo 2009 ai 15680 ca. attuali. Praticamente una crescita del 250% contro una crescita del PIL pari (sommando gli anni tra 2009 e 2013) al 6-7% si e no.
http://it.money.msn.com/investor/charts/chartdl.aspx?symbol=$US:INDU#{"zRange":"8","startDate":"2008-10-3
djia1900s.png
Sono ormai anni e anni che la FED cerca di fare una politica inflazionistica ed espansiva, ma vedendo che l'economia reale risponde poco (dato che l'inflazione non cresce a sufficienza e la disoccupazione, seppur in calo, non è ancora tornata ai livelli pre-crisi) pensano che il problema stia nel fatto che si sia insistito troppo poco e quindi continuano a espandere l'offerta di moneta. Di conseguenza si crea altra liquidità in eccesso che viene nuovamente parcheggiata nei mercati mobiliari (o im-) aumentando sempre più il distacco dall'economia reale e rischiando solo di creare rovinose bolle.
Non è stampando moneta a nastro che si fa ripartire l'economia reale, ma mantenendo una moneta stabile e al contempo rilanciando l'offerta di beni e servizi (e la domanda).
Ultima modifica di Friedrich 91; 30/10/2013 alle 11:00
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
Diciamo che non dovrebbe essere l'unico mezzo, ma almeno in questi ultimi anni non si puo' dire certo che anche la politica espansiva della Fed, oltre ovviamente ad aver fatto ripartire i mercati azionari in modo esplosivo, non abbia comunque avuto il merito di una crescita economica americana che, tolta la Cina e qualche altro stato/staterello, e' stata ben positiva e tra le maggiori dei principali paesi mondiali, dopo il tracollo del 2009:
pil-usa-1agosto2013.jpeg
Riguardo poi l'inflazione americana, vero che e' bassa ma non e' a 0 tantomeno si e' (ora) in deflazione, visto che il CPI ad agosto era di circa +1.52%.
Peraltro non comprendo appieno questo tuo passaggio:
ma nel fatto che invece esiste una forte inflazione, la quale viene tutta scaricata sui mercati finanziari.
Inflazione (CPI) non e' certo forte (anzi...), quindi che cosa realmente verrebbe "scaricato" (intendi "assorbito" con tale termine ?) sul mercato, appunto ?
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Sicuramente quello che dici è vero (ma anche la crescita dell'era Bush II non era stata poi così male in fondo per quanto fittizia...), ma resta il fatto che comunque tale crescita rimane spropositatamente ben più bassa di quella dell'azionario USA. Parliamo di una crescita del Dow Jones del 250% in 4 anni contro una crescita del PIL pari a +8% circa dal 2009 a oggi. C'è insomma una discrepanza netta tra il settore finanziario e quello non, che è il sintomo di come l'economia sia piena di liquidità, la quale finisce però per un buon 90% sull'azionario e su prodotti finanziari.
E' il discorso di cui parlavamo nell'altro thread con Lorenzo.
Se la moneta in circolazione è superiore a quella necessaria all'economia reale (si ha quindi liquidità in eccesso), si possono avere due tipi di situazioni: 1 la liquidità in eccesso viene comunque veicolata all'interno dell'economia reale tramite un aumento dei prezzi (e dunque inflazione) ; 2 la liquidità in più offerta dalla banca centrale viene veicolata su investimenti nel mercato mobiliare o immobiliare, i quali non facendo parte dell'economia reale non comportano alcun aumento dell'inflazione in senso stretto.
Questo perchè la liquidità offerta in più rimane comunque nei mercati finanziari e viene investita in titoli, azioni, ecc...si ha quindi non una vera e propria inflazione, perchè l'inflazione riguarda i beni e servizi in circolazione nell'economia reale, bensì una sopravvalutazione di determinati prodotti finanziari (es. la new economy, le bolle immobiliari del Giappone a inizio anni '90 e quella dei sub-prime) rispetto al loro valore reale, sopravvalutazione che appunto non è una vera e propria inflazione stretto senso ma che di fatto ne è lo stesso significato, e può portare a bolle mobiliari e immobiliari.![]()
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Federico, mi sono letto il tuo (molto condivisibile) intervento
vorrei focalizzare l'attenzione su 2 punti che hai scritto:
successivamente hai scritto circa 8%. Ma di questi tempi c'è da festeggiare per aumenti di PIL di questo livello e come ha scritto anche Fabio (Zione). Noi stiamo, ogni volta, a fare le correzioni al ribasso, ma il resto d'Europa non è che faccia favillePraticamente una crescita del 250% contro una crescita del PIL pari (sommando gli anni tra 2009 e 2013) al 6-7% si e no.
non solo: secondo te quanto avrebbe dovuto essere ragionevole l'aumento "dell'economia della finanza" a fronte del PIL?
poi:
sicuro che si stia parcheggiando di nuovo nel mercato immobiliare?Di conseguenza si crea altra liquidità in eccesso che viene nuovamente parcheggiata nei mercati mobiliari (o im-) aumentando sempre più il distacco dall'economia reale e rischiando solo di creare rovinose bolle.
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se non si rimettono in circolo i soldi l'italia è condannata.
Onore a tutti i fratelli caduti nella lotta contro il potere e l'oppressione.
"nel fango affonda lo stivale dei maiali..."
queste sono notizie che vorrei sentire più spesso, altro che togliere l'IMU
zone del centro storico (ad esempio nei dintorni di Piazza Navona), vi sono ancora appartamenti accatastati come ultra-popolariROMA, 31 ottobre (Reuters) - L'Agenzia delle entrate ha alzato la rendita catastale di 175.000 immobili in numerose zone di pregio a Roma, facendo emergere un imponibile superiore a 123 milioni di euro.
Nel mirino del fisco sono finiti 224.000 immobili situati in 17 zone anomale, dove cioè il rapporto fra il valore medio di mercato e quello medio catastale è maggiore o minore almeno del 35% rispetto all'analogo rapporto riferito all'insieme delle microzone comunali.
I quartieri sono:Centro Storico, Aventino, Trastevere, Borgo, Prati, Flaminio 1, XX Settembre, Monti, San Saba, Testaccio, Gianicolo, Delle Vittorie-Trionfale, Flaminio 2, Parioli, Salario Trieste, Esquilino e Ville dell'Appia.
"Una delle conseguenze più evidentiè la sostanziale scomparsa di alcune vecchie categorie non più attuali, come ad esempio quella ultrapopolare (A/5), e la forte riduzione delle abitazioni di tipo popolare (A/4) ed economico (A/3), che erano ancora presenti in diverse zone del Centro", spiega l'Agenzia delle entrate.
questo poteva andare bene immediatamente dopo la guerra (il padre di un mio amico abitava lì, poi la famiglia nel 1949 decise di spostarsi sulla Portuense, mi sembra, perché le case erano nuove e più belle... ora avere un appartamento vicino a Piazza Navona significa aver fatto 5+1 al superenalotto)
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