Io la vedo così la conoscenza: un'iperbole che si avvicina indefinitamente al proprio asintoto senza mai toccarlo.
So che quasi sicuramente non troverò mai una verità assoluta valida allo stesso modo per tutti, ma sento il bisogna di cercarla comunque per avvicinarmici il più possibile.
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Sulla conoscenza in generale è assolutamente comprensibile, ma su questo argomento anche dopo 30 anni di studi e letture avrai nè più nè meno gli stessi dubbi che avevi all'inizio, no?
Sì, può essere, ma almeno dopo aver studiato e averci riflettuto decenni, conoscerò sempre meglio me stesso e il rapporto che ho col mondo. Ho sempre trovato naturale un approccio di fatto filosofico alla realtà, non so se sia per tutti così, per me lo è.
Anche questo mi interessa capire: se la natura umana sia spirituale o no, come gli altri vivono questo argomento, sono cose per cui starei a rifletterci ore e ore!
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Perché la morale della religione, caro @NoSync, è che non a tutto c'è risposta. E che "impossible is nothing" o "live limiteless" o altri slogan pubblicitari sono stupidaggini.
Abbiamo limiti, eccome.
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Quoto. Un conto e la ricerca della conoscenza, un conto è quella della divinità. La conoscenza è qualcosa che, bene o male, si può acquisire. Ok che non tutto è chiarito, ma nei secoli posso dire che l'uomo ha trovato la risposta a molte delle sue domande. Ovvio, a tante più domande si risponde e tante più ne verranno fuori, ma anche loro, prima o poi, avranno la loro risposta. Ma comprendere una divinità e, secondo me, impossibile; anche per la natura stessa della divinità, entita suleriore ed astratta. Qualcosa di impossibile da immaginare per l'uomo. Impossibile, secondo me, immaginare qualcosa di astratto su cui poso si sa, se non nulla. Detto questo, concordo sulle parole di Alessio. Meglio concentrarsi su domande più alla portata d'uomo e lasciare ,la parte spirituale a filosofi o teologi. Proprio mi piace poco (come detto qualche messaggio prima, mi pare da Simo89) mischiare tutto questo, trovo generi solo confusione partendo da altrettanta confusione.
Vorrei commentare questo tuo intervento:secondo te se dio fosse morto perchè si continuerebbe a lodarlo???Ora ti faccio io una domanda:secondo te una persona non dovrebbe essere atea???Perchè,e lo chiedo da credente,bisogna imporre per forza la fede a una persona che non vuole credere???![]()
Ma infatti non bisogna imporre niente a nessuno, giustamente, non stavamo discutendo di quello. Ci stavamo chiedendo piuttosto se abbia senso parlare di verità assolute, se possa esistere qualcosa, qualche principio superiore agli uomini, valido per tutti, come prima si riteneva fosse Dio.
Ed è proprio a questo che ci si riferisce quando si parla di "morte di Dio": non si intende naturalmente una morte fisica, ma una morte metaforica, una morte nella coscienza dell'uomo occidentale. Dio è morto perchè non ispira più valori assoluti, se ne rifiuta l'esistenza e quindi ogni uomo in qualche modo deve diventare Dio di se stesso e ricavarsi da sè la propria morale individuale.
Cosa che tra l'altro si chiedeva già Dostoevskij, per bocca di uno dei suoi tanti personaggi: "Se Dio è morto, allora tutto è permesso?"
Io non credo, anzi, sono convinto che non tutto sia permesso nonostante molto probabilmente non esista Dio, ma non riesco a dare una base etica forte alle mie convinzioni, purtroppo.
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Non è la religione in sé (in senso concettuale) che ha prodotto danni, ma l'esegesi (umana e distorta) dei testi posti a fondamento di ogni "credo".
Anche l'ateismo, spesso, vive di "fede" e di "dogmi pseudo scientifici" sciorinati come una sorta di "postulato insindacabile". Sotto questo profilo, quindi, gli atei (per pensiero delegato) ed i credenti (per pensiero delegato) sono - a mio avviso - identici ed allo stesso modo dannosi. Chi ama il sapere - e desidera comprendere - attua sempre un approccio scevro da ogni forma di condizionamento ed il più possibile terzo.
Io (pur non aderendo ufficialmente ad alcuna forma di credo) dico che in molti testi sacri e/o antichi vi è più scienza di quanto si possa immaginare e che, contemporaneamente, in molti testi scientifici odierni vi sono più "dogmi" di quanto, sempre, si possa pensare.
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