
Originariamente Scritto da
barry
commento settimanale Lab24
Torna a crescere la curva epidemica in Italia, con una repentina inversione di rotta rispetto alla settimana precedente: ne parleremo dopo i principali numeri e indicatori. Nella settimana epidemiologica 5 - 11 marzo i nuovi casi a livello nazionale sono stati 319.600 (+25,0% dai 255.539 del periodo precedente, 26 febbraio - 4 marzo); media giornaliera 45.657 (da 36.505); rapporto positivi/tamponi totali (range 10,47% - 12,48% da 8,78% - 9,79%); ricoverati in area medica l’11 marzo: 8.274 (da 9.297 del 4 marzo); terapie intensive l’11 marzo: 527 (da 625 del 4 marzo) con 307 nuovi ingressi nella settimana (306 la precedente); 2.710.138 tamponi totali (-0,2% dai 2.716.668 del periodo precedente) il 75,5% dei quali di tipo antigenico rapido. Decessi settimanali 1.040 (da 1.403). L’andamento settimanale del contagio nelle prime 4 Regioni per numero di casi da inizio epidemia: Lombardia (33.261 nuovi casi, +17,5%); Veneto (26.781 nuovi casi, +13,3%); Campania (29.624 nuovi casi, +29,7%); Emilia Romagna (15.673 nuovi casi, +9,4%). Il valore di Rt istantaneo nazionale, calcolato con il metodo rapido Kohlberg-Neyman, è 1,20 (dato puntuale dell’11 marzo) contro 0,88 del 4 marzo.
L’improvviso ritorno a un’espansione del contagio (si veda l’analisi settimanale del 10 marzo) è sorprendente per l’ampiezza del fenomeno. In una sola settimana i nuovi casi individuati sono infatti passati da -19,1% a +25,0%: saltando quindi i brevi periodi di stabilizzazione che avevano caratterizzato fasi analoghe del passato. Nello scorso commento (5 marzo), pur prendendo atto del calo in corso avevamo evidenziato tre diversi fattori di rischio, che confermiamo integralmente: l’immunità calante nel tempo, tipica delle infezioni da Coronavirus; l’ampia quota di popolazione non ancora vaccinata (il 16,4% se consideriamo la doppia dose, il 35,4% se consideriamo la terza dose booster); le possibili ricadute sulla popolazione, nel caso di una nuova ondata di ampie dimensioni, pur in presenza di un tasso di letalità che nel mese di febbraio (Omicron - B.A.1 - dominante) è sceso allo 0,17%.
Come evidenziato nell’analisi del 10 marzo non è possibile, a causa della scadente qualità dei dati disponibili e del basso numero di test eseguiti, prevedere oggi se siamo in presenza di un rimbalzo epidemico con effetti limitati (come a gennaio, marzo e agosto 2021) o dei prodromi di una nuova ondata generata da una crescente circolazione della variante Omicron 2 (B.A.2). Le flash survey periodiche (l’ultima il 31 gennaio) sono insufficienti per monitorare in modo puntuale la diffusione e prevalenza delle varianti. I dati della Danimarca, alle prese con una Omicron 2 prevalente dalla terza settimana di gennaio, non danno purtroppo certezze perché le fasi epidemiche dei due Paesi differiscono in molti aspetti. Un dato certo invece è che in Danimarca, in seguito alla prevalenza di Omicron 2, è stato registrato un aumento dei ricoveri in area medica ma non in terapia intensiva. Il primo indicatore sta trovando conferma anche nel Regno Unito, dove Omicron 2 è diventata prevalente (58,8%) solo a fine febbraio. In controtendenza rispetto alla Danimarca, tuttavia, nel Regno Unito stiamo assistendo anche a una stabilizzazione dell’occupazione delle terapie intensive.
In Italia avremo qualche indicazione più solida, sulla base dell’andamento dei ricoveri, tra 7-10 giorni: il calo attuale riflette infatti la situazione passata, quando i contagi erano ancora in fase di forte riduzione. I dati sui ricoveri offrono una visione retrodatata dell’andamento epidemico, cosa nota e condivisa a livello internazionale: le azioni di contrasto intraprese sulla base di questo indicatore (stando a vedere cosa accade) sono inevitabilmente tardive: e in presenza di una nuova ondata scattano quando il livello dei nuovi casi è ormai fuori controllo, generando come ricaduta un ulteriore aumento dei casi clinicamente rilevanti.
In base a un principio di precauzione appare fuori luogo e azzardato parlare oggi di abbandono a breve delle mascherine al chiuso. Ci auguriamo che accada, ma è un’ipotesi che al momento sconta tre diversi problemi: 1) È percorribile solo con una circolazione virale su valori bassi, nell’ordine di poche migliaia e non delle decine di migliaia di casi al giorno; 2) Non considera la straordinaria capacità diffusionale del virus, che generando un numero altissimo di casi espone al rischio dell’insorgenza di nuove varianti; 3) Rafforza l’idea di un’epidemia ormai sconfitta e in pieno controllo. Lo ripetiamo ancora una volta: non è così. Non ancora. A chi parla di virus più buono e di ricadute ormai accettabili ricordiamo che da inizio 2022, in meno di due mesi e mezzo, in Italia abbiamo registrato 19.247 decessi a causa della Covid-19.
I dati a chiusura della prossima settimana epidemiologica dovrebbero essere più indicativi della reale tendenza in atto, che ci auguriamo possa risolversi in un rimbalzo epidemico: ma si tratta di un auspicio, non di una previsione, visto che l’accelerazione dei contagi negli ultimi giorni fa temere una ripresa più sostenuta. Ne parleremo diffusamente nella prossima analisi settimanale.
Come consueto chiudiamo con i dati Oms a livello mondiale. Nella settimana epidemiologica 28 febbraio - 6 marzo perde forza la riduzione del contagio (-3,5% contro -15,7% del periodo precedente). I nuovi casi sono stati 10.391.854, con 52.740 decessi. (M. T. Island)
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