
Originariamente Scritto da
snowaholic
Condivido sul fatto che la questione sia importante, tuttavia sinceramente è la prima volta che mi capita di dissentire radicalmente su uno dei tuoi solitamente ottimi articoli.
Il problema della sovrappopolazione esiste, ma è un problema largamente risolto per quasi tutti gli stati del mondo, la natalità è precipitata quasi ovunque a livelli che condurranno ad una drastica riduzione della popolazione nei decenni a venire, una volta smaltita l'inerzia pluridecennale che caratterizza le dinamiche demografiche e che è strutturalmente inevitabile. In Italia con la natalità attuale si perderà un terzo della popolazione ad ogni generazione, un trend socialmente ed economicamente molto difficile da gestire. Pensare di accelerare ulteriormente questo declino è irresponsabile e inutile dal punto di vista ambientale. Diverso il discorso per l'Africa e qualche altro Paese sparso come il Pakistan dove ancora la natalità è troppo alta (al punto da causare a sua volta tutta una serie di problemi socio-economici). Un riequilibrio della natalità tra Paesi in via di sviluppo e industrializzati produrrebbe benefici per tutti e porterebbe la popolazione globale in calo.
L'idea che ridurre la natalità dei paesi industrializzati aiuti l'ambiente più quella ridurre quella dei Paesi in via di sviluppo è demenziale e frutto di una concezione statica del problema che mal si concilia con l'idea stessa di sostenibilità, che è un concetto di lungo termine. Già ora l'impatto ambientale dei Paesi in via di sviluppo è in rapida crescita, mentre quello dei Paesi industrializzati è in rapido calo. Il problema maggiore quindi non è il fatto che noi consumiamo troppo, ma che tutto il mondo aspira a consumare quanto noi e la Cina ne è un esempio lampante visto che ormai ha un impatto ambientale molto superiore all'Europa anche in termini pro-capite. Se facciamo meno figli e aumentiamo il numero di immigrati che si mettono a consumare quanto farebbero i nostri figli dove sarebbe il guadagno ambientale? Se un miliardo di abitanti dei Paesi industrializzati riducesse ulteriormente la sua natalità la curva della popolazione globale si muoverebbe a malapena, mentre il costo sarebbe immenso. Quell'articolo dell'Environmental Research Letters è matematicamente una delle più grosse idiozie modellistiche che io abbia mai visto.
Ciò che sarebbe veramente importante è individuare modelli economici che consentano di elevare la qualità della vita di tutta la popolazione mondiale garantendo allo stesso tempo una riduzione del consumo di risorse, in modo che i Paesi in via di sviluppo non seguano il modello iperconsumistico cinese o americano e passino invece direttamente ad un modello di crescita sostenibile, che porti a superare le condizioni di povertà senza produrre un impatto ambientale devastante. Già ora ad esempio le emissioni di CO2 pro-capite in Italia sono già in linea con la media globale e in discesa, mentre i Paesi in via di sviluppo sono in rapido aumento. Entro pochi decenni il contributo europeo alle emissioni di gas serra sarà trascurabile se verranno rispettati gli obiettivi fissati nell'accordo di ieri, pensare che la demografia (che si muove con estrema lentezza) possa dare un contributo rilevante a questa riduzione non ha senso.
Questo approccio avrebbe anche degli importanti vantaggi economici, l'idea che la crescita del PIL sia incompatibile con la riduzione dell'impatto ambientale è uno grave errore che compiono molti ambientalisti ed è un grosso ostacolo alla creazione di consenso politico su questi temi. Il PIL non è una buona misura dei consumi materiali, nei Paesi industrializzati la dematerializzazione dell'economia è un dato di fatto da alcuni decenni, il consumo di risorse per unità di PIL è in stabile declino. Sicuramente è un processo che potrebbe essere accelerato ma le pulsioni decrescitiste sono un gravissimo errore.
Per una introduzione a questo concetto suggerisco questo articolo (in inglese).
>> Are We Approaching Peak Stuff?
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