Non apprezzo molto i dialetti in generale.
Trovo negativo il rispetto di cui godono adesso.
Quando ero giovane in TV tutti riuscivano a parlare un buon Italiano, adesso è una rovina, un disastro, specialmente i romani.
Poi non ho mai capito lo status di lingue assegnato a Ladino e Retoromancio, che infatti non compaiono nella seconda cartina.
Comica è la loro ovvia somiglianza alle altre parlate galloromane del norditalia.
Invece apprezzo la lingua italiana e godo nel recitare l'Orlando Furioso.
Ultima modifica di alnus; 19/11/2022 alle 00:52
Avviene qualcosa di simile (ma limitatamente nelle dimensioni) in Toscana, dove ci sono zone dell'estremo NW (tutta la Lunigiana, Carrara e un paio di località dell'alta Garfagnana) dove si parlano dialetti di tipo emiliano (la variante urbana carrarese è poi molto più influenzata dall'emiliano centrale di quanto non lo siano i vicini dialetti di Luni e Sarzana, mentre alla testata della Val di Magra la zona di Pontremoli si collega a quella montana delle province di Parma e di Reggio). Ci sono poi due altre zone (l'alto Reno fiorentino, con comuni come Marradi e la zona di Badia Tedalda nell'Aretino) dove si parlano dialetti di base romagnola ma parzialmente toscanizzati. Poi c'è una zona molto ampia che comprende quasi tutto il territorio regionale dove sono diffuse parlate di tipo schiettamente toscano (a vario grado influenzati dal modello fiorentino o da quello pisano), anche se le differenze sono notevoli tra zona e zona e spesso hanno esiti del tutto peculiari (es. Livorno la cui parlata urbana è abbastanza distinta da quelle di molte zone vicine). Ancora più all'estremo della regione hai aree come la Val di Chiana o la parte più meridionale della Maremma grossetana dove si parlano dialetti di tipo mediano, simili rispettivamente a quelli della Valle Umbra e del Lazio costiero... Rispetto alle Marche però in Toscana mancano in effetti i dialetti con connotazioni fonetiche già tipicamente meridionali come quelli del basso Piceno, collegati al tipo "napoletano" attraverso l'abruzzese.
Ultima modifica di galinsog@; 19/11/2022 alle 10:19
Be', insomma, se si eccettuano gli attori che spesso recitavano negli sceneggiati o prestavano la voce come narratori nei documentari e nelle inchieste giornalistiche e che parlavano in un italiano "neutro"*, l'italiano parlato 40 o 50 anni fa in RAI era fondamentalmente a base "romana" anche se molto attenuata e privo di "dialettismi" lessicali. Lo stesso accade tutt'ora in Francia, dove i corrispondenti dei TG, quando vanno in onda sui canali nazionali per commentare fatti rilevanti accaduti nella loro zona, si sforzano di simulare l'accento parigino anche se sono nati o hanno vissuto per tutta la loro vita a Nizza o a Biarritz. Alcuni ci riescono bene e con esiti piacevoli ma molti producono sequele di suoni nasali simili a muggiti alternati ad "r" ultra-uvulari... un mio amico che ha vissuto a lungo in Francia sosteneva che quando un nizzardo cerca di parlare con accento parigino sembra una mucca tedesca che prova a parlare in francese... Quello che invece mi irrita nell'italiano televisivo attuale è la sciatteria, ad esempio la tendenza a parlare troppo rapidamente, "mangiandosi" letteralmente le parole e a ricorrere a dialettismi (romaneschi ma pure milanesi o napoletani) anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
La separazione tra gruppo reto-romancio e parlate gallo-italiche o nord-italiane (veneto incluso) in effetti è artificiosa ed è basata su un numero veramente piccolo di isoglosse e su alcuni tratti morfologici tipici, come la presenza del plurale sigmatico nel gruppo reto-romanzo. E' chiaro che ladino e friulano, nel momento in cui la vicina Svizzera riconosce da tempo immemore il romancio come lingua autonoma e ufficiale, pretendano un uguale trattamento dalle autorità italiane, visto che romancio, ladino e friulano sono un gruppo foneticamente e grammaticalmente omogeneo e che friulano e romancio e ladino e romancio sono (un po') più vicini tra loro di quanto non lo siano friulano e veneto oppure ladino e dialetti trentini. Dopodiché poi ci possono essere anche conseguenze paradossali, ad esempio io capisco decisamente meglio il romancio dell'Engadina e il ladino della Val di Fassa di quanto comprenda il friulano standard (anche scritto). Peraltro il friulano "standard" è una cosa artificiosa che so piacere poco anche a molti friulani.
*suonava gradevole all'orecchio ma era una pronuncia del tutto artificiale che nessuno in Italia ha mai usato davvero, salvo che sui palchi teatrali e negli studi di doppiaggio.
Ultima modifica di galinsog@; 19/11/2022 alle 11:46
Comunque al di là di come la si pensi in materia di tutela delle lingue locali ("dialetti") quello che rende secondo me impraticabile tale tutela è la necessità di definire uno standard linguistico che faccia da κοινὴ alle varie parlate locali. Ci sono sicuramente lingue regionali che hanno una dignità letteraria consolidata, penso al milanese, al veneziano, al siciliano, al romanesco e in misura minore al bolognese, al torinese o al genovese, ma o sono tradizioni molto antiche e per certi versi pre-italiane (siciliano), oppure parliamo quasi sempre di parlate urbane. Io vivo in una regione in cui, al netto della situazione agonizzante dei dialetti liguri nelle città, il genovese ha esercitato a lungo una forza "centripeta", per cui tutto sommato o i dialetti locali sono fondamentalmente a base "genovese" (più o meno da Deiva a Noli) o ne sono influenzati in modo variabile (specie lungo la costa) o quantomeno condividono con il genovese alcune "marche" fonetiche tipiche, che in qualche caso si estendono fino alla Val Roya francese e ad alcuni comuni piemontesi della Val Tanaro, dell'alta Langa cebana, dell'Alto Monferrato e del Novese. Ma il problema è che più ci si allontana dai centri urbani principali (nel caso del NW Torino, Genova e Milano) o dai centri di "innovazione secondaria" sui due lati della displuviale alpino appenninica (tipo Mondovì, Albenga, Alba, Voghera, Bobbio, ecc.) più le parlate locali cambiano in una manciata di chilometri. Orbene imitare l'esempio del friulano e prendere la parlata del capoluogo territoriale (Udine) eliminando le interferenze estranee (es. quelle dell'italiano o le interferenze di altre parlate locali, come succede con gli imprestiti veneti nel friulano), resuscitare termini arcaici che non sono più usati da generazioni, infilarci qualche peculiarità locale di altre zone che si pensa corrisponda a forme "conservative" e poi insegnare questa roba come lingua locale è una cosa che non ha senso... perché poi si finisce con l'insegnare il torinese (così adattato) ad Alessandria o a Valenza, o far lo stesso col milanese a Bergamo a Crema o a Mantova, oppure ripetere l'operazione col genovese a Cairo o a Sarzana... e magari si insegnerà il torinese "normativo" a Merana (AL) e il genovese koiné a Piana Crixia (SV), giusto per prendere due comuni attigui di regioni diverse che però parlano dialetti con tratti sia liguri sia piemontesi e un lessico coincidente al 99,9%... una roba del genere è ovviamente priva di senso, non rispetta alcuna tradizione locale e non è più rispettosa delle parlate locali che insegnare l'italiano (e basta)... ma guardate che è quanto in parte è avvenuto con il friulano e quanto avviene in molte zone del Piemonte alpino, dove si pretenderebbe di sostituire le varianti locali di provenzale vivaro-alpino con un occitano di matrice essenzialmente marsigliese (e letteraria), solo lontanissimo parente delle parlate locali e che da quelle parti non si era mai sentito...
Ultima modifica di galinsog@; 19/11/2022 alle 14:51
Il ladino (e quindi anche il friulano) e il sardo solamente sono riconosciute come lingue a tutti gli effetti.
Non vedo che ci sia di negativo, fanno parte delle tradizioni popolari.
Hai citato i romani, ma il dialetto romanesco di un tempo, come si è detto, è quasi scomparso, quello che si parla a Roma oggi è un italiano romanizzato (anche perchè, come a Milano, ri romani da più generazioni sono ormai molto pochi
Effettivamente non avrebbe senso, quando sento qualcuno parlare in milanese o brianzolo, al mio orecchio, è come sentire parlare in bergamasco con gli accenti completamente sbagliati e varie parole con sillabe mancanti, il tutto condito da qualche termine a me estraneo, tipo "cadrega".
Tra l'altro una cosa interessante è che a Milano ho dovuto reimparare la pronuncia di foto, moto e topo, letteralmente tutti me lo facevano notare, visto che sbagliavo l'accento della prima "o" parlando in italiano.![]()
Tu mi dici, "Ti guardi? Sbagli a paragonarti"
Ma in effetti, quando negli anni 90 si parlava da una parte politica di introdurre l'insegnamento del dialetto a scuola, ci si domandava proprio le cose sopra dette.
Punto uno chi lo avrebbe insegnato, ma poi, quale linea si sarebbe seguita?
Si sarebbe imparato il dialetto del capoluogo di provincia?
La cosa con il tempo, poi decadde
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