
Originariamente Scritto da
andrea.corigliano
Tirato in ballo quando ce n'è bisogno, a quanto vedo. Vabbè... si vede che, come mi ha apostrofato qualcuno dello staff del CS, il polipo che si è cotto nella propria acqua serve sempre (quando fa comodo)...
Visto che sono l'autore di quel 3d, mi permetto di postare la nuova versione elaborata qualche mesetto fa...
La complessità del motore atmosferico ci ha sempre invitato alla prudenza ogni qual volta un modello numerico di previsione si appresta a descrivere uno scenario evolutivo ad una distanza temporale superiore ai 5-7 giorni, specie se il grado di affidabilità evidenziato dalle
ENS diminuisce all’aumentare della divergenza dei vari scenari possibili che vengono descritti. Sebbene ci si avvii, dopo un certo step temporale, verso una bassa predicibilità dell’evoluzione atmosferica, i modelli mantengono pur sempre una visione globale “continua” (passatemi questo termine errato… capirete in seguito perché) di ciò che avviene a tutte le quote nel senso che, deciso un particolare passo di griglia, ogni passo costituisce una tappa forzata a cui bisogna fermarsi per osservare qual è la situazione osservata o quale sarà la previsione futura in quel punto. Anche se possiamo provare ad addentrarci ancora di più nello specifico aumentando il numero di tappe forzate in cui è obbligatorio fermarci (sto parlando di un modello
LAM), il dominio sul quale i modelli numerici elaborano i dati rimane sempre discretizzato e, anche spingendoci al limite per ottenere la risoluzione migliore tenendo presente tutte le complicanze del caso, ci sarà sempre un fenomeno di sottogriglia di cui non potremo mai conoscere a fondo la fisica se non abbozzando una parametrizzazione che lo descriva. Un fenomeno che, all’interno del motore atmosferico, potrà proprio costituire quel “battito d’ali di una farfalla” che sfugge al controllo del modello stesso e che può arrivare a perturbare notevolmente la stabilità di una previsione. Imbrigliare l’atmosfera all’interno di una rete appare quindi un metodo efficace per predire il comportamento delle masse d’aria a patto che si tengano sempre in mente tutti i possibili disturbi che possono portare, dopo un certo tempo, ad amplificare notevolmente quel rumore di fondo in cui sarà immersa l’evoluzione dell’atmosfera che più si avvicinerà poi alla realtà. Siamo quindi alle prese con osservazioni, con equazioni, con parametrizzazioni e con soluzioni numeriche che disegnano tutti i possibili scenari a cui l’atmosfera può andare incontro.
Veniamo ora a noi e chiediamoci: “Le previsioni basate sulle teleconnessioni poggiano su questi stessi principi?”. Non esattamente. Partiamo innanzitutto dalle osservazioni, cioè dalle condizioni iniziali che individuano lo stato di partenza del sistema. Così come in atmosfera rileviamo temperatura, umidità, pressione ecc…, allo stesso modo conosciamo quali sono i segni delle
SSTA, della
NAO, dell’ENSO e di tutti i restanti indici. Ma a differenza di quanto avviene in atmosfera in cui, seguendo un preciso passo di griglia, si conoscono tutti i valori dei parametri in tutti i punti del passo di griglia, l’analisi “sinottica” degli indici teleconnettivi appare un’analisi “a compartimenti stagni” e sicuramente ben più discontinua rispetto a quanto avviene per l’atmosfera (ecco perché prima parlavo di una visione globale “continua”). È logico e naturale che ci siano dei legami tra oceano e atmosfera, ma in questo caso ci troviamo di fronte a dover tener presente un tipo di interazione tra due ambienti differenti che è regolato, per ben due volte, dalla teoria del caos: in primo luogo perché, ad esempio, è impossibile conoscere esattamente la perfetta interazione tra una massa d’acqua calda o fredda e lo strato atmosferico a stretto contatto con essa e, in secondo luogo, è impossibile conoscere di preciso l’evoluzione di questa interazione all’interno dell’involucro atmosferico, né come questa interazione potrà influire su tutte le componenti che costituiscono questa evoluzione.
Tenendo presente quanto detto, è proprio impossibile riuscire allora a inquadrare uno scenario evolutivo di una stagione basandoci sulle teleconnessioni? A rigor di logica sì. Se però dobbiamo rispondere tenendo presente che è provata l’interazione tra oceano ed atmosfera, allora dobbiamo andare molto, ma molto cauti nel fornire una “proiezione climatica” su base stagionale, specie se questa poi diventa una previsione molto localizzata. In altre parole, affermare “Sul Centro Sud ci saranno ondate di calore con punte di 35-38 gradi, mentre il Nord resterà ai margini” non è una previsione che può assolutamente nascere da un’analisi degli indici teleconnettivi, mentre in base a questi si può affermare che, su vasta scala (esempio Europa Mediterranea, ecc...), è possibile che si verifichino ondate di calore di una certa intensità. Stop: ho detto anche troppo!
Le previsioni stagionali “fai da te”, tra l’altro, vengono elaborate in base ad un modello mentale, cioè un modello elaborato dal cervello umano che è molto, ma molto semplificato e che analizza il quadro cercando di soppesare nel modo più corretto possibile i risultati che potrebbero portare un’interdipendenza a cascata di un congruo numero di indici. Ci sarebbe da chiedersi: “Vista la complessità dell’interazione tra oceano ed atmosfera, in base a quale criterio si predilige una interdipendenza piuttosto che un’altra? Chi mi dice che la scelta che ho fatto è quella giusta?”. Le risposte lasciano sicuramente il tempo che trovano, perchè l’interdipendenza tra i vari parametri connettivi non è affatto lineare, per cui una proiezione stagionale che deriva da un’analisi teleconnettiva basata su un modello mentale assume connotati altamente soggettivi, a differenza di quanto può elaborare un modello fisico matematico che tratta il tutto su un piano sicuramente più oggettivo perchè contiene equazioni accoppiate atmosfera-oceano. Alla difficoltà di interpretazione, poi, si aggiunge anche l’estrema incertezza che deriva dalla proiezione dei vari indici. Pensate un po’ che, per quanto riguarda l’indice
NAO nella stagione invernale (stiamo parlando dell’indice più vicino a casa nostra!), si riesce a cogliere solo il 10% del segnale, mentre il restante 90% è rumore di fondo.
Concludo con una breve considerazione. La grande incertezza che accompagna questo tipo di indagine dovrebbe imporre molto rigore e pochi proclami: lo studio deve andare avanti, certamente, ma misurando al millesimo di millimetro tutte le dichiarazioni che si esternano in base ai risultati (che non sono certezze!) che si pensa di ottenere (e non che si ottengono!), altrimenti si rischia di ridicolizzare questo settore della climatologia con discorsi semplicistici che ne minano la scientificità, mentre sappiamo che l’interazione tra oceano ed atmosfera è scientificamente provato, ma è ancora estremamente complesso da decifrare.
Saluti a tutti
AC
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