In breve sui Modelli Climatici | Climate Monitor
sempre sulla validazione dei modelli climatici
Penso che il bigino di Mariani sia interessante ma forse incompleto, volendo si può organizzare un controbigino…
In primis mi pare che non si possa chiedere ai modelli quel che non possono riprodurre, ad es. la variabilità interna del sistema climatico (Andronova e Schlesinger 2000, Santer et al. 2003, 2004, Pewclimate 2006).
La variabilità di breve periodo è stocastica e non prevedibile: i modelli non devono essere comparati con ciò che non possono riprodurre a grande distanza temporale, pur se quelli di recentissima generazione tentano di farlo. Si può menzionare, a tal proposito, l’uso recente delle reti neurali per “catturare risposte” non lineari date dalle forzanti radiative e per stabilire i fattori principali che guidano il comportamento delle temperature (trend di fondo, fluttuazioni multidecadali e interannuali) su scala globale e regionale nel corso degli ultimi 140 anni (Pasini et al. 2006).
Poi nessuno dice che debbano essere i modelli a determinare il fatto che GHG come la CO2 siano importantissimi driver del cambiamento climatico. Ce lo dice la basilare fisica-chimica dell’atmosfera (“hard science” dal XIX secolo, corroborata poi dai vari Clausius, Wien, Stefan e Boltzmann, Planck, Einstein…).
Nel merito di alcuni punti del bigino:
[Punto 2] Il riscaldamento dell’Artico avvenuto fra la fine degli anni 20 e l’inizio degli anni 40 del XX secolo fa parte proprio di questa variabilità interna (Bengtsson et al. 2004, Wang et al. 2007, Overland et al. 2008, 2009) e il fatto che i modelli climatici, nella loro “fingerprint analysis” (Hegerl et al. 1996, Santer et al., 2003, 2004, Pewclimate 2006), non riescano a simularlo non è completamente vero (Wang et al. 2007, Overland 2009) e – semmai – questa “mancanza” può benissimo essere interpretata come un’ulteriore prova indiretta. Insomma: un po’ i modelli riescono a simularlo, la differenza sta proprio nella variabilità interna.
[Punto 3] Il feedback da vapore acqueo mi pare che abbia più di un riscontro osservativo e che va nella direzione prevista dai modelli e prima ancora dalla fisica (Philipona et al. 2004, 2005, Willett et al. 2007, Santer et al. 2007, Dessler et al. 2008, Trenberth e Fasullo 2009), mentre è vero che il modo in cui i GCM modellano le nubi (distribuzione, trasporto verticale, proprietà ottiche) è ancora abbastanza insoddisfacente ed è uno dei punti più difficili e meno efficaci, nonostante notevoli miglioramenti al riguardo (Manabe 1970, Lindzen 1990, 2001, Hartmann e Michelsen 2002, Spencer et al. 2007, Trenberth e Fasullo 2009).
[Punto 4] Sui feedback dei raggi cosmici galattici (GCR) ci sono, ad oggi, molti più dubbi che certezze, non vedo quindi come si possa tener conto di questo ipotetico fattore nei modelli.
Rivediamo velocemente i passi sostanziali di questa ipotesi che correla GCR con le temperature, ipotesi sostenuta ad es. dai danesi Svensmark et al.
temperature (T) { nuvole basse (LC)à ok
LC { aerosol (concentrazione di nuclei di condensazione, CCN) à ok, anche se la formazione di nuvole basse dipende anche da molto altro, come evaporazione e temperature (feedback), i danesi ne hanno tenuto conto?
CCN { ionizzazione à ok, ma non solo, la produzione di CCN dipende anche da molto altro (es. attività antropiche, eruzioni vulcaniche, trasporto di sabbia desertica v. Lau e Kim 2007…), i danesi ne hanno tenuto conto?
ionizzazione { GCR à ok,
GCR { attività solare à ok, ma come mai durante i minimi solari protratti (senza oscillazione) di Maunder e Dalton i GCR continuavano la loro fluttuazione (Svalgaard 2008)?
E poi: l’attività solare non è cmq oggi la più alta da 400 anni in qua, recenti ricostruzioni basate su campionamenti proxy del C14 e del Be10 lo dimostrerebbero (Muscheler et al. 2007).
Di nuovo: i danesi ne hanno tenuto conto?The tree-ring 14C record and 10Be from Antarctica indicate that recent solar activity is high but not exceptional with respect to the last 1000 yr.
Infatti, non funziona la relazione, perché troppo debole: i cambiamenti dei CCN indotti dalla variabilità dei GCR associati ai cicli solari sono di 2 ordini di grandezza troppo piccoli per poter render conto dell’andamento osservato nella proprietà delle LC (Pierce e Adams 2009).
Questo forse è uno dei fattori che possono spiegare gli apparenti paradossi (rispetto alla teoria svensmarkiana): il fatto che, su scala breve, i GCR non si correlano molto di più alle LC rispetto ad es. alle nuvole medio-alte e che la variazione dei GCR sembra piuttosto essere preceduta da quella delle LC e non – come logico attendersi – il contrario(Sloan e Wolfendale 2008). Oppure il fatto che da circa 30 anni la relazione fra attività solare e T sembra divergere…(che ci sia qualcos’altro dietro, oltre alla teoria dei GCR??)In our simulations, changes in CCN from changes in cosmic rays during a solar cycle are two orders of magnitude too small to account for the observed changes in cloud properties; consequently, we conclude that the hypothesized effect is too small to play a significant role in current climate change.
http://forum.meteonetwork.it/2485461-post636.html
Altri spunti da qui:
http://www.climalteranti.it/?p=144
http://antonellopasini.nova100.ilsole24ore.com/2009/05/un-clima-figlio-delle-stelle.html
Poi, sull’efficacia dei GCM odierni:
-perché, nonostante tutto, sono solidi;
-perché riescono a riprodurre così bene (e meglio del previsto o di quel che si pensa!) il riscaldamento superficiale osservato;
-http://forum.meteonetwork.it/meteorologia/98371-un-vaso-di-pandora.html
Infine:
A parte che, come detto sopra, mi pare che i GCM non abbiano per nulla fallito, credo che il problema sollevato dalla fine del post quotato e in grassetto sia riconducibile ad un aspetto (che mi sfugge) prettamente locale o regionale; in altre parti del mondo industrializzato, questo timore non esiste.Nel frattempo il clima proseguirebbe la sua naturale evoluzione, che per inciso con riferimento all’ultimo decennio i GCM hanno fallito di prevedere, e le problematiche di carattere ambientale molto più locali che globali resterebbero in gran parte irrisolte, con le poche risorse disponibili tutte impegnate nella mitigazione di un cambiamento non mitigabile in quanto enormemente più complesso di quanto descritto nelle simulazioni.
E, direi, a ragione.
Ultima modifica di steph; 22/06/2009 alle 17:21
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@ Steph
su punto 4
Gli esperti del Danish National Space Center, F. Christiansen, J. Haigh, H. Lundstedt, hanno trovato evidenti ed inequivocabili correlazioni tra i cambiamenti climatici e le variazioni solari
http://www.space.dtu.dk/upload/institutter/space/research/reports/scientific%20reports/isac_final_report.pdf
Freddy Christiansen, Danish National Space Center Joanna D. Haigh, Imperial College Henrik Lundstedt, Swedish Institute of Space Physics “Influence of Solar Activity Cycles on Earth’s Climate Final Report Task 700 Summary Report” ESTEC Contract no. 18453/04/NL/AR Issue 1, September 4, 2007 Danish National Space Center Scientific Report 2/2007
Arnold e altri hanno dimostrato però che i raggi cosmici favoriscono la formazione di condensa di aerosol formata da particelle ultrafini CN queste a loro volta influenzano la formazione dei nuclei di condensazione e quindi delle nubi
http://www.springerlink.com/content/n57121r735134233/ Frank Arnold “Atmospheric Ions and Aerosol Formation” Space Science Reviews Volume 137, Numbers 1-4 / June, 2008 10.1007/s11214-008-9390-8
http://hal.archives-ouvertes.fr/docs/00/31/75/93/PDF/angeo-23-675-2005.pdf
A. Kasatkina and O. I. Shumilov:” Cosmic ray-induced stratospheric aerosols “30 March 2005 Annales Geophysicae, 23, 675–679, 2005: 1432-0576/ag/2005-23-675
Torno su Sloan 2008
http://www.iop.org/EJ/article/1748-9326/3/2/024001/erl8_2_024001.pdf?request-id=71468db0-b91e-44b9-bcd1-bb0394ac7dd9
Dici: “la variazione dei GCR, su breve scala, sembra piuttosto essere preceduta da quella delle nubi basse e non – come logico attendersi – il contrario” (Sloan e Wolfendale 2008).
Non lo trovo dove lo dicono? Purtroppo usano gli acronimi e spesso mi perdo
Te li cito “Fig 3 The dashed line shows the expected delay if a correlation existed between the changes in CR and CC. The
measured delay between the CR decrease and increase in SSN is 3 months in cycle 22. NB positive delay means CC precedes the increase in SSN.”
Cioè li cambiamento di flusso dei raggi cosmici non è immediato al cambiamento delle macchie solari ssn, ma ha un ritardo di 3 mesi. L’ultima frase è ostica non so cosa sia NB ( forse la ionizzazione?)
Comunque Sloan dice che c’è un correlazione tra nuvole e sole, nel ciclo 22, e la analizza per determinare il rapporto casuale.
The change in LCC during the solar cycle, DLCC, can be decomposed into a part which is dependent on the
change in the ionization rate DLCCI and a part due to other mechanisms correlated with solar activity but not directly dueto ionization, DLCCS, i.e. DLCC = DLCCI + DLCCS
Divede il delta D della nuvolosità DLLC in una parte dovuta alla ionizzazione e una parte dovuta al sole e conclude che quella dovuta alla ionizzazione non può essere superirore al 23% (una enormità anche se molto meno rispetto all’ipotesi Swensmark) il resto è dovuta al sole (ma non si sa come) Un’altra enormità non considerata nei modelli.
Mi sembra che Sloan 2008 sia un cavallo di troia, i serristi lo citano per dimostrare che Swensmark ha torto, ma in realtà la conclusione dà ragione a chi critica i modelli che sottostimano le forzanti naturali.
@ Steph
"ma come mai durante i minimi solari protratti (senza oscillazione) di Maunder e Dalton i GCR continuavano la loro fluttuazione (Svalgaard 2008)?"
il flusso dei GCR non dipende anche dallle fluttuazioni del campo geomagnetico terrestre?
"E poi: l’attività solare non è cmq oggi la più alta da 400 anni in qua, recenti ricostruzioni basate su campionamenti proxy del C14 e del Be10 lo dimostrerebbero (Muscheler et al. 2007)."
Ma la terra si sta scaldando dal 1650, sta accumulando calore, non è diversa la reazione della terra alla variazione della TSI a seconda della temperatura ( ad es degli oceani ) e dell'estensione dei ghiacci in cui la terra si trova?
~~~ Always looking at the sky~~~
http://blogs.nature.com/climatefeedb...vin_trenberth/
None of the models used by IPCC are initialized to the observed state and none of the climate states in the models correspond even remotely to the current observed climate
Nessuno dei modelli utilizzati dall'IPCC sono stati validati allo stato attuale e nessuno degli Stati climatici dei modelli corrisponde neanche lontanamente alle attuali condizioni climatiche osservate
Kevin Trenberth che non è uno scettico , anzi.
Ultima modifica di clayco; 16/09/2009 alle 10:40
Nessuno dei modelli utilizzati dall'IPCC è stato inizializzato con lo stato osservato (del clima suppongo) e nessuno degli stati climatici nei modelli corrisponde neppure lontanamente al clima attualmente osservato.
Non si parla di "validazione", ma di "inizializzazione".
Comunque il fatto che ci siano critiche di metodo e merito sull'utilizzo dei modelli climatici non è un'invenzione, almeno questa , di Clayco.
Anche su Le Scienze di questo mese c'è un breve trafiletto di critica alla modellistica climatica dovuta fondamentalmente al problema di modellizzazione della formazione delle nuvole (come mi pare abbia ricordato anche steph).
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