In quale mondo?:
Mangime - Wikipedia
O, forse, credi veramente che gli animali che vedi "felici" al pascolo soddisfino la domanda mondiale?
Sei libero di credere a ciò che vuoi, nessuno lo vieta, però ti consiglio di non raccontarlo troppo in giro ... .
Comunque ho capito che, secondo te, almeno l'erba falciata non prova dolore: sono d'accordo. Anche perché, se provasse dolore, sarebbe un vero peccato allevare così tanti animali per far soffrire l'erba!
E che mi dici delle radici, dei tuberi, dei semi, del mais e della barbabietola che finiscono all'interno dei mangimi? Non ti pare un inutile spreco di sofferenza?
Sarebbe interessante un parere anche sulla deforestazione per far fronte alle coltivazioni destinate a foraggiare gli animali?:
La minaccia dell'allevamento è particolarmente grave nella foresta amazzonica. In questa regione l'allevamento di bovini è la causa primaria di deforestazione almeno fin dagli anni del 1970[63], e nel 2006 la FAO ha stimato che, complessivamente, il 70% delle terre deforestate dell'Amazzonia è stato trasformato in pascoli bovini e la produzione di mangime occupa gran parte del restante 30%[3] (secondo altre stime il bestiame occuperebbe invece fino all'80% delle aree deforestate[63]).http://it.wikipedia.org/wiki/Impatto...i_cibi_animaliInizialmente e fino agli anni del 1990, la deforestazione della regione amazzonica avveniva per lo più a causa della forte richiesta di carne del mercato brasiliano, che dal 1972 al 1997 è cresciuto di ben quattro volte[64]. In questo periodo, l'esportazione della carne dal Brasile verso il mercato internazionale era ancora limitata: nel 1995, il Brasile esportava ancora meno di 500 milioni di dollari di carne bovina[64]. Tuttavia, appena otto anni dopo, nel 2003, l'esportazione aumenta del 300%, arrivando a 1,5 miliardi di dollari[64]. Il volume delle esportazioni invece aumenta di oltre cinque volte tra il 1997 e il 2005, passando da 232 000 tonnellate a 1,2 milioni di tonnellate di peso equivalente in carcassa[64], e nel 2008, appena tre anni dopo, arriva ad essere quasi sei volte maggiore[65]. Solo in Europa, tra il 1990 e il 2001 la percentuale di carne importata dal Brasile è quasi raddoppiata, passando dal 40% al 74%[63]. Oggi il Brasile è considerato il principale esportatore mondiale di carne bovina, e per il 2018 il governo brasiliano prevede un raddoppio della quota del Brasile nel commercio globale di carne bovina, con due tonnellate su tre di provenienza dal mercato brasiliano[65]. Le terre dell'Amazzonia rappresentano un'interessante regione per sopperire all'insufficienza di terreni disponibili nel pianeta a fronte della crescita della produzione zootecnica mondiale[66] e la forte espansione del mercato brasiliano della carne bovina è stata resa possibile da una combinazione di diversi fattori. In primo luogo la svalutazione della valuta nazionale del Brasile ha determinato una riduzione del prezzo della carne bovina, rendendo l'esportazione brasiliana molto competitiva sui mercati internazionali. In secondo luogo, negli ultimi anni in molte aree del Brasile è stata debellata l'afta epizootica – precedentemente molto diffusa in queste regioni – rendendo possibile l'ingresso in molti nuovi mercati in Europa, Russia e Medio Oriente, inoltre la contemporanea diffusione della BSE nel Canada e negli Stati Uniti e dell'influenza aviaria in Asia ha ulteriormente favorito l'espansione del mercato brasiliano. Questi cambiamenti hanno anche favorito dinamiche già esistenti da tempo in Amazzonia che anche giocano un ruolo importante nella distruzione delle foreste, quali la rapida espansione delle infrastrutture stradali e delle reti elettriche, i forti investimenti in moderni impianti di macellazione, di confezionamento della carne e di produzione lattiero-casearia e i bassi prezzi delle terre forestali che rendono la creazione di pascoli molto conveniente[64].
Oggi l'allevamento di bovini nella regione amazzonica è considerato il principale fattore di deforestazione del mondo: è stato stimato che, negli ultimi anni, a causa dell'allevamento di bestiame è stato perso in media un ettaro di foresta amazzonica ogni otto secondi[65]. In soli tredici anni, dal 1996 al 2009, 100 000chilometri quadrati di foresta sono stati trasformati in terra da pascolo e, complessivamente, un'area di 550 000 chilometri quadrati, pari alla superficie della Francia, è attualmente occupata da mandrie bovine[63]. Tra il 1990 e il 2003 nell'Amazzonia brasiliana la popolazione bovina è più che raddoppiata, passando da 26,6 a 64 milioni di capi[63], e oggi il Brasile è considerato il paese con il maggior numero di capi bovini[65]. La maggior parte di questa crescita è avvenuta negli stati del Mato Grosso, Pará e Rondônia, che nello stesso periodo hanno infatti registrato anche i tassi più alti di deforestazione[64].
Anche se molte persone, a causa di campagne ecologiste scriteriate, credono che la causa principale della devastazione delle foreste sia il taglio di legname, in realtà questa attività non causa deforestazione, ma solo degradazione dell'ambiente[64]: ad esempio, nella foresta amazzonica il taglio di legname legale e illegale è responsabile solo di un 2-3% della deforestazione totale[63]. I terreni forestali da destinare al pascolo vengono invece letteralmente devastati e rasi al suolo con l'uso di enormi bulldozer o dando il tutto alle fiamme. Poiché la terra liberata dalla foresta non è però adatta al pascolo, in quanto estremamente fragile e scarsamente nutrita, dopo pochi anni di pascolo il suolo diventa sterile e gli allevatori devono abbattere un'altra sezione di foresta per spostarvi le mandrie, lasciandosi dietro vaste distese di terre desolate. La geografa Susanna Hecth riferisce che il 90% dei nuovi allevamenti di bestiame nel bacino amazzonico sospende l'attività entro otto anni dall'avvio[67].
Per tutto ciò provo un sacco di dolore (vero), te lo posso assicurare.
Questo è il mangime per i polli:
Senza contare, inoltre, che proprio a causa degli allevamenti abbiamo una sovrabbondanza di bovini, suini ed ovini. Il loro numero è decisamente sproporzionato rispetto a quello che raggiungerebbero se fossero naturale preda degli animali a ciò preposti.In regime naturale, i polli dovrebbero mangiare solo mais, soia e fibre, trasformando proteine vegetali in proteine nobili. Il tipo broiler, che rappresenta il 99% dei 520 milioni di polli e dei 22 milioni di tacchini che mangiamo ogni anno, mangia invece esclusivamente mangimi industriali, prodotti in larga misura da due o tre aziende.
Le formule di questi mangimi sono top secret; possono in questo modo metterci dentro di tutto e di più. Il mais e la soia, che sono i componenti principali (fino al 60/70%), sono in grandissima parte di importazione e di produzione transgenica, perché costano meno.
Contrariamente alle normative per i bovini, i mangimi per pollame e tacchini possono contenere farine di carne e di pesce, pannelli di olio esausto, grassi di origine animale. La vicenda di due anni fa dei polli belgi alla diossina è dovuta a un “eccesso” di PCB ma, se si rientra nei limiti tollerati, è legale dare da mangiare ai polli anche oli esausti di motori.
Ma i risultati migliori si ottengono con le proteine animali derivate dalle interiora, dalle teste, dalle zampe e dalle piume ottenute dai loro simili morti in precedenza, oltre alle proteine animali acquistate dove costano meno (farine di sangue e di pesce).
Di queste proteine, ai polli ed ai tacchini ne vengono somministrate una quantità fino al 30% nel tacchino, un po’ meno per il pollo.
Invece, proprio a causa degli allevamenti, lupi ed orsi (giusto per fare due esempi) sono stati decimati e, ancora oggi, molti allevatori si lamentano del ritorno (e della tutela imposta dalla legge) di questi predatori.
Senza contare, poi, il metano (gas serra) che immettono in atmosfera (ma questo è un altro discorso)... .
Buona serata a tutti.
Obsequium amicos, veritas odium parit.
Scusami se mangio carne di derivazione trentina o altoatesina prevalentemente. E ti parla uno che un allevamento ce l' ha, quindi so come funzionano le cose. Anch' io do mangime alle mie vacche, qualche problema?
E poi, ho forse detto che faccio un dramma per le piante che ci rimettono ? No. Perché se non lo faccio con gli animali non serve farlo con le piante, ovvio.
E smettila di saltar addosso agli utenti in quel modo perché cominci a esser veramente antipatico. Non mi pare di averti risposto malamente io.
prospetticamente le carte mostrano una potenziale tendenza verso alte potenzialità di prospettiva....
Potevamo osservare banalmente che siamo uomini proprio perchè siamo in grado anche di prescindere dal primo albero da frutto. Il che non implica nessun merito particolare, peraltro, nè alcuna necessità di farlo o non farlo.
Non solo, in effetti non avendo sistema nervoso (cit.) le piante non pensano niente, dunque non producono un bel niente per fare proprio un bel nulla."Chi mangia frutta fa strage? Questa è bella, quasi da incorniciare. In pratica le piante producono frutti proprio per far sì che questi vengano mangiati (infatti i semi contenuti vengono poi evacuati a distanza dagli animali ed addirittura concimati, permettendo - così - la nascita di altre piante)."
Quindi, tutte le volte che il nocciolo della pesca, anziché evacuato in un campo dietro un cespuglio, finisce nel cestino dell'indifferenziata, è una specie di aborto… migliori possibilità con il compostaggio…
Per tacere in generale della casualità assoluta degli equilibri naturali (insetti/fiori, preda/predatore, piante/raccoglitori di frutta appunto ecc.ecc.) che sono tutto tranne che voluti ovviamente, nonché instabili e mutabili per definizione.
Ma è vivo in Senmut il bisogno di finalismo: tutto si muove per qualcosa, e in quel qualcosa l'uomo è il centro del movimento e le sue azioni coinvolte nei fini più alti. Ma non glielo dico, va', gli farei sempre il solito appunto...
I modelli fanno e disfanno. I santoni del web cianciano.
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Io do addosso agli utenti? Ma ti sei accorto dei post sardonici e delle frecciatine nei miei confronti? Penso che anche una persona "normalmente paziente" avrebbe reagito male, con conseguente degenerazione (che è poi l'obiettivo di molti) dell'intera discussione. Mi pare, invece, di aver dimostrato pazienza oltre ogni limite. Per quello che ti riguarda, mi hai subito puntato contro il dito sostenendo, insieme ad altri, che con la mia dieta faccio soffrire maggiormente le piante (più degli onnivori) e che sono un insensibile, perché non ne sento il dolore (che la scienza non conferma, tra l'altro). C'è chi mi ha detto che le uccido, che sono una sorta di assassino ed altre "amenità" simili: il tutto per difendere l'indifendibile; ovvero che il dolore delle piante (ammesso che esista ma, per ora, la scienza lo nega) è uguale a quello dei miliardi di animali uccisi, ogni anno, per la prevalente dieta umana.
Però capita, spesso e volentieri, che gli argomenti utilizzati da taluni a sostegno delle proprie tesi si rivelino come il più tremendo dei boomerang. E questo è ciò che è avvenuto in questo frangente.
Sono un insensibile assassino che non sente il dolore delle piante? Ok, va bene. Se ciò è vero, tuttavia, bisogna ammettere che un onnivoro lo è esponenzialmente di più, visto che sparisce la foresta amazzonica e si coltivano ettari ed ettari di terreno per foraggiare gli animali da allevamento.
Ora tu, improvvisamente, mi dici che non ne fai un dramma per le piante perché, in fondo, non lo fai nemmeno per gli animali. In pratica sostieni che non ti interessa delle piante e che, in fondo, non provi molta pena nemmeno per gli animali (i quali certamente provano dolore e sofferenza). Quindi, sostieni tu, perché preoccuparsi delle piante visto che il oro dolore non è nemmeno dimostrato?
Alla fine, quindi, hai la mia stessa posizione sulle piante e, come direbbe Shakespeare, hai fatto "molto rumore per nulla" o, meglio, per provocare sterilmente.
Al di là dei confini del Trentino (visto che viviamo su un solo pianeta), però, sei sensibile o, meglio, provi qualcosa per la deforestazione della foresta amazzonica dovuta, quasi integralmente, alla produzione di mangime per animali?
Accantonata la "provocazione" sul dolore delle piante, non credi che ciò costituisca un vero e proprio dramma per l'intero pianeta?
Ultima modifica di Senmut; 07/04/2015 alle 21:51
Obsequium amicos, veritas odium parit.
Certo che le piante hanno un "obiettivo" e lo perseguono con mezzi non paragonabili ai nostri. Ma dove sta scritto che lo fanno grazie ad un sistema nervoso simile al nostro e che provino un dolore equiparabile al nostro?
Sulle ultime righe quasi ti ringrazio; tranne che su una cosa: io credo che l'uomo sia parte del "movimento" e non il centro.
Ma di ciò - e lo sappiano entrambi - non si può parlare ... .![]()
Obsequium amicos, veritas odium parit.
Non hai capito quello che intendo dire.
Io da onnivoro non faccio un dramma né per la morte dell' animale né tantomeno per la pianta. Ciò non significa che sia totalmente insensibile, ovvio che la morte dell' animale mi rattrista. Lo stedsso vale per la carota o il porro che espianto.
Ma perché invece, tu escludi da questa sensibilità nei confronti degli animali le piante ? Che non provino dolore non significa che vogliano vivere. Come tutti gli esseri viventi.
Altro che boomerang, il mio ragionamento è perfettamente coerente e non fa una piega.
Amazzonia? Naturale che io sia indignato da questa distruzione. Manda all' aria un ecosistema e è una perdita di un patrimonio naturale abnorme, oltre al fatto che deturpi l' equilibrio del pianeta.
prospetticamente le carte mostrano una potenziale tendenza verso alte potenzialità di prospettiva....
Lo so, è il problema dei discorsi profondi fatti per iscritto e non davanti a una birra... leggo i libri con la matita in mano, e mi annoto commenti e osservazioni a margine; leggo i 3d con un file word aperto e copioincollo gli spunti e le idee che mi suscitano. Un discorso può anche essere globalmente valido, ma la singola argomentazione, magari solo per come è stata espressa nello scrivere di getto, può dare luogo a idee, commenti istintivi, a volte persino a immagini mentali traducibili in vignette (senza per questo voler irridere all'autore, ma solo perché l'espressione in sé si presta all'interpretazione più faceta).
No. Gli animali erbivori naturalmente si cibano di erba. Fa parte della catena alimentare. Insomma, è un problema loro...
In realtà il problema è del tutto teorico: quanta erba reale mangia un bovino attuale?
I maiali, da parte loro, non mangiano solo erba... e alle galline mia nonna dava granaglie e gli scarti della produzione orticolocasalinga.
In un equilibrio naturale (che comprende in primis la carne una volta ogni tot giorni, e di tutte le parti dell'animale), l'allevamento coronava le altre attività, riciclandone gli scarti; ad esso si aggiungeva una parte di pascolo, spesso in uso tutt'ora, per gli ovicaprini, come metodo ecologico per mantenere le aree a margine bosco o l'incolto, e per i suinidi volto soprattutto al recupero di materiali vegetali già caduti (ghiande, foglie etc.).
Il problema non è il carnivorismo in sé, bensì l'eccesso di una cultura che ha elevato il Filetto a nume tutelare.
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