Certo che se ne esce. La storia lo dimostra.
Come dici tu: noi, qualche decennio fa, abbiamo detto "basta, cambiamo". Abbiamo dato il voto alle donne; abbiamo depennato il delitto d'onore come attenuante; abbiamo autorizzato il divorzio etc. etc. etc.
Le sacche di retaggio ancestrale permangono, ma sono regredite in profondità, riaffiorano di tanto in tanto ma sono via via confinate. Abbiamo imparato a "guardarle male", a considerarle come superate.
Il punto è qui.
La nostra cultura non si pensa come "immutabile". Persino la Chiesa cattolica è mutata nel tempo, e certe cose che ammette ora, mille anni fa sarebbero state eresia.
Altre culture invece si ancorano solidamente alla tradizione, e decidono di non mutare.
La "speranza di uscirne" c'è per tutti, basta saperla accettare. Chi la rifiuta, non ne esce sicuramente.
Le nostre ave hanno lottato duramente per ottenere riconoscimenti e diritti; persino il velo, che la chiesa imponeva (e che oggi una nuova corrente dipensiero vuole farci vedere ad ogni costo come imposizione uguale a quella islamica) è stato quasi sempre aggirato, evitato, e alla fine relegato alle sole funzioni religiose (e ora nemmeno più nel matrimonio, pure in chiesa...)
In altre culture invece no; le donne accettano la loro condizione. Sarebbe da analizzare se coscientemente, o passivamente, ma questo è un altro discorso.
Insomma, se non c'è la volontà di mutare, se si nega qualsiasi possibilità di apertura, no, non se ne esce. In certi casi, l'ottimismo è una pia illusione.
Non sto parlando di "ambiente retrogrado".
Sto parlando di "ambiente culturale diverso".
Un cannibale della Papuasia, per quel che mi riguarda, ha tutti i diritti di pensare che mangiando il parente defunto ne perpetua onorevolmente la memoria. Non ci trovo nulla di "retrogrado": è il prodotto della sua cultura.
Allo stesso modo, un "ghetto" europeo di matrice cristiana sviluppa disadattamenti e "malattie" diversi da un ghetto di altra matrice.
Il punto non è l'emarginazione, bensì, a parità di emarginazione, il modello culturale di riferimento.
I modelli culturali sono diversi, è un dato di fatto, ed è ovvio che sia così, perché maturati attraverso percorsi storici diversi.
E agiscono in maniera diversa, nel bene e nel male.
I ghetti non li creiamo solamente; molto spesso si autoalimentano.
A partire dal Ghetto, emarginazione nostra della cultura ebraica, ma storicamente orgoglio di questa cultura di rimanere tale. Attenzione, non le degnerazioni dell'Età contemporanea, mi riferisco all'epoca medievale.
Analogamente, come più sopra qualcuno notava, non siamo noi, oggi, a imporre segni distintivi; sono "quelli ghettizzati" che curano di farsi distinguere, che tengono chiuse in casa le loro donne o le inviluppano al punto di far scomparire la loro individualità.
Anche volendo, se alla base c'è il rifiuto del nostro modo di essere, è difficile che si possa offrire "integrazione".
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