Citazione Originariamente Scritto da steph Visualizza Messaggio
Da PFISTER e LUTERBACHER,

Variazioni CLIMATICHE IN europa DOPO L'ALTO medioevo: NUOVI APPROCCI E RISULTATI



"quanto FU CALDO IL periodo caldo medievale (PCM)?

Il termine PCM designa un intervallo (dal 900 d.C. al 1300) di temperature elevate identificato per la prima volta nel nord Europa. Per questa ragione il progetto principale della Intemational Geosphere-Biosphere Program (IGBP), noto con il nome di PAGES (Past Global Changes) identifica il PCM come periodo focale per ricostruzioni dettagliate di parametri climatici, per mezzo di comparazioni con i valori attuali. Una migliore comprensione dei regimi del clima che fu in un periodo caldo, può essere veramente vitale se vogliamo distinguere tra variabilità naturale e risultato delle influenze antropogeniche sul sistema climatico. In questo senso, i cambiamenti regionali e stagionali durante il PCM forniscono uno scenario climatico per il XX secolo senza perturbazioni antropogeniche. La maggior parte delle ricostruzioni climatiche del PCM si basano su indicatori indiretti, come gli anelli di accrescimento degli alberi, antiche morene glaciali, ecc. che sono però relativi al periodo caldo dell'anno. Pochi sforzi sono stati fatti, invece, nella ricostruzione delle temperature invernali. Con Jürg Luterbacher abbiamo tentato una ricostruzione, su un arco di tempo di 550 anni, delle temperature invernali del Primo e Alto Medioevo nell'Europa centro-occidentale, a partire da dati documentari indiretti che si riferiscono a processi in atto nell'ambiente naturale connessi all'andamento delle temperature (ghiaccio, neve e attività delle piante). In seguito mi sono dedicato al periodo 1100/1300. Al fine di risparmiare tempo non starò in questa sede a spiegare come sono state prodotte le stime della temperatura, per le quali rimando al nostro lavoro (Pfister et al., 1998).

Innanzitutto si è potuto concludere che il PCM non è stato un periodo durante cui gli inverni erano omogeneamente caldi; piuttosto esso consiste in un'alternanza di periodi caldi e freddi come nella Piccola Età Glaciale (PEG). La lunghezza d'onda di queste fluttuazioni varia fra 20 e 40 anni, dato questo che si accorda con quello della circolazione termoalina sull'Oceano Atlantico Settentrionale (Stocker, 1995). Il clima invernale nel corso dei 240 anni tra 1090 e 1329 può essere diviso in tre periodi. Durante il primo, dal 1090 al 1179 le temperature medie invernali dell'aria, erano a livello dell'ultima fase della PEG (1700-1900). Nel secondo periodo (1180-1299) l'inverno medio era caldo come quello del periodo 1961-1990. Nella parte iniziale di questo periodo caldo (1180-1209) le temperature invernali erano perfino un po' più alte di quelle del periodo 1961-1990, ma sotto il livello degli anni '90. Nel periodo 1210-1299 esse erano vicine al periodo 1961-1990. Riassumendo: gli inverni dal 1180 al 1300 furono caldi come quelli del XX secolo. In questo senso, il clima invernale in questa fase del PCM era fondamentalmente diverso da quello della PEG. Il raro verificarsi di inverni rigidi nel periodo 1180-1300 sembra aver promosso la coltivazione di alberi subtropicali nella Valle del Po e perfino nella Valle del Rodano e in Germania, dove essi non sono più ricresciuti. Ciò è desumibile da varie evidenze. Il più autorevole testimone è St. Alberto Magno, noto come teologo, filosofo e naturalista. Nel trattato "De vegetalibus" descrive gli alberi noti nella Valle del Reno. Nella lista include melograni e fichi "che sono abbondanti a Colonia e in alcune parti della Valle del Reno vicino alla città. Gli alberi di fico fruttificavano tre volte l'anno, eccetto che negli autunni freddi. St. Alberto descrive anche la coltivazione dell'ulivo. Un cronista di Colonia riporta il congelamento di "viti, fichi e ulivi in Italia, Francia e Germania" per effetto dei forti ghiacci. Un altro cronista menziona un'estesa moria di fichi e ulivi attorno alla città di Parma nello stesso anno.

I modelli di temperatura invernale derivati dallo spostamento verso nord delle piante mediterranee si accordano, di conseguenza, con quelli derivati da evidenze documentarie., indicanti un regime climatico dove i freddi estremi erano meno frequenti e meno pronunciati. Attorno al 1300, si realizzò un improvviso passaggio da inverni caldi a inverni freddi. Dal 1300 al 1329 gli inverni furono di circa 1°C più freddi di quelli del periodo 1961-1990. Tale raffreddamento degli inverni, segna la transizione tra PCM e PEG nel centro Europa."






PFISTER, Christian; LUTERBACHER, Jürg; SCHWARZ-ZANETTI, Gabriela; WEGMANN, Milène: Winter air temperature variations in Central Europe during the Early and Highe Middle Ages (A.D. 750–1300). in: The Holocene 8/1: 547–564.


Avviso per chi non lo spaesse (ma credo ormai quasi nessuno):

Con le parole dello stesso Bonardi:

"le ricostruzioni di Christian Pfister sul PCM in area centroeuropea e alpina sono a oggi tra le più precise e attendibili. Derivano dalla maggior banca dati documentaria tematica (sia per il PCM sia per la PEG) esistente al mondo (la sua …)."

non capisco!
Inverni medievali con T° come le nostre, o meglio un pelo meno, e quindi? c'è stato il periodo caldo medievale? Cosa in netta contraddizione rispetto a Mann e Briffa inseriti nel multi grafico dell'ipcc quello che hai postato più volte.


sono arrivato fino a questo punto a leggere la discussione che mi sembra aperta e interessante, e vi ringrazio, adesso avrò poco tempo per rispondere, perchè sono rimasto sotto shock dalla lettura di un articolo sull'espresso di questa settimana, al quale va data una replica, spero da parte delle associaizoni, che adesso allerterò.

L'articolo si intitola:

"Una mucca salverà la terra"

già hanno sbagliato nel titolo, la mucca è una razza, si dice vacca, o bovino!

sottotitolo:

"La produzione di carne è responsabile delle carestie e del cambiamento climatico."

Cito:

" In verità la carne (ottenuta da bovini cresciuti a mangimi) che portiamo in tavola è la seconda causa per importanza di riscaldamento globale dopo il riscaldamento delle case".

"Il bestiame produce il 18% delle emissioni di gas serra, ovvero complessivamente più di tutti i trasporti. Il bestiame soprattutto i bovini è responsabile del 9% dell'anidride carbonica prodotta dalle attività umane, ed è responsabile altresì di una percentuale superiore di gas serra ancora più dannosi.........il 65% di NO2 e il 37% di CH4"

"E' giunta l'ora di porre un drastico limite e fissare una soglia per le emissioni di metano e protossido di azoto nel settore agricolo ...........approvare una tassa sui mangimi e sulle carni per incentivare una forte riduzione dei consumi"

Ma ditemi voi!

Il C emesso dalla zootecnica è lo stesso C assorbito dalle piante che nutrono gli animali, non c'è perturbazione aggiuntiva, non è C inerte come quello dei combustibili fossili, che è aggiuntivo nell'atmosfera, il C zoogenico è in ciclo!

Davvero ditemi voi! mi piacerebbe un vostro commento, purtroppo non c'è il link dovreste comprare la rivista.

"I divulgatori dei non-scettici"? eccoli qui, sono arrivati!

Il tono dell'articolo va oltre il catastrofismo siamo all'apocalittico zoogenico.